Home Blog Pagina 860

PUGLIA: SOLDI, CASE, QUOTE SOCIETARIE E YACHT. 317 MILIONI DETENUTI ALL’ESTERO

0

Un giro di denaro da capogiro, certo non paragonabile ai grandi numeri di Lombardia e altre grandi regioni del Nord, ma assolutamente sorprendente. Tanto più se si tiene conto degli indicatori ufficiali che raccontano un Mezzogiorno e una Puglia ancora nel baratro della crisi. E’ quanto affiora dai numeri contenuti nel dossier dell’Agenzia delle Entrate sulla voluntary disclosure, vale a dire la regolarizzazione volontaria dei capitali detenuti all’estero. Pagine e cifre che tratteggiano uno scenario inaspettato e raccontano la ricchezza che c’è ma non si vede, o quantomeno non risulta visibile al fisco tricolore: le domande provenienti dalla Puglia nel 2014 sono state 820, quanto basta per consentire il recupero di poco meno di 23 milioni di euro di tasse. Ma non solo. Il risultato dell’iniziativa del governo ha consentito di fatto l’emersione in Puglia di 317 milioni e 625.674 euro di cui 86 milioni e 64.697 euro rientrati in Italia. Questi infatti sono gli importi delle «attività», termine tecnico utilizzato per catalogare denaro ma anche azioni, quote societarie, obbligazioni oltre a immobili, yacht e così via.

La procedura della voluntary disclosure è considerata strategica dal governo per le casse pubbliche ed è seguita passo passo dall’Agenzia delle Entrate. Che in un dettagliato rapporto fornisce numeri, percentuali e località di provenienza (e soprattutto di destinazione) del denaro rimasto per diverso tempo in qualche angolo d’Europa e del mondo. Dando un’occhiata a quelle pagine si scopre che le 820 domande per il rientro partite dalla Puglia fanno complessivamente lo 0,63% del totale. Si tratta della terza regione del Sud dopo la Campania (1.591) e la Sicilia (1.022); sono più indietro invece Calabria (354), Sardegna (417), Molise (97) e Basilicata (ultima con 88 istanze). Ma la Puglia, in questa particolare classifica, supera anche alcune regioni di Nord e Centro. Tra le quali Abruzzo (641), Umbria (647) e Valle d’Aosta (528). Nel dossier dell’Agenzia delle Entrate figura il gettito stimato per ogni territorio, applicando «aliquote medie prudenziali»: per la Puglia l’importo è di quasi 23 milioni, vale a dire 22.907.556 euro. Una somma ragguardevole che entra a far parte del calderone delle attività rivelate al Fisco. Anche in questo caso la somma non incide in modo particolare sul totale nazionale: la percentuale si ferma allo 0,60 ma rimane significativa e conferma la Puglia come terza nel Sud Italia.

Dai dati viene fuori un vorticoso giro di denaro rimasto per tanto tempo sconosciuto all’erario italiano, ma a differenza di quanto accaduto in passato almeno questa volta non si profilano sconti di sorta per i contribuenti ritrovati, fatta eccezione per una riduzione delle sanzioni; per il resto, invece, vale a dire imposte e interessi, non ci sono tagli e scatterà il pagamento integrale. Una impostazione nuova disposta nell’ambito di un processo a livello internazionale su trasparenza e collaborazione. In questo mappamondo finanziario spicca il ruolo della Svizzera, capofila dei rimpatri con il 69,6%, ma ci sono anche Principato di Monaco (7,7%), Bahamas (3,7%), Singapore (2,3%), Lussemburgo (2,2%) e San Marino (1,9%).

Nel corso dell’anno scorso gli accertamenti condotti sui flussi di denaro che riguardano Bari e la Puglia sono stati esaminati con estrema attenzione anche dall’Unità di informazione finanziaria (Uif) dalla Banca d’Italia. Che in dossier ha acceso i riflettori su una serie di movimenti con l’estero. Tra i quali le 875 operazioni bancarie con Paesi definiti «a fiscalità privilegiata o non cooperativi»: 398 in uscita e 477 in entrata. Flussi inseriti tra «le tipologie di comportamenti a rischio» con riferimento alle indagini su evasione e frode fiscale. Numeri allarmanti, considerato che pongono proprio la Puglia al secondo posto nel Mezzogiorno dopo la Campania.  (Bepi Castellaneta-Gazzetta del mezzogiorno

FOGGIA, RENZO ARBORE IN “FATTI E MISFATTI DI UNA VITA”

0

Teatro Giordano di Foggia, ore 18:00 con Renzo Arbore per una serata organizzata dall’Assessorato alla Coltura di Foggia e dalla libreria Ubik di Foggia. Lo showman foggiano torna a Foggia per presentare il suo libro dal titolo “E se la vita fosse una jam session?”, editore Rizzoli.  Nelle sue pagine Arbore si racconta per la prima volta in prima persona e narra un gran numero di aneddoti legati alla sua vita. Una vita straordinaria che per molti aspetti coincide con la storia della radio (con i retroscena di programmi fondamentali come Bandiera gialla Alto gradimento) e della televisione (L’altra domenicaQuelli della notteIndietro tutta, etc.). Ovviamente si parla molto di musica, spaziando dal jazz al beat al pop, con retroscena davvero gustosi. Molti i documenti inediti, che ritraggono Arbore con un numero incredibile di personaggi (da Roberto Murolo ad Aretha Franklin, da Massimo Troisi a Gigi Proietti e decine di altri), ma le foto più divertenti riguardano memorabilia: gadget improbabili, tazze, statuette, strumenti musicale. La sua casa infatti è una sorta di museo del kitsch ed è piena di oggetti collezionati durante una carriera lunga cinquant’anni. Insomma, una lettura agile e divertente, arricchita da parecchie immagini, che offre uno spaccato di un’epoca non troppo lontana nel tempo, ma che non tornerà mai più.

IL CLUB ATLETICO PER IL NUOVO ANNO 2016

E’ con particolare affetto che voglio augurare a tutti Voi a nome di tutto il Club Atletico un buon 2016. A noi che viviamo quotidianamente la grande e preziosa avventura dell’educazione e della formazione alla corsa, il mio pensiero va oggi a tutti i bambini e alle loro famiglie. E così che con l’inizio del nuovo anno colgo l’occasione per riflettere sull’importanza del ruolo dell’attività motoria nella nostra comunità cittadina.

Per me è fondamentale ribadire il mio personale impegno, di concerto con gli istruttori sportivi qualificati della Federazione Italiana Di Atletica Leggera nelle persone di Nicandro Carbonella e Antonio Tancredi, a sostenere e valorizzare il ruolo dei futuri corsi di “Scuola di Atletica Leggera” per i bambini a partire dai 6 anni in su ed anche per adulti che si terranno da Marzo 2016 presso la pista di Atletica Leggera nello stadio comunale. Potremmo così attivare in primis un luogo di incontro, di studio di relazione e di formazione della coscienza civica dei giovani che saranno i cittadini del futuro. Ulteriormente prendendoci cura della salute, della postura e delle tecniche di allenamento per Noi e per i nostri figli.

In primo luogo mi appello alle famiglie affinché sappiano affiancare la loro presenza e la loro insostituibile opera educativa, alle attività fisiche, collaborando con il Club e partecipando in maniera attiva ai processi formativi. In secondo luogo mi appello a Voi giovani affinché grazie all’impegno ed alla costanza possiate scoprire nuovi mondi che vi permettano di rivalutare il senso dell’atletica, dell’identità, dell’appartenenza, della solidarietà dell’interesse generale e comune, dei diritti e dei doveri. E quando li scoprirete, assaporerete meglio il gusto della vita. Per conto nostro, La nostra volontà è quella di sviluppare un rapporto di collaborazione con il mondo scolastico, con le diverse componenti. Cosi come abbiamo fatto in anni passati.

Durante quest’anno sono previste importanti manifestazioni programmate, in particolare la terza edizione de “il ragazzo e la ragazza più veloce di San Nicandro” e la quinta edizione della mezza maratona di San Nicandro, che ci daranno anche la possibilità di creare soddisfazioni ed elogi ai corsisti. TUTTI insieme faremo in modo che anche quest’anno sia per tutti un buon anno atletico.

Nell’augurarvi di fare La Scelta Giusta e ricordandovi il Tesseramento per il 2016 voglio chiudere con un frase che Steve Jobs pronunciò nel discorso ai neolaureati di Stanford: “Pronti nel cominciare una nuova avventura, auguro questo a Voi.  Siate affamati, Siate Folli”.

