Il magico sussiste ancora ed è presente con caratteri che testimoniano il passaggio tra vecchio e nuovo nella figura del più antico veggente pugliese: Michele ‘nda la Terra, ottantenne, cieco, di Sannicandro Garganico. Ormai rivestito di un alone di leggenda e di mistero, l’esercizio di Michele si ricollega alle forme di divinazione presenti in questa zona da tempo immemorabile. È infatti il desiderio di conoscere il futuro, di “sapere qualche cosa” la causa principale che spinge i clienti di Michele a fare lunghe, interminabili attese nella sporca anticamera della sua abitazione nella Terra Vecchia, il più povero quartiere di Sannicandro. Ma Michele è anche bravo nella cura dei reumatismi e riesce a fare e a sciogliere fatture d’amore. La composizione sociale dei clienti di Michele e il rapporto di credibilità esistente tra lui ed i suoi compaesani danno la misura del mutamento che si sta verificando anche in questo aspetto arcaico-magico della cultura locale. I clienti di Michele provengono da diverse zone pugliesi, in prevalenza dal nord dalla Puglia (Subappennino dauno, Foggia e paesi del Tavoliere), dal Molise, dalla Campania e da diversi centri di emigrazione (prevalgono Torino e Milano). Giungono tutti in macchina, molto spesso sono interi gruppi familiari: molti di loro sono costretti a pernottare a Sannicandro, perchè la propensione di Michele a “vedere” è collegata alle condizioni climatiche; se c’è molto vento o se fa freddo Michele non vede e quindi le sue consultazioni, il cui prezzo è molto basso e varia dalle due alle tremila lire, sono rimandate fino a che il tempo non migliora.
Come in molti altri casi di fruizione e di consumo del magico, la prevalenza della partecipazione femminile su quella maschile è netta; prevale anche, rispetto alla matrice contadina, la partecipazione di fasce di ceto terziario e di piccola borghesia impiegatizia. Le letture delle clienti che attendono di essere ricevute da Michele vertono su fotoromanzi, Cronaca Vera, Novella 2000, le cui notizie più recenti e clamorose vengono discusse e commentate collettivamente. Da alcune interviste ho potuto rilevare come la ideologia della malattia sia in queste donne permeata di fatalismo e di rassegnazione; le strutture sanitarie sono viste come entità vagamente equivoche e pericolose. Alcune mie sollecitazioni sulla medicina preventiva e sulla possibilità di una diversa gestione sanitaria sono state accolte addirittura con la irrisione, se non col sospetto.
Non diversa è la concezione dell’amore, del matrimonio, del rapporto uomo-donna: al fatalismo di fondo si abbina la volontà ostinata del pieno possesso e dominio sul partner. Questa volontà è comprensibile se pensiamo alla essenzialità economica del matrimonio per donne completamente escluse dal mercato del lavoro. La reclusione della donna tra le mure domestiche porta alla assolutizzazione del privato, le cui vicende sono cariche di drammaticità appunto per la importanza che certi valori vengono ad assumere: la appartenenza ad un uomo, la procreazione, la enfatizzazione del proprio ruolo. Tutto ciò è presente nelle clienti di Michele, in quanto figure sociali totalmente emarginate. Le uniche forme di lavoro dipendente per le donne provenienti dalle suddette zone risiedono nel lavoro a domicilio (maglieria, ricamo), nell’artigianato in proprio (sartoria, parrucchiere) o nella conduzione in proprio di piccoli commerci (mercerie, alimentari, ecc.); nel Gargano il lavoro a domicilio è pressoché inesistente, tranne che a Sannicandro, dove esistono forme di lavoro su fiori secchi e fiori di carta e sulla costa, dove sono frequenti conduzioni turistiche a gestione familiare. Tra tutte le interviste, la più traumatica è quella rivolta ad una donna di 49 anni, venditrice di oggetti sacri presso il Santuario dell’Incoronata (FG): costei si era recata da Michele con l’ex-fidanzato della figlia diciassettenne (la prima di sei figli) per far eseguire a Michele una fattura sulla fotografia di questa al fine di far rappacificare i due. La figlia, già violentata da questo, fruttivendolo ambulante, trentenne, rifiutava di sposarlo, essendo innamorata di un altro. Dal discorso con i due emergeva la pacifica naturalezza di pratiche come quella che si accingevano a fare e la logica interna ad esse: il possesso della volontà altrui si può conseguire soltanto con il ricorso al magico. Motivi come la rispettabilità o l’onore da conquistare per riparare alla “fuga” erano del tutto secondari: su di essi prevaleva la necessità economica del matrimonio. Per quella ragazza il contesto sociale di appartenenza non concepiva altra possibilità di realizzazione e di riscatto dalla sua subalternità. Le richieste emergenti-la salute, la “sistemazione matrimoniale”, la predizione del futuro-appartengono ad un ben definito orizzonte culturale: i clienti di Michele sono partecipi, anche se soltanto in modo ricettivo, della cultura dei mass-media, ma questa non incide minimamente sulla trasformazione culturale dei valori di fondo, proprio perchè inalterate rimangono le contraddizioni sociali da cui il consumo del sacro scaturisce come prima ed unica possibilità di intervento sul piano del reale.
Quindi i messaggi prevalenti nella cultura di massa – basti pensare alla ideologia dell’amore emergente da certa stampa femminile – non fanno che rafforzare in una ibrida commistione di vecchio e di nuovo una visione del mondo e della vita chiaramente regressiva. Il mutamento della cultura locale nei confronti dell’esercizio magico di Michele è visibile, oltre che nella suddetta partecipazione sociale, anche nel rapporto intercorrente tra questi ed suoi compaesani, i quali si recano da lui soltanto a tarda ora (dalle 21 in poi); dalle interviste fatte ho potuto verificare come nel paese si preferisca non parlare troppo di Michele e delle sue straordinarie capacità. Queste reticenze sono dovute al peso che qui ha ancora il controllo sociale, per cui si preferisce parlare il meno possibile dei guai che ha causato la consultazione da Michele, perché di qualunque tipo questi siano sono sempre considerati come demerito per tutta la famiglia; inoltre si vuole fare silenzio su qualcosa che, pur essendo radicato nella cultura locale, è percepito non essere in sintonia con il passaggio, sia pure contraddittorio, ad una cultura diversa da quella di origine. L’alone di mistero che circonda la figura di Michele risale in gran parte alla inspiegabilità della sua bravura, che è tanto grande da annullare la sua menomazione fisica, la cecità; e questa straordinarietà è causata da eventi prodigiosi che lo avrebbero reso capace da giovane di salire sulle finestre e di leggere, lui cieco, le stelle (testimonianza raccolta a Torre Mileto). Il legame con l’astrologia attesta l’esistenza di un filone culturale “colto”, presente nella cultura contadina di questa zona; purtroppo a causa della intrattabilità di Michele, che mi ha accolto molto male, non ho potuto accertare l’esattezza di questa mia tesi.
Mirian Castiglione