A Torre Mileto, sulla costa tra Rodi Garganico e Cagnano Varano, una donna che afferma di avere le stimmate e di “essere la sorella della Madonna” è la leader di uno dei più recenti culti extra-liturgici pugliesi. Presso “l’erigendo Santuario della Madonna d’Altomare” di Torre Mileto ritroviamo molte caratteristiche che confermano la lettura finora condotta sulle locali forme di collettiva percezione del sacro ed è pertanto opportuno soffermarci sulla descrizione di questo culto, premettendo però che molte delle notizie raccolte sono lacunose, a causa della forte diffidenza degli organizzatori del culto nei confronti di persone che si avvicinano ad esso dall’esterno, senza quei requisiti di “fede sincera” che sono, secondo loro, l’unica garanzia per la comprensione di fatti eccezionali come quelli di Torre Mileto Mamma Lucia è una donna di circa 55 anni, originaria di Sannicandro Garganico, era emigrata da molti anni al nord e viveva con la sua famiglia (marito netturbino e quattro figli) a Sesto San Giovanni; lavorava in una sartoria, era molto legata alle devozioni tradizionali e si prodigava in opere di beneficenza. Aveva così molte amiche che la aiutavano in queste sue attività assistenziali. Un giorno, l’11 marzo 1970, sei di queste sue amiche stavano aspettando nella cucina della sua abitazione il ritorno della donna, quando all’improvviso in una gran luce videro la Madonna d’Altomare (questa Madonna è molto venerata in Puglia ed il suo Santuario si trova ad Andria, in provincia di Bari) che parlò loro per 28 minuti: “dalle ore 10,20 alle 10,48”.
In un forte odore di incenso, dopo aver recitato il rosario, la Madonna le esortò ad ubbidire a tutti i voleri “della sua sorella Lucia”; soltanto in questo modo esse avrebbero potuto salvarsi dal “mondo pieno di peccato” e salvare quella parte dell’umanità che avrebbe scelto di ravvedersi; erano infatti imminenti delle catastrofi che avrebbero sconvolto la terra intera: terremoti in Pakistan, Turchia, ecc. e servire la Madonna significava costruire nel Sud, vicino al paese natio di Lucia, una nuova “Terra Santa”, un Santuario in cui meglio che altrove la potenza redentrice della Madonna si sarebbe manifestata e proprio nell’opera di mamma Lucia e delle sue devote seguaci. Sempre circondata da quella gran luce la Madonna scomparve, lasciando sconvolte e spaventate le sei donne; arrivata mamma Lucia e messa al corrente dell’avvenimento, fu costretta a confessare che già da tempo anch’ella aveva visioni della Madonna. Queste apparizioni rientravano in un più vasto disegno del volere divino: Lucia si macerava nelle carni, che sono tutte piagate, faceva segrete penitenze e già da molto, insomma, serviva la Madonna.
Tre anni dopo questa visione, Lucia e le sue amiche si trasferirono, alcune temporaneamente, altre più stabilmente a Torre Mileto per porre le basi del Santuario. Nel racconto della “fondazione” di questo culto ritroviamo alcuni stereotipi, ricorrenti abitualmente in diversi altri culti extra-liturgici presenti in Puglia. La visione rivelatrice; i messaggi catastrofici in cui il mondo malvagio è contrapposto “ai pochi eletti”; le penitenze del leader prescelto quale servitore particolare della divinità; la richiesta di costruzione di qualcosa che concretamente manifesti la potenza del divino: tutti questi elementi creano le basi di differenti forme di agiografia popolare, connesse tra di loro e perfettamente in simbiosi con le pratiche del cattolicesimo ufficiale. Questi fenomeni extra-liturgici sono presenti in tutto il Sud – soltanto tra Gargano e Capitanata esistono circa dieci casi, più o meno noti ed estesi, simili a questo, ma zone ugualmente significative sono la Campania e la Calabria con una forte compattezza, sia per quanto riguarda la partecipazione che per la autonoma creatività che caratterizza ciascuno di questi culti, i cui aspetti più rilevanti sono: – commistione tra magismo e devozionalismo tradizionale e quindi saldatura tra cultura tradizionale e bagaglio dottrinale cattolico (a cui si è precedentemente accennato); – entro questa saldatura proliferano messaggi configurati secondo gli obiettivi ideologizzanti della Chiesa ufficiale; – l’atteggiamento di questa è fortemente ambiguo, perchè alla iniziale polemica con questi “operatori sacri” e con i loro seguaci, segue la progressiva accettazione.
