PIU’ LICENZIAMENTI COL REDDITO DI CITTADINANZA?

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Indennità di disoccupazione e licenziamenti. L’indennità di disoccupazione è un ammortizzatore sociale per il sostegno al reddito in caso di perdita del lavoro. La letteratura scientifica ha ampiamente dimostrato che lo strumento può disincentivare la ricerca di lavoro. Gli effetti occupazionali potrebbero però estendersi anche alle relazioni lavorative esistenti e causarne l’interruzione. Alcuni lavoratori potrebbero infatti spingere l’impresa a licenziarli una volta raggiunti i requisiti per l’indennità di disoccupazione, per avere un periodo senza lavoro comunque remunerato. Le imprese, poi, potrebbero sfruttare l’indennità di disoccupazione per aggiustare più liberamente la loro forza lavoro, dal momento che licenziare lavoratori non coperti da ammortizzatori sociali potrebbe aumentare la probabilità di contenziosi, causare posizioni ostili del giudice del lavoro, e più in generale, danneggiare la reputazione dell’azienda.

In un lavoro recente (Andrea Albanese, Corinna Ghirelli e Matteo Picchio, 2019) abbiamo usato un campione di storie lavorative, tratto dagli archivi Inps, contenente circa 400 mila rapporti lavorativi iniziati tra il 2005 e il 2012. Tramite analisi statistiche abbiamo stimato il cambiamento della probabilità di licenziamento del lavoratore una volta soddisfatti i requisiti per l’indennità di disoccupazione. Le nostre stime mostrano che, col raggiungimento dei requisiti minimi per ottenere la misura, la probabilità di licenziamento aumenta del 12 per cento.

Rileviamo importanti differenze a livello territoriale, dimensione aziendale e periodo prima e dopo la crisi economica. L’effetto è più forte negli anni della crisi economica (+21 per cento), quando le aziende hanno aumentato i licenziamenti e il reinserimento dei lavoratori licenziati è diventato più difficile. Siccome il 92 per cento dei licenziamenti osservati sono riconducibili a motivi economici, queste evidenze empiriche suggeriscono che non sia tanto il lavoratore a “causare” il proprio licenziamento per poter beneficiare dell’indennità; è piuttosto l’azienda a far affidamento sull’ammortizzatore per facilitare il licenziamento. La nostra interpretazione trova fondamento nel fatto che troviamo un effetto più forte nelle aziende sotto i 15 dipendenti (+14 per cento) dove il licenziamento è facilitato per legge. Infine, l’impatto è prossimo a zero nel Centro-Nord (+5 per cento), mentre nelle regioni del Sud l’incremento è circa del 24 per cento. Il concentramento dell’effetto nelle regioni del Sud e nelle piccole aziende potrebbe essere legato a una maggior diffusione del lavoro nero. Non possiamo infatti escludere che i lavoratori licenziati continuino a lavorare per l’azienda in maniera informale nel periodo in cui ricevono l’indennità.

L’abuso dell’indennità di disoccupazione ha anche conseguenze indirette sul reintegro occupazionale dei lavoratori licenziati. Quelli ammissibili all’indennità hanno una minore probabilità di trovare lavoro e l’effetto si protrae ben oltre la scadenza dell’indennità di disoccupazione.

Per evitare abusi, negli Stati Uniti l’indennità di disoccupazione è finanziata con un sistema di experience rating, dove le aliquote contributive delle aziende aumentano al maggior utilizzo dell’indennità da parte dei propri lavoratori. Il ticket sui licenziamenti introdotti dalla riforma Fornero è stato quindi un passo nella giusta direzione. Tuttavia, per un experience rating completo, il ticket non dovrebbe limitarsi ai soli licenziamenti, ma prendere in considerazione anche i mancati rinnovi dei contratti a termine. Il rischio è altrimenti quello di renderli ancora più attraenti in un mercato duale come quello italiano.

Effetti del reddito di cittadinanza. Questi risultati vanno considerati nell’ottica dell’introduzione del reddito di cittadinanza, che aumenterà il reddito non da lavoro per le famiglie meno abbienti, sommandosi all’indennità della Naspi. Secondo i nostri risultati, il rafforzamento degli ammortizzatori sociali potrebbe favorire i licenziamenti della fascia più fragile di lavoratori. Il fatto che il reddito di cittadinanza non richieda un minimo di contributi versati all’Inps porterà probabilmente a un aumento dei licenziamenti soprattutto per i rapporti lavorativi più brevi. In più, la penalizzazione per le famiglie con componenti che abbiano dato le dimissioni negli ultimi dodici mesi rischia di rafforzare il canale dei licenziamenti per interrompere i rapporti lavorativi. Preoccupa poi che l’abuso dell’indennità di disoccupazione sia concentrato nel Mezzogiorno, dove secondo diversi studi vi sarà un maggior utilizzo del reddito di cittadinanza. Se gli ammortizzatori sociali finissero per finanziare il lavoro nero, dovrebbero essere parimenti rafforzate anche le politiche di lotta al lavoro sommerso.

Andrea Albanese e Matteo Picchio (lavoce)