PERCHE’ IL REDDITO DI CITTADINANZA NON ABOLISCE LA POVERTA’

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Abolire la miseria è il titolo di un libro che Ernesto Rossi, autore con Altiero Spinelli ed Eugenio Colorni del Manifesto di Ventotene, scrisse nel 1942, durante il confino per antifascismo sull’isola pontina. Rossi suggeriva di combattere la povertà non con i trasferimenti monetari, ma di dare a tutti i cittadini la garanzia di poter disporre, se in condizioni di bisogno, di quantità minime di beni e servizi primari come l’alloggio, il cibo, il vestiario.

La parola d’ordine dell’abolizione della miseria è tornata di moda in questi giorni dopo le dichiarazioni del ministro del Lavoro, secondo cui con la legge di bilancio e il reddito di cittadinanza l’Italia riuscirà finalmente a cancellare la povertà. Miseria e povertà non sono la stessa cosa: il primo termine allude a una condizione di estrema indigenza in cui mancano i beni e i servizi essenziali, mentre la povertà ha una connotazione più relativa e fa riferimento alla difficoltà di garantire a sé e ai propri familiari una vita dignitosa. Decenni di crescita economica e di welfare state hanno sicuramente molto ridimensionato la miseria, mentre la povertà è ancora tra noi, soprattutto in Italia, dove agli effetti del declino di lungo termine si aggiungono quelli della crisi dell’ultimo decennio.

Ma è davvero possibile abolire la povertà? In parte è una questione di risorse, ma non solo. Se prendiamo una soglia di povertà molto bassa, il 40 per cento del reddito mediano, secondo i dati dell’indagine Banca d’Italia del 2016 sono in povertà l’8,3 per cento delle famiglie italiane, cioè circa 2,1 milioni, un numero molto vicino agli 1,8 milioni di famiglie povere assolute secondo l’Istat. Per colmare il divario tra i loro redditi e questa soglia, le famiglie povere avrebbero bisogno di circa 11 miliardi di euro all’anno. È una cifra non lontana da quella di cui si parla in questi giorni a proposito del reddito di cittadinanza, i cui dettagli sono però ancora in gran parte ignoti.

Bene, quindi se il reddito di cittadinanza potrà contare su 10-11 miliardi di spesa annua avremo azzerato la povertà? Purtroppo, no e per diverse ragioni.

La prima, e più importante, è che il targeting di qualsiasi misura non è perfetto. Otterranno il reddito di cittadinanza anche famiglie che non sono povere, per errori amministrativi o perché lavorano in nero. E invece molte famiglie che sono povere non faranno neppure domanda. Alcune per vergogna, altre per diffidenza verso i meccanismi burocratici, altre perché hanno comunque un reddito anche se si trovano sotto la soglia e altre ancora per scarsa conoscenza. La quota di potenziali beneficiari che davvero ottengono un trasferimento è, ovunque, molto inferiore al 100 per cento.

La seconda ragione è che la povertà è un fenomeno dinamico. Ogni giorno migliaia di famiglie entrano in povertà e altre vi escono. Avere un sistema di trasferimenti efficiente è importante, ma non potrà mai riuscire a tenere il passo con questa realtà. Vi saranno sempre dei periodi di difficoltà non coperti dall’intervento pubblico, per quanto efficace.

La terza è che colmare il divario di povertà (come sembra farà il reddito di cittadinanza) genera un’aliquota marginale effettiva del 100 per cento: il povero sa che per ogni euro in più da lui/lei guadagnato, il trasferimento calerebbe di 1 euro, e viceversa. Qualcuno sicuramente cadrà in questa trappola della povertà e il costo della misura crescerà. L’effetto è tanto più forte quanto più alto è il trasferimento massimo.

Infine, un trasferimento monetario di solito riduce l’intensità della povertà, cioè avvicina il reddito alla soglia, molto più raramente è così elevato da superarla, anche perché questo aumenterebbe il rischio di comportamenti sleali.

E così in tutta Europa, anche nei welfare state più avanzati, in ogni rilevazione c’è sempre una quota di persone in povertà. L’incidenza della povertà in Italia è più alta rispetto a molti paesi simili, perché fino a poco tempo fa non esisteva una misura dedicata a questo, se non per gli anziani. Piuttosto che ripartire da zero sarebbe meglio investire sulla misura che già esiste, il reddito di inclusione, anche cambiandogli nome, procedendo con gradualità e attenzione agli effetti, ma scordiamoci di poter abolire la povertà attraverso un trasferimento monetario.

Massimo Baldini