Parte la campagna per il referendum sul taglio del numero dei parlamentari. Ecco le ragioni di chi è a favore e di chi è contrario
Manca poco più di un mese e mezzo al referendum costituzionale per il taglio dei parlamentari che si svolgerà il 20 ed il 21 settembre prossimi. In quelle date infatti, gli elettori saranno chiamati a pronunciarsi sulla riforma costituzionale, approvata dal Parlamento ad ottobre, che riduce il numero dei parlamentari. A differenza dei referendum abrogativi ai quali siamo solitamente abituati, il referendum costituzionale è di tipo confermativo: agli elettori infatti verrà chiesto se confermano o meno il testo della riforma.
Taglio dei parlamentari
Diciamo inoltre che – a differenza dell’abrogativo – questo referendum non prevede il raggiungimento del quorum: l’esito del voto sarà quindi valido anche se non sarà raggiunto il cinquanta per cento dei votanti. Ricordiamo inoltre che il testo approvato dal Parlamento prevede un taglio dei deputati e dei senatori pari al 36,5 per cento delle due Camere: i seggi alla Camera dei Deputati passerebbero dagli attuali 630 a 400, mentre al Senato i seggi passerebbero dagli attuali 315 a 200. Rimangono i senatori a vita.
Referendum, come si vota
Per il referendum ci sarà una sola scheda. Nella stessa tornata elettorale si voteranno anche le suppletive per li Senato, il rinnovo di 7 giunte regionali e di più di mille comuni. La campagna elettorale per il referendum costituzionale è appena cominciata.
Chi sostiene il sì
Si fronteggiano i vari comitati che sostengono le posizioni del Si alla riforma e quelli che invece sostengono il no. Le argomentazioni sono diverse e variegate. Chi sostiene il Si, afferma che la riforma costituzionale snellisce il processo legislativo, aumenta la funzionalità e la qualità del lavoro dei due rami del Parlamento ed adegua il numero dei deputati e dei senatori – considerato troppo alto in Italia – a quello dei parlamentari eletti in altri Paesi europei.
Chi sostiene il no
Chi sostiene le ragioni del no, afferma invece che la vera riforma da fare è quella della differenziazione delle funzioni di Camera e Senato oggi identiche in ragione del “bicameralismo perfetto” e paventano il ritorno ad un maggiore potere dei partiti attraverso leggi elettorali in senso proporzionale e liste bloccate. C’è anche chi contesta il fatto che la data dell’election day sia stata fissata nella seconda metà di settembre, e questo perché costringe comitati e forze politiche ad una campagna elettorale in pieno agosto. Non convince nemmeno la coincidenza della consultazione referendaria con le regionali. Comunque sia, mancano sei settimane alla consultazione referendaria: se vinceranno i sì, la riforma entrerà in vigore a partire dalla prossima legislatura. Se vinceranno i no, tutto rimarrà come adesso. (Serena Livoli – interris)