STA CCHJÙ DDA CA QUA
Si dice così di chi è malridotto in salute, intendendo “ca qua” è la vita terrena mentre “cchjù dda” significa l’altro mondo, l’aldilà, ossia la morte. Il nostro modo di dire fa paio con quello più largamente conosciuto in tutt’Italia che dice “ha un piede fuori e uno dentro la fossa”. Ma il nostro, almeno per noi, è molto più stringato, più sintetico e quindi più efficace.
À TUCCAT’ U CUL’ A LA C’CALA
(Ha toccato il sedere alla cicala)
Se per caso, senza accorgersi, a qualcuno accade di incappare o di urtare in qualche modo in una cicala, il piccolo animaletto parte di colpo in volo c’ n’ fuj’ e si mette a cantare, o meglio a stridere col suo verso fastidioso alle orecchie, specie nelle campagne, nelle ore più calde dell’estate. Ecco perché si usa dire – allorché qualcuno tocca un argomento favorito di una persona petulante e noiosa che non la finisce più di rintontirti col suo noioso cicaleccio – “à tuccat’ u cul’ a la c’cala”. Capito?
Emanuele Petrucci