 

Il Presidente

Luca Giagnorio

CONCORSO SCUOLA 2016, BANDO E CALENDARIO PROVE, NOVITA’

Ancora una volta non è stata rispettata dal Miur la data indicata per la pubblicazione del bando relativo al concorso scuola. Ora è ufficiale! Vista la mancata pubblicazione del bando entro dicembre 2015, ora dobbiamo parlare di concorso scuola 2016. All’interno della legge 107 la data indicata per la pubblicazione del nuovo bando era stata fissata entro il 1 dicembre. Tale data, come ormai tutti sanno, non è stata assolutamente rispettata dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca a causa della riforma delle classi di concorso. Tale riforma ha impegnato il Ministero per diverse settimane non consentendo in questo modo il lavoro sul bando. In una recente intervista rilasciata dal Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini poco prima di Natale, quest’ultima aveva dichiarato che il Ministero avrebbe fatto di tutto per pubblicare il bando entro il 31 dicembre 2015. Ovviamente, come tutti sanno, questa pubblicazione del nuovo concorso docenti non è ancora avvenuta.

Ma quando verrà pubblicato questo bando? Così come vi avevamo accennato in un nostro vecchio articolo, a portare il bando sarà proprio la Befana. Il bando relativo al maxi concorso a cattedra 2016 arriverà a metà gennaio e con esso dovrebbe arrivare (si spera) anche il bando relativo al tfa terzo ciclo. Apriamo una piccola parentesi riguardante il tirocinio formativo attivo. In merito al tfa il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca non si sta esprimendo. Si tratta quindi di capire se il bando ci sarà ancora oppure no. Dalle ultime dichiarazioni rilasciate dal Ministro Giannini e dal sottosegretario Faraone veniva indicato come periodo di pubblicazione del bando: gennaio/febbraio 2016.

Sembra essere dunque più chiaro il calendario della procedura concorsuale. La pubblicazione del bando è prevista per gennaio 2016; la prima prova computer based è prevista in primavera; orale a luglio; assunzioni da settembre 2016.

Il sottosegretario Faraone ha confermato che il Miur pubblicherà tre bandi:

-infanzia/primaria

-secondaria di I e II grado

-sostegno.

Si consigliamo di restare aggiornati collegandovi al sito della Gazzetta Ufficiale, del Miur e Civico93.

SAN NICANDRO, LE CAPANNE IN PIETRA A SECCO (U’ IACC’)

0

La capanna in pietra a secco con copertura in aggetto, è presente sul Gargano in un’ampia fascia che comprende i comuni di Rignano Garganico, San Marco in Lamis, San Giovanni Rotondo, Monte Sant’Angelo, Mattinata, Sannicandro Garganico e Ischitella. Nel dialetto locale prende il nome di pagghiar (“pagliaio”). Queste costruzioni erano connesse sia alle attività agricole che a quelle pastorali e nel primo caso, si ritrovano soprattutto nei terreni adibiti prevalentemente alle colture di ceci, fave, lenticchie, mandorle ed olive. Molte capanne sono abbinate alle opere di terrazzamento che, a partire dai secoli scorsi, hanno interessato le aree montuose e collinari garganiche, specie i territori di Mattinata e Monte Sant’Angelo, incrementandone la produttività agricola.

Strutturalmente il pagliaro garganico è in genere di forma grossolanamente circolare, con un basamento massiccio che ha la netta predominanza volumetrica sulla copertura, costruito con doppio paramento murario in pietra calcarea appena sbozzata. Frequente è anche la forma del basamento a tronco di piramide con spigoli smussati. La copertura esterna è in genere realizzata con un manto di chiancarelle poco o per nulla lavorate che vengono poste in opera a secco con un distanziamento maggiore di quello rilevato nella Murgia dei Trulli o nelle capanne cilindro-coniche murgiane e molisane, così da dar luogo a superfici esterne dalla forma “bombata” e non a “cono”. Tra l’estradosso della cupola in aggetto e la copertura di chiancarelle veniva interposto uno strato di terra rossa e pietrisco di varia pezzatura con lo scopo di migliorare il coefficiente di coibentazione della struttura. L’accesso alla copertura terrazzata avviene grazie ad una scala esterna in pietra a secco, costruita aumentando lo spessore del paramento murario della capanna. Le scale esterne a volte venivano giustapposte, come in questo caso, aumentando lo spessore della parete, ma più spesso erano costruite contemporaneamente alla costruzione del grosso basamento a secco, mantenendo sempre lo stesso spessore nel paramento e consentendo, inoltre, un trasporto più agevole del materiale litico senza far uso di impalcature. La precipua funzione della scala era quella di raggiungere la copertura esterna, che, essendo la parte più delicata del pagliaro, richiedeva controlli ed eventuali riparazioni periodiche, e veniva utilizzata come punto di vedetta, specie durante i periodi del raccolto e della vendemmia.

Come accorgimenti per migliorare la statica dell’edificio spesso veniva costruito all’esterno del basamento un muro a secco con funzione di controscarpa e un arco acuto di scarico o un sopraluce quadrangolare, che, interessando lo spessore dell’ingresso soltanto per la metà esterna, evitava un eccessivo carico sull’architrave. A volte, al posto dell’architrave veniva costruito un ingresso a sesto acuto ponendo a contrasto due pietre (biliti). Mentre per il basamento esterno si impiegavano massi di dimensioni maggiori in basso e progressivamente minori verso l’alto, per edificare la cupola in aggetto si utilizzavano possibilmente sassi lastriformi o variamente lenticolari (chianche) che consentano l’aggetto. Il materiale da costruzione veniva impiegato soltanto con qualche sbozzatura ed era largamente offerto dalla roccia locale, calcarea, naturalmente sagomata dalle numerose linee di frattura. Si aveva l’accortezza di lasciare aperta la lastra di copertura terminale della cupola in aggetto in modo da favorire il tiraggio del fumo.

All’interno della capanna trovano posto, poi, le consuete nicchie e ripostigli utili per aumentare e disimpegnare meglio lo scarso spazio a disposizione.

Nel territorio di San Giovanni Rotondo, molte capanne sono state edificate a ridosso della roccia nei punti in cui questa presenta un dislivello tra due superfici di terreno sfalsate (come negli esempi abruzzesi, elbani e liguri), risparmiando così una porzione di muro perimetrale e proteggendo meglio l’intera struttura dai venti e dalle intemperie. In genere queste costruzioni sono connesse con la pastorizia e a riprova di ciò vi sono i recinti in pietra a secco (jazzi) per il ricovero all’addiaccio delle pecore e soprattutto delle capre.

Di sicuro, tra le « fantasiose forme architettoniche » in uso tra i pastori garganici, vi è quella a carena di nave rovesciata, attestata per la prima volta nel Gargano dal Baldacci. La “varietà a camera rettangolare” riscontrata dal Baldacci nel ripiano di Rignano Garganico, appartiene alla cosiddetta tipologia rettangolare con copertura a carena di nave rovesciata che ha i suoi esempi migliori negli “oratories” della regione del Kerry nell’Irlanda sud-occidentale e nelle capanne francesi di Fontaine-de-Vaucluse. In Italia, ad esclusione dell’area garganica dove è discretamente presente, questa tipologia è molto rara ed è stata riscontrata finora soltanto sporadicamente, ad esempio nel Trullo Ferrante a sud di Ruffano da Rohlfs, in alcune capanne sarde dal Sanna e nella zona di Decontra (Abruzzo) dal Micati.

APPUNTAMENTO A TEATRO CON “MISERIA E NOBILTÀ”

Sullo sfondo dei quartieri poveri di Napoli, due sfortunate famiglie vivono in condizioni di profonda miseria, in mezzo ai continui litigi provocati dalle donne di casa. Don Felice, scrivano pubblico, e don Pasquale, fotografo ambulante, lottano disperatamente per sbarcare il lunario. Inaspettatamente, un giorno la fortuna bussa alla loro porta. Il marchesino Eugenio, rampollo di nobile famiglia, innamorato della figlia di un cuoco arricchito, sapendo di non poter ottenere dai suoi genitori il permesso di sposare la ragazza, chiede ai due poveretti di fingersi suoi parenti e di accompagnarlo, dovutamente travestiti, dal padre della fanciulla per chiedere la sua mano. Dopo una serie incredibile di equivoci, complicazioni e grandi risate, la vicenda si conclude con un lieto fine.

“Miseria e Nobiltà”, commedia in dialetto napoletano considerata una tra i maggiori capolavori di Eduardo Scarpetta, è la classica commedia degli equivoci, completa di inganni, travestimenti, scambi di persona, in cui la protagonista è “la miseria, quella vera” che spinge a fare qualsiasi cosa pur di sopravvivere. Rappresentata per la prima volta al Teatro del Fondo, a Napoli, nel 1888, divenne ancor più famosa per la riduzione cinematografica diretta da Mario Mattoli e interpretata da Totò, al fianco del quale recitarono l’allora giovanissima Sophia Loren e grandi caratteristi napoletani come Enzo Turco, Carlo Croccolo e Dolores Palumbo.

