NAVE DICIOTTI, IL TRIBUNALE SU SALVINI: “OBBLIGO DI SALVARE LA VITA”

0
604

Abusò del suo potere sequestrando 177 persone e violò le convenzioni sul soccorso in mare. È per questo che il Tribunale dei ministri di Catania ha chiesto l’autorizzazione a procedere al Senato per il vicepremier. Matteo Salvini è accusato del reato di sequestro di persona aggravato “per avere, nella sua qualità di Ministro dell’Interno, abusando dei suoi poteri, privato della libertà personale 177 migranti di varie nazionalità giunti al porto di Catania a bordo dell’unità navale di soccorso “U. Diciotti” della Guardia Costiera italiana alle ore 23:49 del 20 agosto 2018″. Il vicepremier sapeva inoltre che a bordo c’erano minori non accompagnati.

“Illegittima privazione della libertà dei migranti”

“In particolare, il Senatore Matteo Salvini, nella sua qualità di Ministro  – si legge nel documento – violando le Convenzioni internazionali in materia di soccorso in mare e le correlate norme di attuazione nazionali (Convenzione SAR, Risoluzione MSC167-78, Direttiva SOP009/15), non consentendo senza giustificato motivo al competente Dipartimento per le Libertà Civili per l’Immigrazione – costituente articolazione del ministero dell’Interno – di esitare tempestivamente la richiesta di POS(place of safety) presentata formalmente da IMRCC (Italian Maritime Rescue Coordination Center) alle ore 22:30 del 17 agosto 2018, bloccava la procedura di sbarco dei migranti, così determinando consapevolmente l’illegittima privazione della libertà personale di questi ultimi, costretti a rimanere in condizioni psico-fisiche critiche a bordo della nave “U.Diciotti” ormeggiata nel porto di Catania dalle ore 23:49 del 20 agosto e fino alla tarda serata del 25 agosto, momento in cui veniva autorizzato lo sbarco. Fatto aggravato dall’essere stato commesso da un pubblico ufficiale e con abuso dei poteri inerenti alle funzioni esercitate, nonché per essere stato commesso anche in danno di soggetti minori di età”. “L’obbligo di salvare la vita in mare costituisce un preciso dovere degli Stati e prevale su tutte le norme e gli accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare. Le Convenzioni internazionali cui l’Italia ha aderito – sottolineano i giudici – costituiscono un limite alla potestà legislativa dello Stato e, in base agli art.10, 11 e 117 della Costituzione,

Capo immigrazione: “Fu bloccata catena di comando”

Tra gli atti inviati a Palazzo Madama c’è anche il verbale il capo del Dipartimento delle libertà civili e immigrazione del Viminale, il prefetto Gerarda Pantalone, proprio in merito alla mancata assegnazione del Pos alla Diciotti. “Il ministro dell’Interno non ha ancora formalmente comunicato il Pos (il porto sicuro, ndr.) e quindi tutta la catena di comando, dal centro verso la periferia, rimane bloccata in attesa delle determinazioni di carattere politico del signor ministro dell’Interno”. Nelle 53 pagine di provvedimento i giudici affermano che il centro di coordinamento dei soccorsi di Roma (Imrcc) ha avanzato al Dipartimento tre diverse richieste di Pos, il 15, il 17 e il 24 agosto. E ci sono state “rettifiche sospette” da parte dei prefetti del Viminale ascoltati dai magistrati.

Per accertare la “rilevanza penale” delle tre richieste, aggiungono, va preliminarmente stabilito quale di queste debba essere considerata “tipica”, vale a dire “idonea a fondare in capo al Dipartimento l’obbligo normativo di provvedere tempestivamente”. Secondo i giudici la prima, quella del 15, deve essere ritenuta “atipica”, dunque priva dei presupposti normativi. Diverso il discorso su quella del 17 che gli stessi protagonisti hanno definito ‘formale’. La definisce così, ad esempio, la stessa Pantalone quando fa riferimento “all’ordine ricevuto dal prefetto Piantedosi, capo di gabinetto del ministro dell’Interno e costantemente in contatto” con Salvini. “Il 17 agosto, intorno alle 22.30, Mrcc ha avanzato una formale richiesta di Pos…è stata girata al prefetto Piantedosi il quale ribadì che non poteva indicare un Pos e che occorreva attendere”. Parole confermate dal vicario del Dipartimento, il prefetto Bruno Corda, che in quei giorni era in servizio. “Il 17 agosto è pervenuta al mio ufficio una vera richiesta di Pos”. Corda informa anche lui Piantedosi e anche a lui il capo di Gabinetto dice “di attendere disposizioni…”.

Prefetti rettificarono dichiarazioni su richiesta del porto sicuro

Entrambi i prefetti però, dicono i giudici, sentiti nuovamente dal Tribunale dei ministri di Palermo il 25 settembre “rettificano le precedenti dichiarazioni, qualificando la richiesta di Pos del 17 agosto come ‘anomala’”. Una circostanza “alquanto peculiare”. E aggiungono: “al di là della ‘sospetta’ rettifica delle precedenti dichiarazioni da parte dei prefetti Pantalone e Corda, è convincimento di questo tribunale…che la richiesta del Pos del 17 agosto presentasse tutti i requisiti che giustificassero una pronta risposta da parte del competente Dipartimento del ministero dell’Interno”.  Dunque, concludono i giudici, “l’omessa indicazione del Pos” dopo la richiesta delle 22.30 del 17 agosto “da parte del dipartimento per le libertà civili e immigrazione, dietro precise direttive del ministro dell’Interno, ha determinato…una situazione di costrizione a bordo delle persone soccorse fino alle prime ore del 26 agosto (quando veniva avviata la procedura di sbarco a seguito dell’indicazione del Ps rilasciata nella tarda serata del 25) con conseguente apprezzabile limitazione della libertà di movimento dei migranti, integrante l’elemento oggettivo del reato ipotizzato”.

I giudici ritengono anche che vada “censurata la dichiarazione” del capo di gabinetto del ministro Matteo Salvini resa al Tribunale dei ministri sulla vicenda della nave Diciotti. Secondo Piantedosi, che era stato indagato dal Procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio per sequestro di persona, “nonostante la nave fosse ormeggiata al porto di Catania per numerosi giorni non avrebbe determinato alcuna violazione della convenzione SAR e dei susseguenti protocolli attuativi”. (ilfattoquotidiano)