SAN NICANDRO: “CHIACCHJ’R VO’ LA ZITA E PO’ C’ADDORM’”

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Continua una nuova serie di articoli che parlano sui modi di dire e degli aforismi locali per capire e analizzare la quo ed offrire una visione chiara, lucida e trasparente della condizione umana in cui ognuno di noi può legittimamente dedurre o trarre da ciascuno di essi le considerazioni che gli sembrano più ovvie in riferimento ai tempi, alle usanze, ai problemi, ai comportamenti e agli altalenanti rivolgimenti che la società sta attualmente vivendo. Gli articoli sono tratti dal libro “Voci di Capitanata” di Donato D’Amico.

Il detto di oggi è: “Chiacchj’r vò la zita e po’ c’addorm’” cioè “Chiacchiere vuole la sposa e poi si addormenta”.

E’ un proverbio sviante nel senso che ne risulterà sicuramente tradita la nostra prima impressione. Vogliamo dire che non troviamo affatto, come era pensabile attendersi, in presenza di espressioni affettuose, tali da creare il cosiddetto “clima sognante”, che poi permette agli innamorati di vivere intensamente agli innamorati di vivere intensamente la loro vita. No, non è così. Non è il “clima sognante” degli sposi l’oggetto del nostro proverbio, ma le parole sdolcinate con le quali è facile imbrogliare le persone e raggirarle ignobilmente, come si vuole. Si tratta, dunque, di un proverbio che rinvia ad un atteggiamento lezioso dell’uomo, il quale, grazie a certe blandizie, riesce sempre ad ottenere qualcosa, a farsi perdonare mancanze commesse, ad essere assolto per gli errori coniugali, ad ingraziarsi l’affetto della compagna fino a disporne l’animo per qualunque ambiguità.

Il gioco può diventare pericoloso perché, ad esempio, un fatto sono le lusinghiere parole che l’innamorato rivolge alla propria fidanzata per ammaliarla sempre più e tutt’altra cosa è l’arte ingannevole del piaggiatore, il cui scopo è quello di persuadere con l’inganno pur di raggiungere lo scopo perseguito. Ignobiltà che il nostro proverbio ricollega soprattutto alla condotta morale dell’uomo. In proposito noi diciamo che non c’è arte più ingannevole di quella esercitata con il fascino dell’inganno. E’ come tradire la fiducia in noi riposta dal parente, dall’amico del cuore, del vicino di casa. E’ peggio che accoltellare, perché da una palese azione di forza possiamo anche difenderci, ma dalla perfidia, no, perché essa ci colpisce all’improvviso, a tradimento, senz’alcuna possibilità di difesa.