“Curr’ curr’, va a chiam’ la mammana”. Vai a chiamare donna F’licett”. Frase che veniva puntualmente pronunciata da quasi tutte le partorienti alcune ore prima del parto. Erano gli anni del dopoguerra e la miseria si faceva sentire in molte case dei contadini e dei pastori. Tempi in cui la donna collaborava fattivamente con il proprio marito, nel lavoro nei campi. E si “riposava”, forse, qualche settimana prima di partorire. Una storia sociale che ci umilia ma al tempo stesso si ricorda come si nasceva in quegli anni. Come si preparavano le donne a vivere quel momento di una straordinaria esperienza di vita. Veniva assistita in casa dalla levatrice, “la mammana”. Ma chi era la levatrice? Ne avete mai sentito parlare? In passato infatti il parto era un momento molto delicato, sia per la madre sia per il bambino, perché presentava sempre elevati margini di rischio; frequente era la mortalità infantile e materna sia per la mancanza di strumentazioni adeguate sia per l’assenza di personale competente. La donna, al parto, era semplicemente assistita dalla levatrice, “la mammana”. La levatrice, chiamata in questo modo perché, era in grado di “levare” il neonato dal corpo della donna incinta, spesso era una donna anziana, amica della partoriente, che veniva chiamata dalle donne del paese per aiutarla. La levatrice non aveva un titolo di studio; era una donna che aveva imparato l’arte da sua madre, da sua nonna. Era una tradizione che le figlie delle levatrici, fossero esse stesse levatrici. Nonostante i rischi che comportava a quei tempi, il parto era un evento familiare, intimo. Una sacralità che ormai si è persa nel tempo. La levatrice in qualche modo entrava a far parte della famiglia in quanto non esauriva il suo compito al momento della nascita, ma ricopriva un ruolo importante anche durante la vita del bambino fungendo quasi da “nonna”. Oggi quella della levatrice è stata sostituita da una figura più emancipata, ma che avrebbe molto da imparare dalle vecchie mammane, chiamata ostetrica. Le nuove norme sulla figura dell’ostetrica/o stabiliscono il possesso della laurea e dell’iscrizione all’albo professionale. L’ostetrica assiste e consiglia la donna nel periodo della gravidanza, durante il parto e nel puerperio, conduce e porta a termine parti eutocici (che non richiedono interventi medici) con propria responsabilità e autonomia, e presta assistenza al neonato. Oggi l’ostetrica svolge la sua attività in strutture sanitarie, pubbliche o private, in regime di dipendenza o come libero professionista. Opera nei consultori pubblici e privati, dove oltre a essere un costante punto di riferimento per le donne, gravide e non, esegue visite in gravidanza, corsi di accompagnamento alla nascita, sostegno all’allattamento e segue la riabilitazione. C’è tanta voglia oggi di riscoprire quella naturalità del parto, ormai persa negli anni. Si sta negli ultimi anni diffondendo la tendenza tra le ostetriche alla libera professione e al ricorso del parto domiciliare. Certamente un ritorno al passato ma con una sicurezza maggiore: il parto a domicilio è una possibilità che richiede precisi criteri. Innanzitutto è necessaria l’assistenza di un’ostetrica. L’ostetrica è in grado di valutare le donne idonee per un parto domiciliare, valutare gli eventuali fattori di rischio, la vicinanza dall’ospedale e altri fattori. Tutto ciò perché da un lato deve essere rispettata la naturalità del parto ma dall’altra la salute della madre e del neonato devono rappresentare una priorità.
Michele Gismundo