NOTIZIE DALL’ITALIA. SE DI BATTISTA SVELA IL COMPLOTTO SUL FRANCO CFA

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Alessandro Di Battista è ufficialmente di nuovo attivo sulla scena politica. Benché da esterno ai palazzi, come tiene costantemente a specificare. Ha concesso una lunga intervista a Fabio Fazio a Che tempo che fa (Rai 1), in cui ha espresso la suo visione su molte questioni affrontate dal governo gialloverde. Tra cui le migrazioni, tema tristemente tornato sulle pagine dei giornali di questi giorni. Ha fatto qualche dichiarazione originale e inedita sulla sovranità monetaria in Africa, individuando nella sua mancanza uno dei principali motivi dei flussi migratori verso l’Europa:

“Attualmente la Francia, vicino Lione, stampa la moneta utilizzata in 14 paesi africani, tutti i paesi della zona subsahariana. I quali, non soltanto hanno una moneta stampata dalla Francia, ma per mantenere il tasso fisso, prima con il franco francese e oggi con l’euro, sono costretti a versare circa il 50 per cento dei loro denari in un conto corrente gestito dal tesoro francese … Ma soprattutto la Francia, attraverso questo controllo geopolitico di quell’area dove vivono 200 milioni di persone che utilizzano le banconote di una moneta stampata in Francia, gestisce la sovranità di questi paesi impedendo la loro legittima indipendenza, sovranità fiscale, monetaria e valutaria, e la possibilità di fare politiche economiche espansive”

Detto questo, ha strappato la banconota facsimile da 10 mila franchi Cfa (la valuta a cui si riferisce) sostenendo che finché non saranno tolte queste manette all’Africa il problema delle migrazioni non si risolverà mai.

È già stata individuata la mancanza di correlazione tra migrazioni e appartenenza all’area monetaria Cfa. Spieghiamo ora come mai ciò che ha detto Di Battista sulla sovranità dei paesi africani è una storiella distorta che punta a ingannare chi non è informato sul tema.

Cos’è il franco Cfa. La valuta chiamata in causa dall’esponente 5 stelle è il franco Cfa, ossia il franco della Comunità finanziaria africana. Indica due valute comuni a 14 paesi africani: Camerun, Ciad, Gabon, Guinea equatoriale, Repubblica centrafricana, Repubblica del Congo, Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea-Bissau, Mali, Niger, Senegal e Togo. Questo stati fanno parte della cosiddetta zona franco, ossia un insieme di territori dove sono utilizzate valute in passato ancorate al franco francese e che oggi invece sono legate all’euro da un sistema di cambi fissi garantito dal tesoro della Francia.

I paesi che adottano il franco Cfa sono perlopiù ex colonie francesi, eccetto la Guinea equatoriale e la Guinea-Bissau. Alcuni di questi stati fanno parte della Uemoa, ossia dell’Unione economica e monetaria ovest-africana, mentre gli altri fanno parte della Cemac, la Comunità economica e monetaria dell’Africa centrale. Ad oggi il franco Cfa indica quindi sia la moneta della Uemoa (Xof) che quella della Cemac (Xaf).

Il valore della moneta è lo stesso nelle due aree (anche se non sono intercambiabili), la distinzione è dovuta al fatto che l’emissione è affidata a due istituti diversi: per la Uemoa l’istituto emittente è la Banca centrale degli stati dell’Africa dell’Ovest, mentre per la Cemac è la Banca degli stati dell’Africa centrale. Non è vero, dunque, che la Francia stampa moneta per conto di questi stati. Questi fanno parti di due aree economiche e monetarie con banche centrali proprie e che emettono il loro conio.

Comunque, è bene aggiungere che dove sono stampate le banconote è una questione irrilevante. La stampa di banconote richiede tecnologia, e molti paesi che hanno una propria moneta, tra cui anche alcuni paesi africani, se la fanno stampare all’estero. Persino una piccola porzione di banconote in euro è stampata all’estero, nel Regno Unito. I paesi importano poi banconote al costo di produzione e le loro banche centrali poi le emettono al valore facciale. La stampa e l’emissione di banconote sono quindi due cose diverse.

