PACATEZZA: L’ANTIDOTO CONTRO IL VELENO DELLA RABBIA

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Non bisogna confonderla con la debolezza. È un’energia sottile che porta al governo di sé stessi e alla capacità di ascoltare

PACATEZZA

La paura, specie quando nasce da eventi che non siamo in grado né di controllare né di prevedere, ha un formidabile antidoto in una virtù piuttosto dimenticata nell’era delle pulsioni facili e delle urla per affermare un Io molto fragile: la pacatezza.

IMPORTANZA DELLA PACATEZZA

Bisogna essere pacati, razionalmente pacati, di fronte a fenomeni simili che travolgono, in un arco di tempo molto ristretto, tutta la normale routine della nostra esistenza. E solo una persona pacata è in grado, con naturalezza, di usare la ragione per controllare i propri impulsi emotivi prigionieri di un’umana e comprensibile paura. Solo una persona pacata è in grado di assorbire la parola della scienza, senza cedere alle sirene degli allarmismi, distinguendo una saggia precauzione da un’inutile tendenza al parossismo. E il pacato è contagioso, in senso positivo, proprio come un virus: trasmette serenità, spande l’idea che la situazione sia sotto controllo, non perde la calma, non spreca né la sua serenità né la sua normalità. Sente il problema nelle sue giuste proporzioni. Tutto sotto il segno di questa energia interiore chiamata pacatezza.

VALORE DELLA PACATEZZA

Un bonario ma assoluto dominio di sé. Una forza che non appare, resta dentro ma proprio per questo ha più possibilità di affermarsi. Con tranquillità, e senza lo spreco della violenza. La pacatezza è una virtù molto alta, e molto rara, tipica delle persone che sanno guardare il mondo senza stare con la testa chinata sul proprio ombelico. E così riescono non a cancellare passioni, desideri, sogni, ambizioni, ma a regolarli secondo un ordine delle cose che parte dalla nostra volontà.

La pacatezza è un linguaggio. Difficile da praticare in tempi di parole forti, slogan, semplificazioni, fake news. Ma è un linguaggio costruito sulla relazione, sulla necessità dell’ascolto e sulla possibilità, da non escludere mai, che le ragioni degli altri siano più convincenti delle nostre.

In questo senso, l’orizzonte della pacatezza è solo apparentemente scontato. Mostrarsi in equilibrio, approcciare l’altro con un tono garbato, non è un cedimento, una resa o comunque un segnale di debolezza. E’ piuttosto un metodo, che aiuta a non restare bloccati nella palude del rancore, della rabbia, delle chiusure nei confronti degli altri. Fino a essere pronti, perché no, a cambiare idea. sapendo che solo gli stupidi, o gli arroganti, restano barricati nelle loro idee e non hanno alcuna intenzione di modificarle. Mai.

COME ESSERE PACATO

La pacatezza, in quanto governo di sé, è disciplina, una tipica virtù dell’uomo religioso che deve persuadere dalla porta principale, attraverso la ragione e il cuore, e non con la scorciatoia della paura o dell’imposizione. I pacati, nel medio-lungo termine, non possono perdere la loro partita: sanno che questa forma di auto-controllo è vincente. E apre infinite possibilità per declinarla.

La pacatezza, infatti, si associa a un’altra piccola virtù: la bonarietà. Un altro modo di esprimersi, e di esprimere la propria coscienza, con animo tranquillo, senza affanni, e con il soffio delicato della leggerezza calviniana.

Stesso discorso, ed è un altro abbinamento della pacatezza, per il riso e il sorriso. A parte l’aumento delle endorfine, che comunque sono i neurotrasmettitori del piacere, è il ridere sopra alle cose che spesso consente di risolverle. Se non altro provando a governarle (ancora una volta la parola “governo” evoca l’uso della pacatezza…) con lo sguardo dell’ottimista. Di chi pensa che, anche in forza della leva della volontà, le cose si possono cambiare. Al contrario del pessimista, condannato nel tempo a rimuginare. Fino alla resa. (nonsprecare))