Il mondo della comunicazione e dell’informazione ha vissuto e vive tutt’ora un momento di profonda trasformazione che coinvolge in modo trasversale più generazioni, dai nativi digitali (classe 2000) cresciuti immersi in un mare di bit a casa, a scuola e nel tempo libero, fino ai nonni che ormai sono diventati abili navigatori ‘social’. In questo contesto di ‘overdose comunicativa’ dove le informazioni e i contenuti più utili e importanti si mescolano con messaggi di ogni genere e livello qualitativo, le parole vengono usate – spesso inconsapevolmente – come strumenti di attacco e offesa.
Le parole possono essere pietre scagliate da una massa di persone coperte dall’anonimato del web, possono essere muri che bloccano ogni tipo di scambio o dialogo gli individui; le parole possono – e devono – essere pietre che costruiscono le basi di una società informata, oppure ponti che consentono di far incontrare persone per condividere e confrontare idee e opinioni superando difficoltà e ostacoli di qualsiasi natura.
Tutti siamo abituati ad assorbire quotidianamente parole, offese sia tra singoli sia tra politici. Il Miur ha elaborato, già da poco più di un anno, il “Manifesto della comunicazione non ostile”, coinvolgendo da subito tante realtà politiche, culturali e scientifiche in modo ampio e trasversale. Questo è il cammino tracciato dal progetto “Parole O-stili” che come operatori dell’informazione istituzionale bisogna conoscere, approfondire e promuovere tra i colleghi e i cittadini di ogni ruolo ed età, per recuperare temi e buone prassi a rischio estinzione, nella frettolosa e distratta quotidianità.
Il Manifesto della comunicazione non ostile
- Virtuale è reale – Dico e scrivo in rete solo cose che ho il coraggio di dire di persona.
- Si è ciò che si comunica – Le parole che scelgo raccontano la persona che sono: mi rappresentano.
- Le parole danno forma al pensiero – Mi prendo tutto il tempo necessario a esprimere al meglio quel che penso.
- Prima di parlare bisogna ascoltare – Nessuno ha sempre ragione, neanche io. Ascolto con onestà e apertura.
- Le parole sono un ponte – Scelgo le parole per comprendere, farmi capire, avvicinarmi agli altri.
- Le parole hanno conseguenze – So che ogni mia parola può avere conseguenze, piccole o grandi.
- Condividere è una responsabilità – Condivido testi e immagini solo dopo averli letti, valutati, compresi.
- Le idee si possono discutere. Le persone si devono rispettare – Non trasformo chi sostiene opinioni che non condivido in un nemico da annientare.
- Gli insulti non sono argomenti – Non accetto insulti e aggressività, nemmeno a favore della mia tesi.
- Anche il silenzio comunica – Quando la scelta migliore è tacere, taccio.
Oltre a quanto sopra che interessa tutti, è stato sviluppano anche il Manifesto della comunicazione non ostile che riguarda la politica e che riguarda proprio tutta la politica e politici nazionali ma anche territoriali e locali.
Tale Manifesto della comunicazione non ostile per la politica è un impegno spontaneo e personale preso da politici e amministratori locali affinché il dibattito sia concentrato su contenuti e idee orientati al bene comune, attraverso un linguaggio rispettoso e non ostile, evitando che la rete possa diventare una zona franca dove tutto è permesso ed educando invece alla responsabilità le community di riferimento.
Un’applicazione pragmatica sui toni e lo stile da adottare durante i confronti e i dibattiti con gli avversari, siano essi online oppure offine.
- Virtuale è reale
So che la comunicazione è parte integrante della mia azione politica, orientata al bene comune. Dunque mi assumo sempre la responsabilità di ciò che comunico, sia online sia offline. Non considero o uso la rete come zona franca in cui tutto è permesso.
- Si è ciò che si comunica
La mia comunicazione mi definisce. Faccio sempre in modo che ciò che comunico e ciò che viene comunicato per mio conto sia rispettabile, così come io sono rispettabile in quanto persona che agisce politicamente.
- Le parole danno forma al pensiero
Sono intellettualmente onesto. Definisco al meglio le mie idee e le mie intenzioni. Non approfitto dei media e della loro brevità per diffondere messaggi attraenti ma offensivi o infondati. Rispetto l’intelligenza di chi mi ascolta.
- Prima di parlare bisogna ascoltare
Prendo in considerazione gli argomenti dei miei interlocutori anche se non li condivido. Non li interrompo. Non deformo le loro parole per controbattere meglio. Preferisco il dialogo e il serrato confronto delle idee al monologo.
- Le parole sono un ponte
Credo nella forza delle mie idee e nel potere delle mie parole. Al mio interlocutore, che sia un avversario politico o gli elettori, offro i miei argomenti e la mia passione per dialogare e per convincere, mai per annientare.
- Le parole hanno conseguenze
Credo che il dibattito pubblico, anche se aspro, debba essere un momento di crescita per tutti. Come persona pubblica, sono consapevole che tutto ciò che dico lascia un segno in molti. Prima di fare un’affermazione, penso alle conseguenze.
- Condividere è una responsabilità
Quanto condivido in rete si riflette sulla mia credibilità personale. Non produco, diffondo o promuovo notizie, informazioni e dati che so essere falsi, manipolati o fuorvianti. Evito che anche chi comunica per mio conto lo faccia. Educo alla responsabilità le community che mi sostengono.
- Le idee si possono discutere. Le persone si devono rispettare
Mi batto per le mie idee e contrasto quelle che ritengo sbagliate, ma lo faccio portando sempre il confronto sul piano dei contenuti. Rispetto il mio interlocutore e la sua sfera personale, non lo derido, non gli attribuisco affermazioni che non ha mai fatto.
- Gli insulti non sono argomenti
Machiavelli scrive che gli uomini offendono o per paura o per odio. Sono consapevole che gli insulti sono umilianti sia per chi li riceve, sia per chi li fa: per questo non insulto e non rispondo agli insulti, e mi impegno a migliorare il mio Paese cominciando a migliorare il livello del dibattito pubblico.
- Anche il silenzio comunica
Non parlo solo per occupare spazio o sottrarre spazio ai miei avversari. Quando parlo, faccio discorsi rilevanti, che hanno un peso e un significato. Quando taccio, anche il mio silenzio ha un peso e un significato.
Ma quante persone e quanti politici fanno esattamente il contrario?