Prospettive Artistiche ripropone, nell’adattamento di Giuseppe Di Tullio, con le musiche originali di Michele Solimando e le scene di Vincenzo Rendina, il famigerato lavoro di Scarpetta divenuto un classico del teatro napoletano.

L’appuntamento è per martedì 12 gennaio alle ore 20:30 presso “Villa Florio Ricevimenti” (San Nicandro Garganico – FG).

Info e prevendite: 328/3595844

AUMENTANO I PEDAGGI AUTOSTRADALI, SULL’A14 DA IERI L’1,9% IN PIU’

0

C’è una di quelle tasse che tutti gli automobilisti sono abituati a pagare ogni Capodanno, parliamo dei rincari dei pedaggi autostradali, rivisti da oggi al rialzo per l’intero 2016. Sono scattati dal 1 gennaio gli aumenti dei pedaggi autostradali. L’aumento maggiore interessa Satap tronco A4 (Torino-Milano) +6,5%. Seguono Strada dei Parchi +3,45%, Tangenziale Est Spa +2,10%, Autostrade per l’Italia +1,09%, Pedemontana Lombarda +1% e Ativa +0,03%. L’aumento medio attualmente riconosciuto dello 0,86%, spiega il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è calcolato sui veicoli-km che si prevede saranno percorsi sull’intera rete autostradale nel 2016.

Per il transito sull’A14, l’arteria che percorre il Molise con le stazioni di Montenero di Bisaccia-Vasto Sud e Termoli, la società Autostrade per l’Italia, che ne è concessionaria, ha previsto un aumento delle tariffe dell’1,09%, il quarto incremento percentuale dell’intera rete.

L’EPIFANIA IL PARCO DEI DINOSAURI PORTA VIA…

0

Braccio di ferro tra il Gruppo Speleologico Montenero e l’amministrazione comunale guidata dal sindaco parlamentare Angelo Cera. Casus belli la gestione del Parco Paleontologico dei Dinosauri di Borgo Celano appena inaugurato lo scorso novembre alla presenza, tra gli altri, del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Graziano Delrio.

Secondo quanto si apprende dalla delibera n.176 del 28.12.2015, “gli accessi al parco sono stati consentiti solo nelle giornate inaugurali e secondo il programma degli eventi riportati sui manifesti e gli inviti per i convegni scientifici programmati da questa amministrazione nelle giornate del 28-29-30 novembre 2015”. Semplificando ai minimi termini: il parco, dopo l’inaugurazione (utile alla rendicontazione da presentare agli uffici regionali entro il 30 novembre) doveva restare chiuso. Anche perché – si legge ancora nella delibera – attualmente “non risultano in atti, specie per il parco di completamento e ampliamento, procedure per la gestione della struttura in parola e né tanto meno autorizzazioni per stabilire i costi di accesso al parco con le conseguenti modalità relative alla necessaria rendicontazione”. Da qui l’atto d’indirizzo “di conferire incarico legale ad un professionista di fiducia dell’Ente nei confronti della richiamata Associazione”.

Inoltre, è ancora da perfezionare l’incartamento (certificato di agibilità e accatastamento) circa la piena fruibilità dell’area ampliata (1000mq all’aperto su cui insistono le riproduzioni di tre dinosauri, due di proprietà del Gruppo Speleologico Montenero). Secondo raccolta dati, almeno da quanto riferiscono ambienti vicini al Gruppo, tutta la documentazione sarebbe stata consegnata da qualche tempo agli uffici comunali competenti, i quali però, per mancanza di fondi nel relativo capitolo di spesa, non avrebbero ancora affidato l’incarico per ottenere le certificazioni necessarie. Di diverso avviso l’Amministrazione Comunale: «L’incarico è stato affidato a un professionista del posto e tutto dovrebbe completarsi nel giro di poche settimane».

Prerequisiti di legge, che in assenza potrebbero prestare il fianco a eventuali rivalse legali tanto da spingere Palazzo Badiale a correre ai ripari e intimare, così, la chiusura del Parco. Un bubbone, del resto, esploso nei giorni scorsi sui social network, poi prontamente ridimensionato alla luce di un accordo arrivato in extremis tra Comune e Gruppo Speleologico Montenero. La chiusura – comunque prevista (dal 6 gennaio al 31 marzo), «per via delle basse temperature del periodo (i dinosauri animati saranno coperti con dei teli per preservarli dal ghiaccio)», – servirà anche a definire i termini della vicenda. Con la speranza che a farne le spese non sia, come spesso accade, il territorio circostante già economicamente depresso e soprattutto l’indotto commerciale connesso alla divulgazione storica e al turismo derivante anche dalla vicina San Giovanni Rotondo.

Intanto arriva il disappunto dei più maliziosi sulla tempistica adottata in concomitanza con le scadenze elettorali della prossima primavera: «Chi aspira a gestire il parco?».

Al Gruppo guidato da Gian Piero Villani va comunque il merito di aver tenuto in vita una struttura che, altrimenti, avrebbe subito (molto probabilmente) tutt’altra sorte. Infatti, dopo due bandi andati deserti, nell’agosto del 2010 arrivò la decisione del commissario dell’Ente Parco Nazionale del Gargano, Stefano Pecorella, di affidare, provvisoriamente, ai ragazzi del gruppo speleologico locale, la gestione del museo interattivo e del parco dei dinosauri oltre all’ampliamento dei giorni nostri (2 milioni di euro finanziati dalla Regione Puglia) avvenuto in sinergia con le istituzioni del posto nell’ambito dell’Asse I del Programma Operativo Interregionale “Attrattori Culturali, naturali e del turismo”. Ruolo di punta, inoltre, lo ebbe l’avvocato Costantino Grana, ideatore e promotore del parco dei Dinosauri e presidente onorario del Gruppo Speleologico Montenero, al quale recentemente sono stati dedicati i locali del Centro Visite di Borgo Celano.

«Purtroppo tutto è partito in maniera completamente autonoma da quelli che sono gli indirizzi che comunque il Parco e l’Amministrazione dovevano prima impartire», lamentano oggi da Palazzo Badiale.

«L’apertura ufficiale – spiega invece il vicesindaco Raffaele Fino – doveva avvenire ad aprile in particolare con il mondo delle scuole, a conclusione dell’offerta educativa curata dall’Ente Parco per mezzo dei finanziamenti S.A.C. (Sistemi Ambientali e Culturali), che permetterà di istituire un comitato scientifico: la futura essenza del Parco dei Dinosauri».

Adesso toccherà al Comune e all’Ente Parco sbrogliare la matassa. E salvare dall’estinzione il Jurassik Park targato San Marco in Lamis. (sanmarcoinlamis-eu)

