Descrizione sintetica del prodotto
Il polpo (Octopus vulgaris) viene consumato crudo come antipasto o aperitivo. È una delle pietanze che costituisce il cosiddetto “crudo di mare”. A Bari il crudo di mare viene definito la “colazione dei pescatori” e si compone di allievi, polpi, ostriche, noci, cozze nere, cozze pelose, ricci e tagliatelle di mare: tutto rigorosamente crudo. I polpi da mangiare crudi sono quelli di scoglio, pescati dalle barchette. Vengono arricciati con una tecnica unica al mondo che si perpetua da secoli.
Processo produttivo
Per mangiare il polpo (arricciato) occorrono polpi piccoli, di pochi etti, e soprattutto di scoglio (pulpe de pète) agevolmente pescabili nel periodo estivo, quando i giovani esemplari si mantengono nelle acque basse e ricche di scogli in cui si rintanano.
L’arricciatura del polpo, chiamata anche “cottura meccanica” o “cottura a freddo” prevede diverse fasi: asportazione della tasca del nero e della membrana tentacolare superiore; battitura del polpo, con una paletta di legno, su una lastra di pietra; sbattitura violenta del polpo sulla lastra o su uno scoglio (operazione ripetuta più volte); il polpo viene poi leggermente “strisciato” per il sacco sullo scoglio, con un movimento di andirivieni, per una quindicina di minuti, infine viene adagiato in un cestello piatto e fatto oscillare in un’altalena che va da un bordo all’altro del cestello. I cirri o tentacoli, dapprima flaccidi e snervati, si contorcono e assumono la forma di buccoli. L’operazione completa dura circa due ore.
Storia e tradizione
In base a quanto riportato da Sada nel libro “La cucina della Terra di Bari. Storie e ricette” (1991) l’arricciatura del polpo «È un rito che si compie chissà da quando; un’attestazione sicura è quella che ci dà Ateneo: “Plecté poliùpodos piléses”, tentacoli di polipo sbattuto. Più tardi le Decretazioni decurionali di Bari del 24 ottobre 1513 ci parlano, tra il “pulpo de camascia, secce seccate e altre sorte” di “pesce di Bari”, del pulpo rizzuto». Lo stesso autore riporta queste testimonianze nel libro “La cucina pugliese in oltre 400 ricette” (1994).
La descrizione dell’arricciatura e delle modalità di degustazione dei “polpitelli arricciati” viene riportata nel libro “La checine de nononne” (Panza, 1982)