Altra originale manifestazione folkloristica, per il Gargano, è quella della festa del Carnevale che si svolge a San Nicandro. Nelle maschere predomina la classica coppia paesana del “pastore e della pacchiana”. La donna indossa una gonna in castorino nero, bordata da fasce trapunte in oro che, a seconda del numero (una, due, tre) indicano il ceto sociale di chi la indossa. Una banda dorata indica che la donna appartiene al ceto medio, due alla classe superiore e tre alla nobiltà. Sul davanti una ricca “vantera” in seta sgargiante; il corpetto, in velluto, è privo di maniche e sotto di esso appare una candida camicia di trina. Un fiammante fazzoletto in seta a vivaci colori in testa ed un altro, pure in seta, sulle spalle completano l’antico abbigliamento delle signore di San Nicandro. Il già ricco costume viene ancora arricchito dai gioielli di famiglia, tramandati di generazione in generazione. Collane, fermagli, goliere, orecchini, braccialetti d’oro splendono al tiepido sole e rendono più solenne la classica bellezza delle donne del luogo. Accanto ad esse l’uomo indossa il tradizionale costume in velluto marrone con i calzoni al ginocchio, calze bianche e gambali in velluto. Le maschere che fanno corteo alla classica coppia, rievocano nelle loro mascherature le antiche figure tanto care al popolo che ama lasciare le proprie preoccupazioni per godere in letizia ed in serenità questa festa antica che si svolge ancora secondo la tradizione del passato.
Fanno parte della tradizione popolare e del folklore anche i proverbi sannicandresi, che si ritrovano anche in altre parte d’Italia con lievi varianti ed in essi si scorge, abilmente celato sotto il sorriso, il consiglio e l’ammonimento. Un proverbio assai in voga qui è questo: “Na vota sola c’ mbenn Cola” cioè “una volta sola si impicca Cola”. Equivalente all’altro “una volta casca l’asino al fosso” e trae origine dalla leggenda di un certo Cola dissipatore e gaudente a cui il padre, morendo, fece credere di non lasciare niente. Disperato e in miseria, Cola decise di impiccarsi. Detto fatto: legò il cappio ad un trave e nel momento di passare la testa nel nodo scorsoio, la trave, per il peso, si ruppe e una pioggia di monete d’oro cadde sulla testa dell’aspirante suicida. Il padre, previdente, aveva nascosto qui il tesoro. Di nuovo ricco, Cola però aveva imparato la lezione ed agli amici che lo invitavano a scialacquare rispondeva: “Na vota sola c’ mbenn’ Cola”.
Se si fa uno sgarbo ad un ragazzino sannicandrese costui, aprendo la mano e facendo osservare il palmo, dirò: “Sott’ a sta mana n’g chiov” (sotto questa mano non ci piove). Il che significa che, alla prima occasione, egli reagirà adeguatamente allo sgarbo. Un altro significativo proverbio sannicandrese, e, in genere, di tutti i popoli del Gargano è quello: “Omm’n d’ vin, cent’ e nu carlin” (uomini di vino, cento un carlino. Il carlino era una moneta equivalente a 17 soldi) per ammonire che gli ubriachi non vengono tenuti in considerazione. E ancora “A Natal nu bell’ spid’ a Pasqua nu bell’ v’stit’” (A Natale un bello spiedo – cioè una tavola ricca – ed a Pasqua un bel vestito), vale a dire “ogni cosa a suo tempo. E Poi “Ogne lena tè lu fum’ soja” (ogni legna ha il suo fumo, come per dire che nessuno è privo di difetti. “Pacc’ e p’cc’ninn Dij l’aiuta” (Pazzi e piccini Dio li aiuta) è il proverbio che dimostra come Dio prediliga i bisognosi d’aiuto. Uno dei più saggi ed originali dei proverbi del luogo è questo “Cvadd’ d’ carrozza, bona giuv’ntù, mala v’cchiezza” (I cavalli di carrozza buona gioventù e cattiva vecchiezza). Ciò significa che il cattivo autogoverno di ognuno non deve provocare la triste sorte cui vanno incontro i cavalli che, amorosamente curati durante il vigore della gioventù, quando diventano vecchi ed inutili vengono mandati al macello; quindi l’ammonimento a provvedere bene al proprio futuro. Ai piedi della montagna, circondato dal verde, San Nicandro offre al visitatore l’inestimabile dono di una ospitalità arcaica e sincera, perchè innata da secoli nel cuore del popolo. E, insieme ad essa, il forestiero troverà amicizia disinteressata, quiete e tranquillità. Udrà al mattino cantare l’allodola e la notte l’usignolo che veglia sui merli dell’antico castello svevo,
Ma San Nicandro ha anche la sua bellissima spiaggia, è quella di Torre Maletta.l La località prende il nome da una bianca torre sul mare, ai piedi della montagna che, al tempo delle incursioni dalmate e turche, come tutte le torri del Gargano, funzionava da torre di avviso in caso di pericoli di invasioni provenienti dal mare. In questi ultimi tempi è sorto a Torre Maletta un interessante centro turistico balenare in constante sviluppo che durante la stagione estiva è assai frequentati dai bagnanti provenienti dai paese vicini Apricena, Lesina, Poggio Imperiale, San Severo oltre, naturalmente, i sannicandresi. Una nota di folklore è data dalle costruzioni a trullo, simili a quelle di Alberobello, famose in tutto il mondo, In loco funzionano egregiamente quattro ristoranti i cui cuochi sono degli autentici specialisti dei piatti tipici del luogo di mare ed in special modo della zuppa di pesce confezionata col freschissimo pesce pescato sul posto. Completano il centro turistico tre “night clubs” con ottimi complessi che allietano le lunghi notte della riviera garganica.
Anche San Nicandro, con i suoi dintorni si sta allineando al turismo moderno. Inoltre qui si può trovare della buona caccia; non lontano si pescano le anguille squisite, vi sono ottimi e genuini prodotti della pastorizia locale, quindi latticini, giuncate, uova di bufala, ricotta, ecc. L’olio è ottimo e puro, in vino sincero, la frutta abbondante e nulla manca per definire questo luogo un paradiso terrestre.
Fino a poco tempo fa questi luoghi erano conosciuti solo da pochi e raffinati viaggiatori; oggi il turismo di massa li sta svelando agli italiani e stranieri che conserveranno, per anni, vivo nella loro memoria il ricordo della bellezza intatta di questi luoghi paradisiaci e della umana ospitalità degli abitanti di uno dei luoghi più belli d’Italia. (Fine)
Luigi Scocco