COLPACCIO PER L’OSPEDALE DI FOGGIA, ARRIVA LA CARDIOCHIRURGIA

0

L’Azienda ospedaliero-universitaria Ospedali Riuniti di Foggia sarà dotata di una Struttura di Cardiochirurgia. Ad annunciarlo pubblicamente – durante la conferenza stampa di fine anno, tenuta questa mattina presso la Regione Puglia – il governatore, Michele Emiliano, che, pur congelando alcuni delicati provvedimenti in merito al “Piano di riordino ospedaliero”, non ha esitato a divulgare agli operatori dell’informazione presenti all’incontro le decisioni evidentemente già assunte (anche in attesa dell’approvazione formale del “Piano”). E tra queste figura appunto la certezza dell’istituzione della struttura di Cardiochirurgia all’Azienda ospedaliero-universitaria Ospedali Riuniti di Foggia: una conquista che, oltre a innalzare il livello dell’assistenza del secondo Policlinico della Puglia, contribuirà ad avvicinare sempre di più il traguardo di ospedale di “Eccellenza” (inteso come struttura sanitaria in cui sono presenti tutte le strutture assistenziali della medicina moderna). “La grande sensibilità e la notevole concretezza del governatore della Regione Puglia, Michele Emiliano, ci consentono, oggi, di celebrare un risultato che personalmente considero davvero eccezionale. Senza la sua determinazione non ci saremmo mai arrivati. Desiderio ringraziarlo pubblicamente e chiaramente – dichiara il rettore dell’Università di Foggia, Maurizio Ricci – perché dopo il suo insediamento ha sempre prestato massima attenzione alle nostre istanze, come Università e come Capitanata. Istanze in alcuni casi espresse direttamente dal sottoscritto, in altri casi rappresentate con passione, sagacia e dovizia di particolari dai due assessori Foggiani, presenti nella giunta regionale, Leonardo Di Gioia e Raffaele Piemontese. Oggi, la Capitanata celebra una grande giornata, in cui gli Ospedali Riuniti compiono un enorme passo in avanti che impedirà, a centinaia di pazienti, di intraprendere lunghi viaggi della speranza, per usufruire di un fondamentale diritto costituzionalmente garantito: il diritto alla salute”.
L’impegno dell’Università di Foggia per l’ottenimento della Struttura di Cardiochirurgia è cominciato nell’aprile del 2014: cinque mesi dopo il suo insediamento alla guida dell’Ateneo. A più riprese, sempre garantendo un profilo sociale e soprattutto istituzionale al proprio appello, il rettore è intervenuto sull’argomento con motivazioni inoppugnabili: innanzi tutto, la disponibilità di un cardiochirurgo già in dotazione organica all’Università di Foggia dalla fine del 2006, il professor Luca Salvatore De Santo (associato con abilitazione di professore ordinario), inutilizzato rispetto alle proprie capacità professionali e assistenziali, in quanto privo di una Struttura operativa; in secondo luogo, una considerazione di natura orografica, visto che la provincia di Foggia coi suoi 610mila abitanti e un’estensione territoriale di 6.965 kmq è la seconda d’Italia; quindi, lo squilibrio nella distribuzione dei poli cardiochirurgici in Puglia, con Capitanata e B.A.T. completamente sprovviste di questi, a differenza delle altre province pugliesi (quattro poli a Bari, due a Lecce, uno a Brindisi e uno a Taranto). A sostenere concretamente l’istanza dell’Azienda ospedaliero-universitaria Ospedali Riuniti di Foggia anche il rapporto tra gli attuali costi sostenuti dalla Regione Puglia per via della mobilità passiva (oltre 5 milioni di euro l’anno) e i ricavi che invece deriverebbero dall’attrattiva assistenziale rappresentata dall’istituzione di una Struttura di Cardiochirurgia al Policlinico di Foggia (oltre 6 milioni di euro l’anno).
Tempi serrati per l’attuazione: tutto dovrebbe avvenire entro il nuovo anno. E fondamentale sarà adesso il ruolo del direttore generale, Antonio Pedota, attivamente impegnato in prima persona nella richiesta presentata al competente assessorato regionale e in generale nella sua azione di governo dell’azienda mista, che lo ha visto ottenere in poco tempo già ottimi risultati. La Regione Puglia dovrebbe contribuire – il condizionale è legato unicamente alla mancanza dell’ufficialità del provvedimento, tuttavia le cifre indicate sono da tempo state ritenute congrue proprio dagli organismi del governo regionale – con circa 2,5 milioni di euro, mentre l’azienda mista dovrà provvedere alle procedure selettive per l’assunzione di medici e del personale sanitario entro i primi mesi del 2016 e all’allocazione della strutture ospedaliere. “Un grazie enorme e sincero a chi ha sostenuto questa nostra battaglia fin dall’inizio – aggiunge il rettore – ovvero all’ex governatore, Nichi Vendola, all’ex direttore generale degli Ospedali Riuniti Tommaso Moretti, all’ex assessore regionale alla Sanità Elena Gentile; e in modo particolare a chi ha contribuito al raggiungimento del risultato odierno, cioè i due assessori Foggiani della Regione Puglia,Leonardo Di Gioia e Raffaele Piemontese; quindi al direttore generale del Dipartimento della salute della Regione Puglia,Giovanni Gorgoni, persona capace, ragionevole e soprattutto molto operativa; e al direttore generale dell’azienda mista, Antonio Pedota, che condivide pienamente l’obiettivo di rendere il Policlinico un centro eccellente e moderno, L’istituzione della Struttura di Cardiochirurgia per l’azienda ospedaliero-universitaria Ospedali Riuniti di Foggia rappresenta un traguardo di cui tutta la cittadinanza dev’essere fiera, poiché finalmente hanno prevalso logiche collettive e non posizioni individuali come è avvenuto in passato in Capitanata e a Foggia. Una volta ottenuta la conferma del provvedimento, che per noi è solo una formalità, viste le ampie garanzie fornitemi anche personalmente dal presidente Michele Emiliano, ci metteremo subito al lavoro sul piano strutturale e amministrativo. Il nuovo anno parte bene, faremo in modo che prosegua sotto i migliori auspici”.
Nei prossimi giorni – non appena terminerà il dialogo istituzionale tra Regione Puglia e Ministero della Salute sui contenuti del Piano di riordino ospedaliero – sono previste l’approvazione dello stesso e quindi l’ufficializzazione della istituzione dell’unità di Cardiochirurgia agli Ospedali Riuniti di Foggia.(l’immediato)

DOPO UN SECOLO PADRE PIO RITORNA A PIETRALCINA

0

Tutto pronto per il trasferimento, tra un mese circa 8 – 14 febbraio, del Santo del Gargano da San Giovanni Rotondo a Roma nella Basilica di San Pietro. Ma non è tutto l’urna di Padre Pio prima di ritornare definitivamente nella cripta dove ora è custodita, passerà per qualche giorno da Pietrelcina, paese dove il Santo è nato. Da dove nel lontano 17 febbraio del 1916, è cominciata la sua missione verso il Gargano. In occasione dell’anno Santo della misericordia, l’urna con le spoglie di San Pio da Pietrelcina sarà portata nella Basilica di San Pietro, e in seguito a Pietrelcina, dove giungerà l’11 febbraio, per tornare, poi, a San Giovanni Rotondo, il 14 febbraio 2016.

San Pio (Francesco Forgione) nacque a Pietrelcina, un piccolo comune alle porte di Benevento, il 25 maggio 1887, da Grazio (detto “Orazio”) Maria Forgione (1860-1946) e Maria Giuseppa (detta “Peppa”) di Nunzio (1859-1929). Fu battezzato il giorno successivo nella chiesa di Sant’Anna. Gli venne dato il nome Francesco per desiderio della madre, devota a san Francesco d’Assisi. Il 27 settembre 1899 ricevette la comunione e la cresima dall’allora arcivescovo di Benevento Donato Maria Dell’Olio. La madre era una donna molto cattolica e le sue convinzioni ebbero una grande influenza sulla formazione religiosa del futuro frate. Il giovane non frequentò le scuole in maniera regolare perché doveva rendersi utile in famiglia lavorando la terra. Solo quando ebbe dodici anni cominciò a studiare sotto la guida del sacerdote Domenico Tizzani che, in un biennio, gli fece svolgere tutto il programma delle elementari. Poi, passò alla scuola per gli studi ginnasiali.

Il desiderio di diventare sacerdote fu sollecitato dalla conoscenza di un frate del convento di Morcone, fra’ Camillo da Sant’Elia a Pianisi, che periodicamente passava per Pietrelcina a raccogliere offerte. Le pratiche per l’entrata in convento furono iniziate nella primavera del 1902, quando Forgione aveva 14 anni, ma la sua prima domanda ebbe esito negativo. Solo nell’autunno del 1902 arrivò l’assenso. Forgione sostenne di aver avuto una visione, il 1º gennaio 1903dopo la comunione, che gli avrebbe preannunciato una continua lotta con Satana. La notte del 5 gennaio, l’ultima che passava con la sua famiglia, dichiarò di aver avuto un’altra visione in cui Dio e Maria lo avrebbero incoraggiato assicurandogli la loro predilezione. Il 22 gennaio dello stesso anno, a 15 anni, vestì i panni di probazione del novizio cappuccino e diventò “fra’ Pio”. Concluso l’anno del noviziato, fra Pio emise la professione dei voti semplici (povertà, castità e obbedienza) il 22 gennaio del 1904. Intraprese gli studi ginnasiali a Sant’Elia a Pianisi (CB).

l 19 aprile 2010 la salma del santo è stata traslata nella cripta della nuova Chiesa di Padre Pio, decorata con i mosaici del sacerdote gesuita sloveno Marko Ivan Rupnik e con il soffitto ricoperto di foglia oro, ricavato dalla fusione degli ex voto che i fedeli negli anni hanno donato a san Pio. Tuttavia, l’inaugurazione di una siffatta cripta è stata contrassegnata da forti polemiche, sia da parte del mondo laico che da parte degli stessi cattolici, in quanto un tale sfarzo è decisamente contrario agli ideali dell’Ordine Francescano (al quale Padre Pio apparteneva) improntati all’umiltà e alla povertà. Dal 1º giugno 2013 la salma è permanentemente esposta alla pubblica venerazione. (sanmarcoinlamis.org)

SAN NICOLA IMBUTI SUL VARANO

0

Il viaggiatore non distratto, che costeggia la riva occidentale della laguna di Varano, rimane felicemente impressionato, colpito dalla presenza di manufatti pressoché centenari, testimoni singolari, benché fatiscenti, della storia di San Nicola Imbuti, oggi San Nicola Varano. Il sito, che dista da Cagnano Varano circa 10 km, si trova nel punto in cui una lingua di terra ai piedi del bosco San Nicola (versante orientale di Monte Devia) si getta nelle acque, delineando appunto la forma dell’imbuto, da cui ha tratto la denominazione in epoca medievale. La vicinanza dalle Isole Diomedee costituisce uno dei motivi fondamentali per cui San Nicola Imbuti diventa pertinenza di quel complesso monastico benedettino, che in passato ha svolto importanti funzioni politico-culturali e religiose.

