SAN NICANDRO, IL PROTETTORE DELLA CITTA’ DA UNA MONOGRAFIA DEL 1933

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Da una monografia pubblicata a cura del Comitato per la Festa e Fiera di S. Nicandro del giugno 1933 si parla così del protettore della città.

Il Comitato per i festeggiamenti di S. Nicandro era così formato:

Presidenti Onorari:

Ca. Giacomo De Martino, Commissario Prefettizio e Segretario del Fascio

M.R.D. Enrico De Martino, Arciprete

M.R. Mons. D. Aristide dott. D’Alessandro, Oratore sacro

Principessa D. Albina Ruffo di S. Elia

N.D. Maria Zaccagnino in Parlato

N.U. Cav. Uff. Alfonso Ing. Piccirella

N.U- Raffele Avv. Galante

N.U. Vincenzo Zaccagnino

Comitato esecutivo:

Giuseppe Pasqualone, Segretario Capo del Comune (Presidente)

Michele Petrone, Ufficiale Postale (Cassiere)

Nicola Prof. Fabiano, Ispettore Scolastico

Centurione Pietro Prof. Nardella, Capo Nucleo Ufficiali in congedo

Arcangelo Cavalli Fiduciario O.N.B.

Giovanni Pizzarelli, Pres. Sezione Combattenti

Giuseppe Di Leo, Presidente Sez, Mutilati

Saverio D’Amaro, Fiduciario Sind. Agricoltori

Mariano Colucci, Fiduciario Sind, Commercianti

Pasquale Centulio , C.M.M.V.S.N.

Giuseppe Caruso, Cadetto Com. Cent. Avang

  1. Vincenzo Pienabarca, Cappellano

Giuseppe dottor Camato

Giuseppe Pertosa

Giovanni Mascolo, Esattore comunale

Giulio Mascolo

Giuseppe Ritoli

Carlo Mascolo

Battista Torelli

Michele Mastrolorito

IL PROTETTORE EDELLA CITTA’

Il Summonte scrive: “Nella città di Venafri in Terra di Lavoro, fu il martirio delli Santi Nicandro e Marciano, come, nel Martirologio, a 17 di giugno, Pietro di Natale riferisce questi aver patito tra Antino e Venafri, e che il corpo di Nicandro fu condotto a Venafri e quello di Santo Marciano in Antino e che Santo la moglie di Nicandro avendo confortato il marito al martirio tre giorni dopo fu anche lei martirizzata”.

I protettori della città sono tre: S. Nicandro, S. Daria e S. Marciano. Essi sono anche i protettori di Venafro, in provincia di Campobasso. Naturalmente solenni cerimonie religiose si preparano per l’occasione in onore del Santo Patrono.

  1. Nicandro e S. Marciano subirono il martirio il 17 giugno dell’anno 303. I nostri protettori nacquero nell’ardente terra d’Africa, dalla quale proviene un altro uomo elevato per virtù della grazia divina e per altezza del genio ai fastigi più luminosi della santità: S. Agostino.

Nicandro e Marciano furono due valorosi capitani delle milizie romane, mentre la nostra Italia si dilaniava fra le oppressioni dei barbari: Goti, Alani, Sàrmati. CP imperatori Diocleziano e Massimiliano richiamarono i soldati dalle varie provincie soggette al Romano Impero per combattere i nemici. Furono perciò scelti i migliori soldati dell’Africa, fra cui naturalmente Nicandro e Marciano, i quali s’erano sempre distinti per coraggio ed atti valorosi. Essi appena chiamati partirono accompagnati dalle mogli e dai servi. Giunti in Terra di Lavoro abbracciarono la religione di Cristo e dopo essere stati ad Atina si recarono a Venafro dove si dettero, in compagnia di Daria, sposa di Nicandro, alla propaganda della religione cristiana.

Furono accusati all’imperatore Massimiliano come disertori della Milizia e ribelli al Romano Imperi, sovvertitori di popolo, disprezzatori di Dei. La ferma fede dimostrata negli interrogatori irritò maggiormente il Preside Massimo mandato dall’Imperatore allo scopo di persuaderli a ristornare al culto degli Dei falsi e bugiardi. Furono perciò imprigionati.

Non appena Daria seppe dal servo Passicrate la sorte del marito volle subito recarsi nelle carceri a “persuaderlo di non temere supplizi né morte per essere fedeli a Gesù Cristo, il quale avrebbe commutato le catene in corone, i supplizi in contenti e la morte temporale in una vita eterna, gloriosa ed immortale”.

Ebbero perciò recise le lingue come disprezzatori ingiuriosi del culto dei numi ed indi come dispettosi violatori degli editti di Cesare ebbero troncato dalla cervice le teste, prima Nicandro e Marciano e tre giorni dopo Daria.

Incliti Eroi e Martiri gloriosi di Gesù Cristo, Nicandro, Marciano e Daria, col tenero vostro ossequio benignatevi di raccogliere le fervide nostre preghiere. Voi supernamente illustratori, rifiutando i vari onori della Gentilità, lieti abbracciaste del Vangelo la Fede. Voi del Sommo Dio foste a disseminarla per queste nostre contrade; a sostenerla costantemente a prezzo dei più barbari e duri tormenti; e a confermarla con acerba morte e col sangue che spargeste in Venafro. Siano pure benedette le vostre intraprese e benedetti siano i vostri martòri.

Ma non la sola Venafro di tal patrocinio è munita: anche noi possiamo gloriarcene, specialmente di quello del gran Nicandro di cui non solo gli Avi nostri si ha procurata reliquia, ma spinti dalla più fervida divizione, del suo bel nome han voluto decorare la propria Patria, onde gloroso Martire elevare la mente le quante volte di essa menzione facessero”.