SAN NICANDRO: “DOVA U POP’L SPUTA, C’ FA NA FUNTANA”

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Continua una nuova serie di articoli che parlano sui modi di dire e degli aforismi locali per capire e analizzare la quo ed offrire una visione chiara, lucida e trasparente della condizione umana in cui ognuno di noi può legittimamente dedurre o trarre da ciascuno di essi le considerazioni che gli sembrano più ovvie in riferimento ai tempi, alle usanze, ai problemi, ai comportamenti e agli altalenanti rivolgimenti che la società sta attualmente vivendo. Gli articoli sono tratti dal libro “Voci di Capitanata” di Donato D’Amico.

Il detto di oggi è: “Dova u pop’l sputa, c’ fa na funtana””, cioè “Dove il popolo sputa si forma una fontana”.

In liea di principio, la partecipazione è necessaria non solo per affrontate e risolvere i tanti problemi della vita comunitaria, ma anche per risollevare la situazione e la sorte di colo che, per tanti versi, possono ritrovarsi all’improvviso on serie difficoltà. Ora, da un punto di vista pratico, che cosa richiedeva al popolo il nostro proverbio?

La fredda e calcolata partecipazione alla quale abbiamo già accennato o qualcosa di ben più sentito e profondo che non fosse dovuto soltanto alla legge del dovere? Pensando all’epoca in cui il proverbio venne ideato (siamo nella seconda metà del 1500) e ai motivi sociali ed etici che ne sollecitarono la elaborazione (di cui diremo più innanzi), noi pensiamo che ben altre prestazioni ci si aspettassero dalla partecipazione popolare.

Ecco, al popolo il proverbio richiedeva innanzitutto una continua presenza e solidarietà a livello pubblico e a livello provato. A livello pubblico, ricordiamo i contributi per il pascolo e per il rifacimento delle “strade glebe”, le £decime” per il mantenimento delle varie cappelli rionali, gli apporti per l’amministrazione della cosa pubblica, le quote di sostentamento dell’ospizio, ecc. Viceversa, a livello privato, ricordiamo la collaborazione per il taglio della legna, l’aiuto nei lavori campestri, l’assistenza agli infermi, le sovvenzioni per ragioni di studio, il “vestimento” per la sposa, ecc. E il tutto avveniva in modo partecipato e convinto, perché la considerazione sociale e lo spessore morale che informavano le idee e il comportamento dei nostri antenati erano evidentemente molto più solidi e responsabili di quanti non lo siano oggi.

Infatti, non possiamo negarlo, oggi viviamo un tempo in cui, un po’ per negligenza e indifferenza e un po’ per menefreghismo e cinismo, rischiamo di perdere l’ultimo residuo di quel mondo di valori e di idealità che pure, a suo tempo, sorresse in modo esemplare il comportamento dei nostri antenati la cui vita non era certamente invidiabile per benessere economico, sanità fisica, condizioni sociali.

Come avete potuto notare, di ben altra consistenza era la partecipazione del popolo alle necessità del paese e della gente. Ebbene, quando oggi si ripete antico aforisma, nulla è sostanzialmente cambiato rispetto a prima: esso viene pronunciato con la stessa convinzione di allora e come allora ci si aspetta sempre qualcosa in più dalla presenza e dall’azione dell’uomo. Diciamo che il proverbio è e vuole essere una forma di sollecitazione a sentire sempre più tangibilmente questo vincolo di solidarietà con il prossimo, a sentirsi moralmente unito e solidate con gli altri, a condividere cristianamente il dolore e le pene del fratello che ci vive accanto.

In altri termini, il proverbio, in modo chiaro ed esplicito, avverte che là dove il popolo interviene e partecipa “si forma la fontana”, ragione per cui la comunità galleggia. E galleggia e nuota sia nel benessere materiale, inteso ovviamente come possibilità economica, che in quello morale, ossia, come modello e stile di vita irreprensibili. Dunque, quando il “popolo offre” un vero e proprio stato di benessere materiale e di soddisfazione persuade la vita delle collettività. E francamente non ci pare che esistono disegni o finalità più nobili e generosi di quelli che, come il solidarismo cristiano e sociale, consentono all’uomo di intervenire per lenire sofferenze, prospettare traguardi, suggerire percorsi, alimentare speranze, rinvigorire volontà e sentimenti.