Dal punto di vista morfologico, tutto il tenimento si presenta come una collina molto dolce, digradante verso la laguna, popolata da piante e arbusti tipici della macchia mediterranea, piantagioni di fave e di ortaggi, tra cui emerge la coltura specializzata dell’olivo. Nella zona manca un’idrografia superficiale, mentre all’interno della penisoletta, ai piedi del lago, si nota la presenza di due sorgenti, la quale sicuramente deve avere inciso nella scelta del sito da parte dei benedettini, che vi si insediarono nell’XI secolo.

Dal punto di vista antropico, lo scenario dell’Imbuti è oggi occupato dall’ex Idroscalo intestato al tenente macchinista Ivo Monti, costituito da una trentina di edifici stile coloniale, che versano in uno stato di degrado, tranne una palazzina, restaurata cinque anni or sono e – purtroppo-  non resa funzionale, tanto da meritarsi l’appellativo di “cattedrale nel deserto”. Edifici maestosi, ben allineati, collocati intorno a Viale Irene, che dimostrano la grandiosità del progetto, realizzato nel secondo decennio del XX secolo, per contrastare gli attacchi austriaci provenienti dalla sponda opposta dell’Adriatico.  Edifici riutilizzati nel secondo conflitto mondiale dai militari che compirono diverse e importanti operazioni. L’area di San Nicola Varano nella parte più elevata ospita i resti della chiesa di Santa Barbara, edificata nel 1918-20 per favorire il culto agli ufficiali e a tutto il personale, che dimorava nell’idroscalo.

LA PRESENZA DI UN IMPORTANTE TRACCIATO IN EPOCA ROMANA. Nel sito sono presenti evidenti tracce di frequentazione medievale, mentre andrebbero effettuate ricerche riguardo a insediamenti preesistenti. E’ possibile, infatti, supporre che il monastero di San Nicola sia nato su una preesistente villa romana. E’ certo che nella Roma imperiale l’area di San Nicola Imbuti è raggiungibile, percorrendo una strada proveniente da Teanum Apulum, vicino al Fortore, nei pressi di Lesina, e proseguente per Fara (poco distante da Imbuti).

È stato ipotizzato che questa strada in epoca romana abbia svolto importanti funzioni politico- economiche, collegando antiche città e ville- fattorie insistenti nei “municipia” del Gargano nord: Teanum Apulum (San Paolo Civitate), Lesina, Civitella (Sannicandro G.co), Avicenna (Cagnano-Carpino), Monte Civita (Ischitella), dove di lì a poco sarebbero sorti i relativi comuni.

NEL MEDIOEVO: LE MIGRAZIONI DEL TARDO IMPERO E DURANTE LA DOMINAZIONE BIZANTINA. Dopo il V secolo, in seguito alle invasioni barbariche, diversi centri abitati del Gargano insistenti lungo la costa e le vie di comunicazione, si spopolano per ragioni di sicurezza, mentre piccole comunità, i Casali, cominciano a nascere nei luoghi più sicuri dell’entroterra. I Bizantini, che dominano ancora per lungo tempo il Gargano settentrionale e orientale, si adoperano per far rifluire la vita nei luoghi abbandonati, favorendo l’immigrazione dai Balcani e la ripresa economica dell’area considerata. E’ poi la volta dei Longobardi, i quali s’impossessano di vasti latifondi e cominciano a controllare l’economia del territorio, presidiando strade importanti e costruendo Fare che, da istituzioni familiari organizzate militarmente e politicamente, finiscono col rappresentare delle tenute agricole.

Situata lungo l’importante direttrice proveniente da Civitate, la Fara svolge l’importante funzione di controllo del traffico attivato tra le lagune di Lesina e di Varano, nel tempo in cui [l’alto medioevo] la pesca viene esercitata soprattutto nelle acque lacustri e lungo la costa, come conferma il prof. Corsi.

CELLAM IMBUTI. Uno dei palazzi dell’Imbuto, situato vicino alla sorgente omonima, nasconde tracce di una esistenza più lontana: è cellam Santo Nicolay dello Inbuto, pertinenza di Kàlena, quindi della grandeabbazia tremitense, fino al 1782. Lo attesta una chartula offertionis , la quale precisa che Sariano, abitante di Devia [in territorio di San Nicandro G.co, popolata da slavi provenienti dai Balcani ], dona al monastero di Santa Maria di Tremiti, metà casa, una vigna e un terreno incolto, due botti e quattro appezzamenti di terra, uno dei quali confina con un’antica strada che conduce all’Imbuto (via veteres, qui descendit ad ipso Imbuto). In un altro documento del 1058 si legge che a San Nicola, situato nell’Inbutus, c’è una cella e intorno a questa ci sono vigneti e terre di sua pertinenza.

Nel 1173 Raone, signore di Devia, tenta d’impossessarsi del tenimento dell’Imbuto, ma c’è uno degli instrumenta a confermare la venditionem fatta da suo padre, il quale non riserva per sé o per i suoi eredi alcun diritto in quel territorio (nullo iure sibi vel suis heredibus riservato in ipso tenimento). Un vasto tenimento i cui confini (fines)– come esplicita la fonte- iniziano dal capo e porto diSant’Andrea (Capojale), e la spiaggia, pietra Ticzoli, Sant’Elia, gira  intorno al lago, abbracciando Monte Zitano, quindi lacum Cernuli, dove insiste  un pesclo e una centia, prosegue con Nido di Corvo, taglia  poi dritto per il lago e si ricongiunge  con il tenimento d’Ischitella, laddove è l’entrata iumentorum, (al centro Isola Varano), prosegue per metà isola e si ricongiunge  al primo confine, includendo la chiesa di San Giovanni. Nella sentenza giudiziale pronunciata a Palermo e sottoscritta anche da Gentilis, signore di Cagnano del tempo, la curia regia dette torto al signore di Devia e lo condannò a pagare 200 once , mentre a Santa Maria di Kàlena è riconosciuto il pieno diritto sul tenimento dell’Imbuto.

I privilegi di re Guglielmo II, firmato a Palermo il 7 maggio 1176 e di Innocenzo III del 3 febbraio 1208 confermano che la cella di San Nicola Imbuti con le sue pertinenze, il castroboschi, terre e vigneti costituiscono beni di Kàlena e di Tremiti. Fonti significative anche per il fatto che evidenziano la presenza di una fortificazione, data la presenza del castrum, e di coltivazione specializzata (vineis), oltre che dei boschi (silvis), da cui ricavare legna.

LA LEGGENDA. La tradizione del luogo vuole che i monaci dell’imbuti fossero amici di Noè, quindi del vino, di cui avevano botti enormi, grandi persino quanto la montagna retrostante al convento. Una di queste botti, aveva appunto la cannella che giungeva al refettorio. Da essa cannella i monaci spillavano generosamente il buon vino per sé e per i visitatori ospiti e, siccome il vino non finiva mai, questi pensavano che si trattasse non di una botte, ma di una sorgente.

I CORSARI E L’EVACUAZIONE. Secondo una tradizione orale i monaci, recandosi con un sandalo all’abbazia di Tremiti, da cui al momento dipendevano, per sbrigare alcune faccende, si accorsero che una squadra di Corsari stava ombardando l’abbazia di Santa Maria e che, spaventati, pensarono subito di tornare indietro a San Nicola dell’Imbuto, per mettere in guardia i fratelli rimasti, mettendoli a parte dell’accaduto. Si erano appena messi in salvo che giunsero i Corsari, i quali prima depredano, poi distruggono completamente la forma del monasteroI religiosi da allora– narra il frate De Monte- non vi fecero più ritorno. I pescatori, però, quando le acque sono chiare, dicono di vedere in fondo al lago la campana, che invitava i monaci a pregare e a lavorare.

UNA RETE DI MONASTERI. I monaci cassinensi colonizzano estese aree, insistenti sia nel Gargano Nord, sia nell’area campana, abruzzese e molisana, per motivi di ordine economico, culturale e religioso. Ambiscono esercitare il controllo dei laghi di Lesina e di Varano, perché in questo modo potranno disporre di abbondanti pesci e dei loro derivati: anguille e uova di cefali (bottarga) seccate e molto richieste dai consumatori. Pesce particolarmente consigliato nella dieta dei monaci, costretti ad astenersi dal mangiar carne, che attiva un commercio invidiabile, dirigendosi verso i luoghi interni della provincia di Foggia e oltre, lasciando ipotizzare persino una via del pesce.

