SAN NICANDRO: “C’ TIRA LA CAUZETTA”

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Continua una nuova serie di articoli che parlano sui modi di dire e degli aforismi locali per capire e analizzare la quo ed offrire una visione chiara, lucida e trasparente della condizione umana in cui ognuno di noi può legittimamente dedurre o trarre da ciascuno di essi le considerazioni che gli sembrano più ovvie in riferimento ai tempi, alle usanze, ai problemi, ai comportamenti e agli altalenanti rivolgimenti che la società sta attualmente vivendo. Gli articoli sono tratti dal libro “Voci di Capitanata” di Donato D’Amico.

Il detto di oggi è: “C’ tira la cauzetta”, cioè “Si tira la calzetta”.

E’ nella nostra esperienza di tutti i giorni incontrare persone discrete, prudenti, riservate. Ma non sono mancate e non mancano neppure persone solerti e intraprendenti. Queste ultime, ricche di idee e di un innato dinamismo, si buttano a capofitto nella dinamica della vita e partecipano alle iniziative senza remora alcuna. Le altre, viceversa, sembrano piuttosto restie a mettersi in vista, ad offrire il loro contributo di idee e di pensieri. Sarebbe come costringerle a compiere azioni contrarie alla loro natura. Questo significa che non sempre l’uomo è disponibile all’invito di intervenire, partecipare, organizzare, assumersi responsabilità. Il più delle volte questo si verifica non tanto per mancanza di capacità, perché il solo fatto di essere stato prescelto ed invitato depone in favore delle sue attitudini; piuttosto, e sembra l’ipotesi più verosimile, il rifiuto viene giustificato da una congeniale forma di riservatezza che spinge l’interessato a non esporsi, come se si vergognasse di porsi in discussione e di confrontarsi con gli altri o, addirittura, come se temesse l’intervento della collettività.

Abbiamo sperimentato, però, che molto spesso l’insistenza e la perseveranza del richiedente finiscono quasi sempre per far prevalere il sentimento della partecipazione e della solidarietà, potremmo dire l’orgoglio dei propri meriti. In questo senso, noi diciamo che il nostro interlocutore, vuole “farsi tirare la calzetta”, cioè vuole che gli si rinnovi pervicacemente l’invito prima di accettare e porre a disposizione della comunità le sue capacità, la sua esperienza e la sua cultura. D’altronde è un atteggiamento più che giustificato perché in questo modo egli, oltre che compiacersi della insistenza del prossimo, si garantisce dell’assoluta buona fede dei richiedenti e dell’onestà dei propositi che ha promosso l’iniziativa nei suoi confronti. Tali forme e modalità d’intervento si sono verificate anche nel recente passato. E non tanto e non solo a livello di ricorrenti favori o prestazioni estemporanee ma anche occasione delle varie elezioni amministrative, le cui liste, per mancanza di candidati o presentatori, correvano il rischio di non essere presentate.

Sotto questo aspetto, la situazione sta diventando alquanto seria e preoccupante. Infatti, a livello politico amministrativo, pressioni e interventi d’ogni genere hanno finito per condizionare anche uomini integerrimi i quali, poi, pur di non soccombere socialmente e moralmente, hanno preferito rinunziare ad una loro eventuale candidatura, con quale danno per l’amministrazione e la democrazia è facile immaginare. Ora è in atto una pacifica rivoluzione (sarebbe meglio dire “bonifica”) a livello sociale e politico con la emarginazione dei “tangentati” e dei “tangentisti” (i cosiddetti “ras” della politica), che hanno sempre governato in modo dispotico, esercitando abusi e soprusi di ogni genere. Era ora. Speriamo che non finisca tutto in una bolla di sapone perché una loro eventuale reimpostazione (in Italia il voto fluttua facilmente) si ripercuoterebbe completamente a danno di tuti gli uomini onesti e, dunque, della stessa politica, la quale riornerebbe ad essere manovrata ad “usum Delphini”, ovvero per interesse di parte. Sarebbe come cadere dalla padella nella brace. Sorte peggiore non potrebbe attenderci! Auguriamoci che ciò non accada mai.