Il timido è affidabile, riflessivo, solido, anche nei suoi affetti. Il contrario del parolaio empatico. Lo storico inglese Moran: la timidezza, in tempi nei quali non ci si vergogna di nulla, è rivoluzionaria.
TIMIDEZZA
Ho un’istintiva simpatia per i timidi. Mi piacciono. In un mondo di insopportabili narcisisti, di persone sempre più sfrenate nel cercare spazio e visibilità, spesso il nulla, il timido mi rassicura. Lo sento come una persona affidabile, riflessiva, e non estemporanea e piegata alla legge della battuta presentista e delle parole in libertà, tipiche del parolaio empatico, come se vivessimo tutto il giorno al bar dello sport.
IMPORTANZA DELLA TIMIDEZZA
Con questa premessa mi ha fatto molto piacere leggere una lunga riflessione sui timidi scritto dallo storico inglese Joe Moran, docente della Liverpool University, editorialista del Guardian e autore di un saggio-elogio della timidezza, intitolato Shringking Violet. Una sintesi anglosassone di quella tendenza di un tipo di viola a ritirarsi tra le foglie, proprio come fanno i timidi.
ELOGIO DELLA TIMIDEZZA
Moran parte da un presupposto molto interessante che vorrei fosse ben condiviso da tutte le persone timide: la timidezza non significa introversione. Semmai, è un’autoconsapevolezza di esserci ed è anche la capacità di immaginare come gli altri ci potrebbero vedere. La timidezza, come viene rappresentata anche dalla sua icone fumettistica, Charlie Brown, è una forma di leggerezza che ci rende anche più umili, ma più forti; più misurati nell’approccio con gli altri ma anche più capaci di rapporti duraturi e stabili.
ASPETTI POSITIVI DELLA TIMIDEZZA
La timidezza, scrive Moran, in tempi spudorati, dove è facile non vergognarsi di nulla, anche nella violenza del linguaggio alla quale ormai ci siamo assuefatti, ha un valore sovversivo. Rivoluzionario. Un’energia che porta i timidi prima a conoscere meglio se stessi, e poi ad avvicinarsi agli altri con cautela, ma con un grande spirito critico e autocritico. Con quella sana modestia che l’uomo dovrebbe sempre conservare, e con un sano amore per il dubbio, altra linfa vitale di fronte alle stentoree certezze, spesso infondate, che ci circondano.
COME VINCERE LA TIMIDEZZA
In generale, abbinando la timidezza ai difetti, si è costruita una falsa narrazione attorno a questo stato emotivo. Pensando che l’obiettivo sia vincerla, a qualsiasi costo, anche con il rischio di assumere un’altra identità e snaturare la propria. Certo: se la timidezza porta a chiudersi in sé stessi, a fare fatica nelle relazioni con gli altri, ad avere ansia quando si parla in pubblico, è bene sforzarsi per vincerla. Ma se tra i “difetti” della timidezza, come vengono classificati, si comprendono anche atteggiamenti come parlare a bassa voce, oppure non gesticolare durante un discorso, allora forse la timidezza andrebbe coltivata e non eliminata.
TIMIDEZZA E ADATTAMENTO DELL’UOMO
Infine, non mancano le ricerche che collegano la timidezza all’evoluzione dell’uomo. L’americano Jerome Kagan, storico studioso della Psicologia dello sviluppo, ha catalogato la timidezza come un “effetto collaterale” di adattamento dell’uomo primitivo al freddo del Nord Europa. E quindi la timidezza come sinonimo di solidità. (nonsprecare)