Nell’area di San Nicola di Varano sono inoltre diverse sorgenti, le quali danno modo ai monaci di impinguare la loro economia, utilizzando l’importante risorsa, costituita dall’acqua. Il tenimento costituisce una discreta risorsa economica del monastero madre, anche perché vi si riscuotono le decime sull’intero lago.

C’è poi l’interesse religioso e la devozione della gente del luogo a spingere i benedettini a colonizzare il Gargano e la Capitanata. In un tempo in cui è molto forte il flusso dei pellegrini diretti alla Montagna dell’Angelo, si avverte il bisogno di hospitia: ecco perché lungo le direttrici per Monte Sant’angelo viene costruita una rete di monasteri destinati ad avere fortuna. Ricordiamo quelli diSan Giovanni de Lama, in San Marco in Lamis dell’XI secolo bizantino, di San Giovanni in Piano, nei pressi di Poggio Imperiale, anch’esso dell’XI sec. e bizantino,  di Santa Maria (Lesina), Santa Barbara e San BartolomeoSanta Maria e Sant’Andrea, Santo StefanoSanta Maria di Tremiti. … . C’è, inoltre, la presenza di ordini agostiniani e pulsanensi, come attestano San Leonardo di Lama Volara nei pressi di Siponto (agostiniano), San Giovanni di Pulsano (da cui dipendono gli insediamenti monastici di San Giovanni di Varano, San Pietro in Cuppis (in territorio di Ischitella). In epoca medievale, la via veteres che passa per l’Imbuti di Cagnano Varano, probabilmente costituisce un’alternativa alla Via Sacra Langobardorum -che allaccia i comuni del Gargano Nord-, dal momento che in agro cagnanese insiste l’interessante grotta di San Michele e dato che è molto vivo il culto per l’Arcangelo.

C’è, infine, chi ipotizza che la forte presenza dei monaci nelle aree sopra citate sia legittimata da motivi politici, legata al bisogno di controllare il massiccio flusso di immigrazione delle popolazioni slave. Può essere utile ricordare che la colonia slava di Devia è a pochi km dalla cella di San Nicola Imbuti,  in direzione ovest, e che Peschici, ove insiste Kàlena (sita a circa 15 km ad ovest dell’Imbuto) è popolata da genti proveniente dai Balcani. San Nicola Imbuti è, dunque, una delle dipendenze di Kàlena che, insieme a Devia, al lago di Varano, a Peschici e ad altri monasteri situati lungo la costa fino a Siponto, accrescono  il patrimonio e il prestigio della Casa di Santa Maria di Tremiti.

IN ETÀ MODERNA. Benedicto Cocharella e Timoteo Mainardi dell’ordine dei Canonici Regolari di Sant’Agostino risultano  rettori del Monastero di Tremiti dopo i Cistercensi, a partire dal 1412. Tremiti è  porto sicuro e fonte di approvvigionamento per chi attraversava il mare, scalo di tutte le navi provenienti da Venezia e dall’altra sponda dell’Adriatico.

Nelle pertinenze delle celle cassinensi si pratica ancora la cerealicoltura, la viticoltura e l’oliviticoltura, mentre sul lago si continuano ad esercitare i diritti di pesca, dotando il monastero di ingente materiale da esportare. Pesci di ottima qualità (anguille e capitoni soprattutto), anche essiccati, di cui alla chiesa dell’Imbuti spetta la decima parte. Per salare questi pesci vi sono nelle vicinanze parecchi vivai, cioè dei luoghi vicino al mare in un lago stagnante, dove i pesci vengono catturati e subito dopo salati.

Il lago è appetibile anche per la cacciagione di anitre selvatiche, folaghe e altri uccelli, che giungono in questi luoghi sostandovi d’inverno, oltre che fonte lucrosa anche per pascoli adiacenti: l’intera Isola Varano e adibita al pascolo degli animali ovini, bovini, equini. Nei secoli XV e XVI i diritti di pesca sul Varano e i beni di Kàlena cominciano però ad essere contesi, dato che nuovi padroni – baroni di Vico e d’Ischitella vogliono appropriarsene.  Contese dei feudatari che cessano finalmente con le leggi eversive della feudalità, allorché ai pescatori viene restituito il diritto di pesca.

TRA 1700 E 1900. Nel catasto onciario 1750, voluto da Carlo III di Borbone re di Napoli, riguardo al soppresso convento di San Nicola dell’Imbuto, si legge: «Il venerabile convento soppresso di San Nicola dell’Imbuto sistente nel tenimento e giurisdizione di questa terra di Cagnano posseduto dai canonici regolari Lateranensi sotto il titolo di Santa Maria di Tremiti della grancia del convento del Carmine della terra di Vico rivela il parroco don Pietro Salvi abbate dei medesimi, come procuratore della medesima, la quale terra possiede in questa […] beni stabili, scoglio boscoso con terra lavoratoria unita con piscaria di Puzzacchio situata nel lido di esso Convento suppresso 6 miglia distante da questa terra alla terra del lago verso ponente, confinante col suddetto lago e difesa di San Giacomo e territorio di San Nicandro, rendita annua ducati 100 compresi li Puzzacchi, Palude e Porto, sono 383,10; Possiede una difesa boscosa tra San Nicandro e Cagnano detto San Nicola dell’Imbuti affittata ancora ad uso di manna e da far pece, che confina da levante col demanio d’Ischitella detto li titoli di Paolone, da tramontana col lido del mare di ponente, mezzogiorno e levante con terreno di questa terra, difesa di San Giacomo, lago Varano, e San Nicandro, la quale è stata compassata di carra 215 con l’assistenza di fra Marco Antonio da Milano procuratore di S. Casa secondo dal libro dell’apprezzo di rendita ducati 700 per l’erbaggi e il poi per la fida della mamma a ducati 300, che in tutto sono ducati 1000 iuxta la liquidazione fatta cifra, che ne ricava annui once 3333.10; Possiede terre seminative alli Coccioliti passa 25, all’Aria piccola passa 30, all’Aria grande passa 38, alla Vadicocca passa 29, alla Vadiorlando passa 60, alla mezzana del Punito versure 2, a Vadivina passi 30; in tutto [d’industrie e di beni]once 3848.20».

Dal catasto murattiano del decennio francese, apprendiamo che il Convento soppresso san Nicola dell’Imbuti, possiede 4300 versure allocate nella Difesa di Ponente, corrispondenti ad una rendita imponibile di ducati10320 [tra le più elevate]. Quando la badia di Tremiti cessa la sua agonia,  la Difesa di San Nicola Imbuti in tenimento di Cagnano Varano passa nelle mani dello Stato, per essere poi comprata da Giacomo e Francesco Forquet, domiciliati in Napoli Via Roma già Toledo, n° 185.

Nel primo decennio del XX secolo l’area di San Nicola diviene demanio Marittimo e della Difesa dello Stato, che destina la zona prospiciente il lago ad l’idroscalo, per contrastare gli attacchi aerei provenienti dalla marina austriaca, appostata a Cattaro, sulle sponde della Iugoslavia, mentre i terreni adiacenti – cessato il conflitto- passano in mano a privati e/o usurpatori.

 

MEMORIE DI GUERRA DALL’IDROSCALO (LAGO DI VARANO 1915-18) «Avevo sette o otto anni quando, recandomi con la mia famiglia in gita al lago di Varano (…) mi accorsi per la prima volta della presenza di due idroplani abbandonati sull’acqua. Ricordo distintamente quel giorno. Credo fosse maggio quando sbarcammo proprio in vicinanza dello scivolo di cemento lungo il quale si muovevano gli idrovolanti prima di immettersi nell’acqua e prendere il volo. La giornata era splendida: il lago pacato e azzurro come spesso non si vede. I due aerei sulla sponda, in parte addossati ai canneti, mi parvero come due poveri uccelli feriti in attesa della morte (…)». È così che Maria Antonia Ferrante intraprende il suo viaggio nei ricordi, recuperando e restituendo alla memoria eventi della prima guerra mondiale, dipinti liricamente e sapientemente nella sua opera Memorie di guerra dall’idroscalo, edita a cura de Il Rosone di Foggia. Sin dall’inizio sono presenti tutti gli ingredienti, in primo luogo la vera protagonista: la laguna di Varano coi suoi ritmi cadenzati dal vento- così come dichiara l’autrice. In particolare l’area di San Nicola Varano con le sue palazzine oggi invase dalle erbacce incoltegli spaziosi saloni in cui da bambina saltellava e dai quali ascoltava distrattamente i commenti materni riguardo al suo papà, il dott. Donataci, medico sanitario dell’idroscalo. La passione e l’interesse verso i luoghi della sua infanzia, l’ansia della ricerca, la spinta a documentarsi, la voglia di dare senso a quegli edifici senza vita hanno costituito il movente, ed ecco che con Memorie dall’Idroscalo…   la vita riprende nel complesso di San Nicola Varano, per lungo tempo dimenticato. Un testo dalla sintassi lineare, dalla lettura piana, scorrevole, invitante, arricchita da metafore e analogie volte a dare un certo cromatismo e liricità agli eventi, un testo intercalato da diversi feed back, un andare indietro dell’autrice, con digressioni e riflessioni volte a recuperare storie, tradizioni, curiosità locali, impreziosendolo.

