RIGNANO, LA “DONNA DI PAGLICCI” E’ LA TESTIMONIANZA UMANA PIU’ ARCAICA DEL TIPO EUROPEO

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Nonostante la sua importanza sul piano scientifico, Grotta Paglicci, noto sito paleolitico di fama mondiale viene costantemente ignorato dai mass-media e in particolare dai canali Tv nazionali. Non dimentichiamoci che la stessa ha sfornato finora oltre quarantamila reperti di ogni tipo (strumenti litici, scheletri umani, pitture, graffiti, resti florifaunistici, ecc.) riferiti alle tre fasi del Paleolitico (inferiore, medio e superiore) Lo si è constatato negli ultimi tempi con servizi ed articoli di chiaro stampo localistico. Al riguardo Michele Ciavarella, in qualità di delegato comunale al ramo e v.sindaco, ha dichiarato: “Sono esterrefatto per questa imperdonabile dimenticanza della Rai e anche un po’risentito, perché così facendo essa si dimostra parziale e poco scientifica, creando confusione e disorientamento soprattutto tra il grosso pubblico”. A scanso di equivoci e allo scopo di valorizzazione complessiva dell’intero territorio pugliese e del suo patrimonio archeologico, pubblichiamo volentieri un passo del v. Paglicci Rignano Garganico, pp. 106 – 107 di Arturo Palma di Cesnola, con Prefazione ed Appendice di chi scrive, Regione Puglia, 2002, riguardante la “ricostruzione fisiognomica a partire dal cranio osseo della Donna di Paglicci”, firmato da Francesco Mallegni, ex Dipartimento di Archeologia dell’Università di Pisa. <<Attualmente è possibile ricostruire la fisionomia di un uomo del passato con la metodologia americana della Medicina legale (Prag and Neave, 1997), utilizzando il suo cranio. Per la cosiddetta ”Donna di Paglicci” si è partiti dal calco del cranio per non danneggiare con i vari passaggi di ricostruzione l’architettura ossea originale.

Un’osservazione minuta degli attacchi dei muscoli sulla mandibola sui margini inferiori delle orbite e sui molari ci ha edotti sulla importanza del loro sviluppo, sulla loro ergonomia ed in definitiva sul loro utilizzo durante la vita dell’individuo; tutto ciò permette di stabilire con certo margine di certezza quanto l’architettura facciale ne abbia risentito. La valutazione dello sviluppo muscolare di un soggetto è molto complesso e a volte può risultare soggettiva se l’osservatore non ha esperienza in questo tipo di ricerca, tanto più se si tratta di un soggetto femminile, per il quale, come è noto, la massa muscolare è inferiore a quella che di solito si incontra nei maschi. Solo una provata dimestichezza con il problema è una pluriennale esperienza possono in qualche maniera aiutare la valutazione. Sono stati impiantati i fasci muscolari sul calco considerando lo sviluppo degli stessi, soprattutto quello dei masseteri e dei temporali.

Una serie di tasselli di diverso spessore (circa 23), a seconda del punto facciale considerato, sono stati poi incollati al calco del cranio facciale dell’individuo, seguendo le indicazioni della metodologia più sopra ricordata. Non sapendo quanto l’individuo avesse potente, o non, il pannicolo adiposo, in mancanza di indicazioni sicure (eventuali racconti, disegni, ritratti, ecc.), si preferisce sempre di utilizzare gli spessori che definiscono normale (non adiposa, non emaciata) l’aspetto del soggetto; lo spessore delle parti molli varia anche a seconda dello sviluppo muscolare precedentemente definito. Si sono uniti i vari tasselli con striscioline di plastica il cui spessore è crescente o decrescente, a seconda del tassello che si deve prendere in considerazione; si sono riempiti con lo stesso materiale i triangoli vuoti che si sono venuti a formare tra le varie strisce di plastilina. Ne è risultato il modello quasi finale su cui sono stati definiti i globi oculari (la cui grandezza dipende dall’ampiezza delle avità orbitarie), il naso (l’inclinazione della base delle coane nasali e lo sviluppo del ponte nasale definiscono la sua forma) e le labbra (la cui rima va dallo spazio premolare – canino di un lato al contro laterale), l’età alla morte del soggetto (deceduto a circa 18 anni) ha consigliato di rendere il turgore delle sue carni proprie della giovinezza.

La struttura cranica e facciale ossea della “Donna di Paglicci” ha permesso di constatare come il soggetto si avvicini ad un’etnia che richiama l’europoide, ma potrebbe richiamare altre di tipi piuttosto arcaici, da la prominenza dei molari e la sua faccia relativamente sviluppata in altezza: le sue fattezze richiamano quelle della tipologia cromagnoniana specialmente nel profilo della regione nasale e, fatte le dovute differenze dovute al sesso, quelle incise su di un ciottolo rinvenuto nella sepoltura paleolitica di Vado all’Arancio presso Massa Marittima (Grosseto) che riproduce il profilo di uomo barbuto*. Colpisce l’affinità di questo volto con quello delle donne europee attuali di etnia nordica. Se non si dovessero invocare fenomeni di convergenza tra le due fisonomie (della donna di Paglicci e delle giovani europee) si potrebbe ipotizzare una certa continuità tra i cromagnoniani e le attuali popolazioni del nostro continente, si tratta di una ipotesi piuttosto arrischiata, dati i ben noti rimescolamenti di popolazione, i cambiamenti, gli arrivi di gruppi sempre più nuovi, i “drifts” genetici e altri fenomeni che hanno caratterizzato la storia umana dell’Europa; basta pensare alle ben note etnie slave, mediterraneo, di tipo germanico, di tipo baltico, ecc. che si sono andate costituendo alle diverse latitudini durante il corso del tempo, dopo l’arrivo dei sapiens su questi territori.

L’esame del DNA, ricavato dalla dentina della sua camera bulbare della “Donna di Paglicci”, effettuato dal Dottor Davide Caramelli, del Laboratorio di genetica del Dipartimento di Biologia dell’Ateneo fiorentino, ha messo in evidenza, in maniera chiara ed incontestabile, l’aplogruppo H; questo è ancora molto ricorrente negli europei attuali; ciò starebbe ad indicare, prescindendo dalle coincidenze fisiognomiche, che “lo zoccolo duro” della nostra etnia ha quanto meno le sue radici nella profonda Preistoria europea. Francesco Mallegni– Dipartimento di Antropologia dell’Università di Pisa. Bibliografia: Prag J.and Neave R., 1997, Making faces using forensic and archeological evidence. British Museum Press>>.

N.B. *n.r.d. dell’Uomo di Altamura ancora non si sapeva.

Antonio Del Vecchio

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