La osservazione partecipante compiuta presso l’erigendo Santuario di Torre Mileto conferma tutto ciò. Ogni mattina tre o quattro pullman, pieni di devoti provenienti dalle più povere zone del Meridione – Campania, Calabria, Molise, – zone interne della Puglia; ogni viaggio, andata e ritorno, costa dalle 5000 alle 7000 lire a persona – si fermano sulla spiaggia antistante la “zona sacra”; per questi uomini e donne vestiti poveramente, segnati da quella “cultura della miseria” delineata da A. Rossi ne “Le feste dei poveri” (molti di loro portano con sé i figli; l’età media complessiva è intorno ai 40 anni, con forte prevalenza della partecipazione femminile su quella maschile) inizia la lunga attesa, che culminerà nella comparsa di mamma Lucia. Durante l’attesa, in gruppi, i devoti cantano canti di lode in onore di mamma Lucia, il cui motivo musicale ricorre anche nei canti di lode di altri leaders extra-liturgici (è molto sfruttato il motivo di John Brown) oppure canti in onore della Vergine (p.es. “Mira il tuo popolo”) o ancora canti religiosi su musiche, di canzonette popolari. Nel frattempo, le collaboratrici di mamma Lucia, tutte intorno ai 50 anni, vestite tutte alla stessa maniera, cioè come suore laiche (vestito nero, grembiale e foulard blu) organizzano l’attesa dei devoti, preparando del cibo che sarà poi diviso tra tutti i presenti oppure raccontando in piccoli gruppi ai devoti venuti per la prima volta il modo in cui la Madonna manifestò il suo volere. L’attesa, un altro elemento sempre ricorrente, è sfibrante, ma viene premiato dalla apparizione di mamma Lucia; alta, imponente, con le mani tutte avvolte in garza bianca (per nascondere le stimmate), costei viene accolta da forti battimani e da grida di saluto: “Mamma, mamma!”. Lucia saluta tutti da lontano, poi inizia a distribuire il cibo: tè e biscotti, oppure minestra calda, dopo aver imposto la precedenza agli uomini delle comitive; il cibo è da lei benedetto con gesti che ripetono la sacralità propria di tutti gli operatori del sacro (dai maghi ai sacerdoti); dopo che tutti hanno consumato il cibo, Lucia si copre di un mantello nero e va presso l’altare della Madonna, posto all’ingresso dell’erigendo Santuario, che è composto di due-tre modesti prefabbricati circondati da un recinto; lì ella predica, dopo aver detto l’Ave Maria e il Padre Nostro. La sua predicazione è molto povera di contenuti: generiche esortazioni al bene operare, alla preghiera soprattutto per i malati, i soldati, gli emigrati, ecc.