Il legame con la Francia ha un’altra natura, ed è dato da un sistema di cambi fissi. Tale sistema è stato ideato nel 1948 per evitare a questi paesi un impoverimento generalizzato a causa del deprezzamento in cui incorse il franco francese, moneta allora usata nelle colonie, dopo la seconda guerra mondiale. Si è poi lasciato invariato il meccanismo per assicurare una stabilità monetaria a questi paesi che sono tutt’ora in via di sviluppo. L’agganciamento a una moneta forte infatti riduce quasi completamente il rischio di fluttuazioni del cambio, che potrebbero avere effetti negativi sull’economia reale e sui consumatori, tramite la variazione del valore di esportazioni e importazioni, ma anche sugli istituti finanziari che, soprattutto nei paesi meno sviluppati, sono perlopiù indebitati in valuta estera. Si può ovviamente discutere del regime di cambio migliore per questi territori. Il tasso di cambio fisso è stato introdotto in un momento di disordine dei mercati valutari ed è stato poi mantenuto per permettere a questi paesi di svilupparsi potendo contare su una valuta stabile. Le alternative al sistema corrente esistono e la discussione è aperta da tempo.

Con l’introduzione dell’euro è cambiata solo la moneta a cui il franco Cfa è ancorato (1 euro è pari a 655,957 franchi Cfa). Infatti, è sempre il tesoro francese ad assicurare la piena convertibilità, e non la Banca centrale europea.

Come funziona un sistema di cambi fissi. In un sistema di cambi fissi il tasso di cambio della moneta nazionale verso le valute straniere è stabilito dall’autorità monetaria nazionale, tipicamente la banca centrale. Tale istituto si impegna ad acquistare o a vendere valuta straniera per garantire la stabilità del tasso di cambio. In un meccanismo di questo tipo, il tasso di cambio può essere modificato soltanto a seguito di una decisione della banca centrale, la quale può aumentare o ridurre il valore della valuta nazionale tramite le operazioni apposite di rivalutazione o svalutazione.

Nel caso del franco Fca, è la Francia a garantire la piena convertibilità in euro, quindi è il suo tesoro ad agire sui mercati valutari affinché il tasso di cambio rimanga invariato. Si tratta di un onere per le riserve della banca centrale francese, che, in cambio, ha richiesto che le due banche centrali africane depositino una quota delle loro riserve in valuta estera presso il tesoro, in un conto di trading aperto a loro nome. Questa quota è stata ridotta dal 65 per cento al ​​50 per cento dal 2009. Ogni politica di tasso di cambio fisso, infatti, richiede una riserva di valuta estera (in questo caso, l’euro) a garanzia. E le riserve in valuta estera si possono tenere soltanto in banche commerciali dell’area valutaria di riferimento oppure nella sua banca centrale. I paesi del franco Cfa tengono quindi una percentuale di riserve presso il tesoro francese, che in cambio garantisce la convertibilità del franco Cfa in euro e offre una linea di credito nel caso di azzeramento delle riserve.

Dire quindi che “gli stati africani sono costretti a versare la metà dei loro denari” al tesoro francese è impreciso, perché si tratta solamente di metà delle riserve in valuta straniera delle banche centrali. In un conto che oltretutto corrisponde interessi. Si tratta comunque di una cifra piuttosto contenuta: i depositi sono pari a circa 7 mila miliardi di franchi Cfa, poco più di 10 miliardi di euro.

Ma per come l’ha messa Di Battista, sembra quasi che gli stati africani siano costretti a versare metà delle loro risorse come tassa verso l’ex colonialista.

Bisogna anche ricordare che questi 14 stati africani non sono costretti a tenere la loro valuta ancorata all’euro e la Francia incoraggia la discussione. Tant’è che il presidente francese Emmanuel Macron, durante una visita in questi territori, ha proposto di rivedere le condizioni di ancoraggio e addirittura di abolirlo, se questi paesi ne avessero fatto richiesta. Ma nessuno si è pronunciato in questo senso.

Il verdetto. Di Battista ha lanciato un’accusa forte alla Francia, ossia quella di aver ammanettato la sovranità economica di 14 stati africani. Un’accusa imbevuta di insolite teorie complottiste, come quella delle banconote stampate in Francia con relativa confusione tra stampa ed emissione, di esagerazioni, come il versamento di “metà dei loro denari” nelle grasse casse dello stato francese, e di una narrazione fuorviante della realtà. La dichiarazione del leader pentastellato è quindi FALSA.

Mariasole Lisciandro (lavoce.info)