Nell’ordine del giorno firmato dal generale Armando Diaz il 18 novembre 1917 si legge: “I giovani soldati della classe 1899 hanno avuto il battesimo del fuoco. Il loro contegno è stato magnifico”. E aggiungeva, immortalandoli per sempre: “Li ho visti i ragazzi del ’99. Andavano in prima linea cantando. Li ho visti tornare in esigua schiera. Cantavano ancora”.”
Era una generazione poco più che adolescente passata alla Storia come “I ragazzi del ‘99” essendo nati nell’ultimo anno del 1800. Fu l’ultima leva di migliaia di italiani che vennero chiamati, per effetto del Decreto Luogotenenziale n. 112, alla resistenza sul fiume Piave. In tutto 265mila giovani di diciott’anni che, si scriverà dopo, seppero morire prima ancora di aver imparato a vivere. Ma quei ragazzi con il loro sacrificio, la loro vita, contribuirono alla vittoria dell’Italia il 4 novembre 1918. Decine di migliaia di loro non sono più tornati dal fronte del Nord-est. Purtroppo un dato certo non esiste in un conflitto che per l’Italia ha significato seicentomila morti e quasi un milione di feriti, di cui la metà mutilati.
Ragazzi abili, arruolati ed istruiti velocemente perché bisognava rinforzare l’ultima linea prima che fosse troppo tardi. Nell’ottobre 1917 le truppe austro-tedesche avevano sfondato la linea del fronte a Caporetto. La terza armata e l’intero fronte italiano erano stati sbaragliati ed avevano dovuto ripiegare, indietreggiando attraverso il Friuli giù fino al fiume Piave, dove si assestò la nuova linea del fronte.
I Ragazzi del ’99 ebbero il battesimo del fuoco nel novembre 1917 e furono protagonisti di tre battaglie vinte che capovolsero le sorti del conflitto. Le soprannominate “battaglia d’arresto” a cavallo fra il Trentino e il Veneto il 10 novembre 1917. Quella del “solstizio” a metà giugno del 1918. E la “battaglia di Vittorio Veneto” fra il 24 ottobre e il 3 novembre 1918.
Ma c’è chi dice, proprio come si conviene a una leggenda, che forse non furono loro gli ultimi. Il ricordo di questi giovanissimi combattenti sopravvive nella memoria popolare anche grazie alle numerose vie o piazze a loro dedicate in molte città italiane. (lefotechehannosegnatoun’epoca)
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