Continua una nuova serie di articoli che parlano sui modi di dire e degli aforismi locali per capire e analizzare la quo ed offrire una visione chiara, lucida e trasparente della condizione umana in cui ognuno di noi può legittimamente dedurre o trarre da ciascuno di essi le considerazioni che gli sembrano più ovvie in riferimento ai tempi, alle usanze, ai problemi, ai comportamenti e agli altalenanti rivolgimenti che la società sta attualmente vivendo. Gli articoli sono tratti dal libro “Voci di Capitanata” di Donato D’Amico.
Il detto di oggi è: “Chi è cchiu scem, la vol‘pa o chi la pigghja?”, cioè “Chi è più stolto, la volpe o chi la prende?
L‘alea della incertezza aleggia sempre sulle azioni e sulle iniziative dell‘uomo, soprattutto quando questi cerchi di competere con una persona più astuta e maliziosa di lui, che poi gli fa fare la figura del grullo. Soprattutto oggi perché sappiamo benissimo che la vita è un cumulo di truffe e insidie di ogni genere, tramate persino da persone che noi reputavamo al di sopra di ogni sospetto. Ebbene, a capo di tutte queste azioni c‘è l‘astuzia e la malizia dell‘uomo “volpino”, cioè di colui che non trascura l‘occasione per carpire la buona fede del prossimo.
A questo riguardo, l‘analogia con la volpe proposta dal nostro proverbio è indovinatissima. La correlazione riguardante il concetto di “fessitudine” tra l‘uomo (sciocco) e la volpe (astuta) è stata posta dal proverbio per evidenziare che proporsi di acchiappare disinvoltamente la volpe, la quale si difende scappando e addentando, è altrettanto sciocco e sprovveduto quanto l‘iniziativa di un balordo che si propone di concorrere e competere con una persona capace, esperta, abile, scaltra è furba. È inutile precisare che i
Sempliciotto sarà sempre perdente in una competizione di per sè impari che vede di fronte due personalità agli antipodi: volitiva e autoritario, l‘una; fragile e impotente l‘altra.
Di più il valido indegnamente del proverbio il quale ammonisce l‘uomo di usare attentamente circostanze, condizioni d possibilità di riuscita prima di avventurarsi in iniziative di arduo adempimento. Questo perché situazioni del genere suscitano non solo una permanente sfida con sè stesso, ma s che forme di antagonismo e di rivalità. Dunque non la sfida è neppure la provocazione potranno mai essere i termini o i parametri di riferimento per un ordinato sviluppi della vita sociale e civile. Viceversa, noi crediamo che non debbano essere affatto estranei al nostro operato onestà di propositi, lealtà di rapporti e integrità morale.