La trama, incentrata sulla vita e sugli eventi del contingente di militari stanziati su S. Nicola, oscilla pertanto tra i dati recuperati in archivio e altre pubblicazioni e l’immaginazione fervida e creativa della narratrice. Gli edifici si animano ed entrano in azione il conte Ghe, il tenente di vascello Ivo Monti, il duca T. de Revel… con la loro quotidianità. Un insieme di militari che fa gruppointenzionalmente orientato verso finalità convergenti, unendo le forze individuali per realizzare lo stesso scopo. Un insieme di uomini che porta ordine in San Nicola Imbuti. Tre anni e più, dalla seconda metà del 1914 al 1918 della permanenza di un notevole numero di persone militari e civili, impegnati a rendere vivibile lo spazio circostante. Tre anni per bonificare le paludi, per combattere la ferale malaria, per approvvigionarsi d’acqua, per attendere all’ultimazione degli alloggi, per perlustrare la zona nemica. Tre anni e più per vedere infine il villaggio completo, suddiviso in spazi razionali e autosufficienti: dai dormitori alle sale d’intrattenimento, dai refettori alle cucine, dall’infermeria agli hangar, alla palestra. Tre anni brillantemente recuperati dalla Ferrante, restituendo alla memoria ciò che rimane di questo complesso, ciò che non aveva alcun segno di vita.

L’autrice, da narratrice, psicologa e psicoterapeuta qual è, ha saputo  bene coniugare il linguaggio della storia con quello dell’immaginazione, un’immaginazione che le ha consentito di allontanarsi dalla realtà, non per fuggire da essa, ma per meglio interpretarla alla luce dei sentimenti più reconditi dell’animo umano, consegnandola in pagine intense e dense, che appassionano chi ama riandare nei ricordi e nelle fonti d’archivio, alla ricerca del proprio passato. L’immaginazione della Ferrante le ha consentito, inoltre, di declinare la storia nazionale con quella locale, di ricostruire le paure, le passioni, i sentimenti degli ufficiali, che hanno sofferto non poco in un luogo al tempo non molto ospitale per via della malaria, ma anche per le scarse relazioni umane. Sottolinea pure l’autrice i rapporti intrecciati con le comunità locali, le loro passeggiate a Rodi, Carpino, a Vieste… la storia di Giovannina… dati affiorati dai documenti, stemperati dall’immaginazione e dalla capacità narrativa dell’autrice. Maria Antonia Ferrante è entrata nei cuori dei marinai, leggendone la dedizione alla patria, le sofferenze, le incertezze, la morte in agguato, tipica di ogni periodo bellico, allorché – come ben dice Ungaretti- si sta come d’autunno sugli alberi le foglie.

Opera interessante anche per le digressioni sulla storia locale del tempo: il dibattito sulle ferrovie elettriche, le prime ansie del Gargano legate agli uomini politici dell’epoca che cercavano una dignitosa collocazione nella storia del Mezzogiorno (i Fioritto, i Zaccagnino…), opera importante,  utile ai giovani lettori, bisognosi di riandare al passato, per meglio comprendere il presente e progettare il futuro con maggiore consapevolezza, per ancorarsi al contesto.

L’IMBUTI: QUALE FUTURO? Ai primi anni del XXI secolo risale il progetto della STU, società di trasformazione urbana, intenzionata a realizzare un villaggio turistico, utilizzando anche una notevole parte del Puzzone, progetto che attualmente vive una probabile una fase di ripensamento.

È giusto ribadire con voce forte e chiaro che gli edifici dell’ex idroscalo intestato a Ivo Monti vanno restaurati, per non cancellare questo luogo che è nella memoria dei cagnanesi e degli italiani; ritengo, inoltre, opportuno che l’operazione debba essere funzionale anche all’occupazione, di cui i cittadini sono tanto bisognosi; vorrei aggiungere infine che, come cittadina di Cagnano, sarei molto dispiaciuta se le tracce dell’ex monastero venissero cancellate, mentre riportando questa e altre celle all’antiche fattezze, inserendole in un percorso turistico culturale-religioso, per cellas cassinenses, potrebbero concorrere alla crescita culturale ed economica del Gargano.

SOLO UN IMPEGNO COLLETTIVO PUO’ SALVARE SAN NICANDRO

0

Un augurio a tutti i sannicandresi, a tutti i vostri lettori e a tutti quelli che hanno a cuore la nostra città che ha solo bisogno di essere amata di più e a cui tutti devono rispetto e tanta attenzione. Cerchiamo di parlare sempre meno del passato per occuparci sempre più del futuro perché chi continua a parlare del passato non ha coscienza del domani. Il passato rappresenta esperienza finita, ora dobbiamo solo crescere sotto tutti i punti di vista ed essere tutti protagonisti della bellezza del domani. Ecco, parliamo solo della bellezza, di quella del decoro urbano, della cultura che non viene considerata, di quanto potrebbe essere bello il nostro territorio se solo l’amministrazione comunale pensasse a valorizzarlo insieme con gli imprenditori locali che sono, a volte, restii ad investire. Il futuro ci presenterà nuovi temi da affrontare magari anche con protagonisti nuovi della vita pubblica. Ed allora occorre il dialogo comune per la costruzione di un percorso di crescita collettiva. Non fare della normalità un fatto eccezionale, ma produrre fatti eccezionali per l’eccellenza del nostro territorio. Solo un impegno collettivo può salvare San Nicandro, le individualità sono come quei botti di capodanno appena passato che, dopo tanto rumore, si dissolvono per terra nella indifferenza di tutti. Buon 2016.

COMIZIO DI “RINASCITA CITTADINA”

0

Pubblico comizio in Piazza D. Fioritto della lista civica “Rinascita Cittadina”. L’appuntamento è per sabato 9 gennaio, alle ore 17:30. Tema da affrontare: “Sul Municipio tutto tace, come mai?”. Interverrà il responsabile politico della Lista Antonio Gambuto.

TRAGEDIA A SAN NICANDRO, MUORE ANZIANO PER INCENDIO IN CASA

0

La notte scorsa è divampato un incendio in una abitazione di via Cavalli a San Nicandro. La causa del rogo sono state le scintille del camino lasciato acceso che sono finite sul materasso. La stanza è stata invasa dalle fiamme provocando la morte di Nazario D’Apote di anni 75. Il fumo e le esalazioni sono state fatali per l’anziano. Sul posto si sono succeduti gli interventi del 118, i vigili del fuoco e i carabinieri della locale stazione.

BUON ANNO A TUTTI DA CIVICO93

Buon Anno a tutti dalla Redazione e da tutto lo staff di  CIVICO93

GATTA (FI) CONTRO LA CHIUSURA DEL RIORDINO OSPEDALIERO

0

“Sul piano di riordino ospedaliero non siamo disposti ad arretrare di un millimetro, noi dell’opposizione. Ma a questo punto, non possiamo sottacere che il presidente Emiliano non solo non goda della fiducia del centrodestra, ma neanche di quella della sua stessa maggioranza, che ha fatto barricate contro il piano. Un piano scellerato dalle conseguenze devastanti: chiudere l’ospedale di Manfredonia, per esempio, vuol dire contare le vittime che, a seguito di un infarto o altra urgenza, non avranno il tempo di raggiungere San Giovanni Rotondo per salvarsi”. Lo dichiara il vicepresidente del Consiglio regionale, Giandiego Gatta. “L’ospedale di Manfredonia –prosegue- serve un bacino di 100 mila abitanti, in un territorio la cui morfologia rende gli spostamenti particolarmente complicati. La responsabilità politica di chi si intesta questa scelta sarà amarissima e non vorremmo arrivare al punto di rimpiangere Nichi Vendola… Emiliano sappia che abbiamo avuto, fino ad ora, un atteggiamento costruttivo sui temi più importanti (benché la Giunta non abbia operato granché). Ma se dovesse decidere di insistere su questa linea –conclude Gatta- senza tagliare prima gli sprechi utili al suo centrosinistra per ragioni elettorali, troverà un’opposizione durissima. Perché significherebbe calpestare i diritti e la vita dei cittadini”.

IL GUSTO GARGANICO

0

Il Gargano è terra di mille sapori e di mille profumi, che ha in sé tantissime primizie frutto di una natura eccezionale e dalla tradizione contadina, capace di confezionare piatti tipici di rara bontà.