Alla fine di questa predicazione, Lucia si chiude in un piccolo vano, del tipo di una cabina balneare, e riceve privatamente e singolarmente i 172 devoti le cui richieste sono: guarigione da malattie, consultazione per guai familiari, semplice saluto con benedizione di mamma Lucia e acquisto dell’olio benedetto e figurine sacre o souvenirs con l’immagine di Lucia; mentre questa riceve i devoti, continuano canti di lode. Inoltre, ogni 11 del mese ha luogo una particolare manifestazione di culto in cui viene ricordata, da una predica di mamma Lucia, la apparizione miracolosa del 1970. Questo culto è ormai conosciuto in tutti i paesi del Gargano e gran parte dei fruitori del devozionalismo ufficiale si recano da mamma Lucia o hanno intenzione di recarvisi; alcune donne anziane, nelle interviste fatte al riguardo, ricollegano l’attività di mamma Lucia a quella di Marietta di Ortanova (Foggia), la più antica devota-veggente pugliese, morta nel febbraio 1977, che nell’esercizio dei suoi “doni” (la preveggenza e la guarigione) si riferiva appunto alla Madonna d’Altomare a cui, con le offerte dei fedeli, era riuscita a dedicare una Chiesa, successivamente divenuta parrocchia. Infatti dopo molti anni di attriti, le autorità ecclesiastiche locali avevano accettato Marietta, con notevoli vantaggi sul piano pastorale ed economico. Indirettamente quindi la base popolare crea la successione, quando questa non è, come in altri casi da me studiati, denunziata esplicitamente.
Naturalmente i gestori del culto, la cui organizzazione è strutturata gerarchicamente tendono ad escludere ogni rapporto con precedenti casi di visionarismo e sottolineano la straordinaria bravura di mamma Lucia nel compiere miracoli di guarigione. Per concludere, ci interessa sottolineare alcune cose: – anzitutto, la vitalità di questi circuiti di pellegrinaggi e in genere di queste forme di agiografia popolare, che, come ho già detto, rappresentano uno degli aspetti rilevanti della religiosità delle classi subalterne meridionali; – la specificità culturale del visionarismo collegata a queste zone; non si dimentichi che mamma Lucia è nata a Sannicandro, che la sua infanzia e giovinezza è stata impregnata di un’atmosfera magico-moralistica; che, infine, l’emigrazione al nord non ha significato rottura con la cultura di appartenenza, ma anzi lo stato di emarginazione di mamma Lucia e delle sue amiche, non tutte meridionali, ma tutte donne, ne ha vivificato alcune espressioni, il cui culmine è stato raggiunto nella visione collettiva del 1970, che ha sancito l’inizio dell’esercizio del culto; – l’ostinato riferimento al modello religioso egemone – organizzazione gerarchica della comunità di mamma Lucia, strutturata giuridicamente in 173 Ente morale, “Opera mamma Lucia-Delegazione di Foggia, telefono 41722”; assetto del Santuario; gesti e comportamenti delle collaboratrici, ecc. – ha in sé la forte carica di ambiguità presente in tanti aspetti della cultura folklorica. La cultura dominante è sempre presente ed affiora nei messaggi delle prediche e dei canti di mamma Lucia, ma ad essa ci si oppone nella costante creazione di spazi di autonoma gestione del sacro. Il clero locale contrasta decisamente le attività di mamma Lucia e tre anni fa a Sannicandro vi è stata da parte dei devoti della donna una esplicita contestazione nei confronti del vescovo che aveva osteggiato l’ingresso in Chiesa di questa e della sua gente. Ma, nonostante tutto, il culto sussiste e probabilmente conoscerà anche un incremento numerico; – questo “erigendo Santuario”, situato tra due camping, recentemente creati a Torre Mileto, piccolo centro balneare in espansione turistica, è forse l’immagine più emblematica della situazione socio-culturale del Gargano. A prima vista, infatti, sembra che la transizione dal vecchio al nuovo non avvenga se non entro queste realtà socio-religiose pericolosamente ambigue, in quanto ancora una volta i simboli e i gesti in esse ritornanti sono carichi di una funzione destorificante per i creatori ed i destinatari del loro messaggio. C’è da chiedersi a questo punto in quale misura nel Gargano la religione ufficiale tenga conto di questa percezione religiosa collettiva, impregnata di valori e comportamenti di tipo magico-miracolistico, elemento di fondo della religiosità espressa dalle classi subalternetazione della loro attività.
Mirian Castiglione