Ed è proprio a tavola che scopriamo una parte della bellezza di questa terra meravigliosa. I piatti del Gargano raccontano di una storia dedicata alla pastorizia, all’agricoltura e alla pesca.

Il Gargano è una terra ricca di odori e di spezie profumate che arricchiscono ogni piatto. Non a caso passeggiando o percorrendo in macchina il territorio, soprattutto nelle vicinanze di Mattinata è possibile imbattersi in enormi macchie di capperi. Le piante crescono nel periodo che va da maggio a settembre anche in maniera spontanea tra le rocce che si affacciano sul mare e a ridosso dei muretti a secco. Il frutto viene raccolto a mano e successivamente curato con un abbondante quantità di sale marino e conservato in salamoia. I capperi garganici crescono in maniera particolare nella zona di Mattinata e sentono i benefici della terra e del sole che li bacia. Nel percorso che ci porta alla bellissima Monte Sant’Angelo possiamo trovare numerose erbe selvatiche, che possiedono in sé un odore fresco e balsamico. La Montagna del Sole ci offre due spezie che arricchiscono numerosi piatti della tradizione: il rosmarino e l’origano. Il primo viene impiegato per dare sapore alle patate, alle focacce e ai piatti di carne, mentre il secondo dà un tocco in più alle pietanze sia estive che invernali.

La grande varietà di erbe e fiori balsamici permette la produzione di un miele di assoluta qualità, chiaro e trasparente nel colore, impreziosito da timo e rosmarino. Il miele dai tanti gusti, con una prevalenza per quelli che rappresentano gli agrumi con un retrogusto solitamente di eucalipto o di acacia.

Nel periodo primaverile possiamo trovare nella macchia garganica gli ottimi asparagi. Questi ultimi vengono raccolti appena spuntati dal terreno e vengono lessati. Rappresentano uno dei piatti della tradizione contadina e vengono conditi semplicemente con olio extravergine di oliva o impiegati con uova o come contorno alla carne. Un’altra specialità della zona è sicuramente la rucola, dal sapore amarognolo, che viene utilizzata per le insalate, per le bruschette e talvolta anche per le focacce. Sempre in primavera possiamo trovare nella macchia garganica il finocchietto selvatico. Altre colture che ‘arricchiscono’ una cucina estremamente povera ma molto saporita nel gusto sono la cicoriella e la bietola selvatica.

Un’altra delizia che la Montagna del Sole ci regala è data dalle mandrie di vacche podoliche, che pascolano tra i boschi. Dal loro latte nasce la produzione del caciocavallo podolico, un formaggio di antichissima tradizione, dal profumo e dal gusto intenso, dalla diversa stagionatura. Il Gargano è una terra che produce formaggi di eccellenza come le scamorze e le mozzarelle in caseifici storici. Oltre alle vacche podoliche, un altro animale importante è la capra, che in primavera dà vita alla produzione di un’eccezionale ricotta da gustare possibilmente su una fetta di pane di Monte Sant’Angelo.

Il viaggio a tavola ci consegna spaccati di storia di un popolo dedito all’agricoltura e alla pastorizia, che fa dei prodotti della terra un tesoro prezioso, che arricchisce i piatti dei tanti turisti. (teleradioerre)

PREZZI: NEL 2015 FORTE CALO GPL, GASOLIO E AUMENTI PER FRUTTA E VERDURA

0

Secondo un’analisi realizzata dall’Ufficio studi della CGIA, nel 2015 i prodotti che hanno registrato la riduzione di prezzo più importante sono stati Gpl auto e metano (- 17,8 per cento), il gasolio per l’autotrazione (- 12,3 per cento), il gasolio per il riscaldamento (- 11,8 per cento), i computer, i palmari e i tablet (- 11,7 per cento), i cellulari (- 10,1 per cento) e la benzina (- 9,8 per cento).

Per contro, invece, i rincari più importanti hanno interessato le arance (+ 10,8 per cento), la verdura fresca (+9,7 per cento), la fornitura d’acqua (+9,3 per cento), i frutti a bacca, come le fragole e l’uva (+8,9 per cento), la raccolta delle acque di scarico (+ 8 per cento), altri agrumi diversi dalle arance (+7,4 per cento) e l’olio d’oliva (+6,1 per cento).

Il calo dei prezzi dei prodotti energetici è avvenuto a seguito della forte contrazione registrata quest’anno dal costo del gas e, in particolar modo, del petrolio. La media del Brent nell’intero 2015, ad esempio, è stata pari a 53 dollari/barile rispetto ai 99 del 2014. Si pensi che l’andamento delle quotazioni internazionali delle fonti di energia ha consentito un calo del 22 per cento della nostra fattura energetica nazionale, passata dai 44,6 miliardi di euro del 2014 ai 34,7 miliardi del 2015.

I forti rincari registrati dai prodotti ortofrutticoli, invece, sono ascrivibili ad alcuni aspetti. Se da un lato le condizioni meteo e la siccità hanno messo a dura prova tutto il settore della frutticoltura, diminuendo la produzione di alcune specie chiave, dall’altro il forte caldo estivo ha spinto all’insù la domanda di frutta.

CONFERENZA STAMPA FINE ANNO DI MICHELE EMILIANO

0

“Questi primi sei mesi di governo della Regione Puglia sono stati davvero straordinari, durissimi ma anche pieni di auspicio per il futuro”. Così il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano intervenendo questa mattina in occasione della conferenza stampa di fine anno, insieme con gli assessori e lo staff della presidenza. “Abbiamo dovuto affrontare – ha proseguito Emiliano – questioni molto complesse di natura ambientale, organizzativa e finanziaria. Abbiamo dovuto difendere la bellezza del nostro mare, della nostra terra, abbiamo dovuto difendere posti di lavoro e fare proposte per rilanciare la produzione industriale, agricola, per rilanciare il turismo e il commercio. Abbiamo ottenuto risultati interessanti dal punto di vista dell’incremento occupazionale, insieme a tutto il paese sia ben chiaro non certo per merito esclusivo della Regione Puglia ma certamente l’attività di sostegno fatta negli anni, e proseguita in questi sei mesi, nei confronti del sistema delle imprese, ha consentito di rafforzare la speranza di uscire dalla crisi in fretta e bene. Questo è lo scopo fondamentale del nostro compito, quello cioè di assicurare alle giovani generazioni la possibilità di prendere in mano il loro destino e di proseguire quello che noi siamo riusciti a fare”.

Emiliano si è soffermato sulle criticità: “Abbiamo anche di fronte alcune minacce che si chiamano Xilella, carbone, pm10, smog, disoccupazione e sanità non ancora efficiente. Ci stiamo concentrando moltissimo su questi obiettivi”. “Vorrei ringraziare – ha aggiunto il Presidente – tutti i cittadini per come si stanno ponendo di fronte all’amministrazione, in termini cioè sempre collaborativi, critici e aperti. Devo ringraziare anche tutti i miei collaboratori a partire dagli assessori e dai dirigenti. Ma a dir la verità, vorrei dire un grazie a tutti i pubblici dipendenti della Puglia, quelli dei comuni, quelli delle scuole, della sanità, un grazie sentito perché stanno riuscendo a fare il loro dovere anche in presenza di scarsità di mezzi”.

Infine gli auguri di Emiliano ai pugliesi “perché siano intelligentemente solidali tra loro” perché tutto viene affrontato meglio se “questa solidarietà è forte, autentica e fondata su antiche regole, quelle del rispetto della educazione reciproca e quella dell’amore vero e proprio che rende più facile ogni cosa nella vita quotidiana e, nella prospettiva, ci dà il senso profondo delle cose che facciamo. Auguri dunque di buon anno a tutti i pugliesi e a tutti gli italiani, perché la Puglia si sente italiana e si sente legata agli obiettivi che l’Italia vuole sostenere”

DAL 1° GENNAIO SCATTA L’OBBLIGO DEL DIFIBRILLATORE PER LE SOCIETA’ SPORTIVE

Dal 1 Gennaio 2016 tutte le società sportive avranno l’obbligo di dotarsi di defibrillatori. Infatti la Legge n.189/2015 ha stabilito che “al fine di salvaguardare la salute dei cittadini che praticano un’attività sportiva non agonistica o amatoriale”, le società sportive abbiano l’onere della dotazione del defibrillatore e della sua manutenzione, prevedendo la possibilità di un acquisto congiunto, nel caso in cui più società operino in uno stesso impianto sportivo.

San Nicandro non dovrebbe avere problemi in quanto il Lions Club San Nicandro Garganico “Enzo Manduzio” ha donato al nostro comune nel 2013 un defibrillatore proprio per essere utilizzato per gli avvenimenti sportivi e, da quanto si apprende, è già utilizzato durante le partite di calcio la campo sportivo.