LESINA E LE ANGUILLE DI FEDERICO II

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Anche “stupor mundi”, quel Federico II tanto caro alla terra di Puglia, amava le anguille di Lesina. I libri di storia narrano che l’imperatore arrivò il 28 febbraio 1240 a scrivere alla Curia di Foggia per richiedere il pesce fresco di Lesina da far preparare alla askipeciam (scapece) dal suo cuoco personale di nome Berardo. Nel mirino del genio, il capitone (ossia l’anguilla femmina già in età avanzata poiché tali animali rivelano il loro sesso diversi mesi dopo la nascita) di Lesina. Da mangiare con il procedimento della scapece, usato ancora oggi, per il pranzo di Natale, vale a dire friggere il pesce, per poi marinarlo con l’aceto e così il capitone è bello pronto per essere assaporato e gustato a tavola. Come ben si sa le anguille non sono soggette ad allevamento in quanto il loro ciclo vitale è assicurato da lunghe migrazioni. Ancor oggi i meccanismi di riproduzione dell’anguilla sono per certi misteriosi. Affascinante è invece il tragitto che tali pesci compiono per riprodursi. Per esempio il Lago di Lesina è un grande bacino in grado di espletare, grazie alle sue peculiarità, il ruolo di ottimo vivaio naturale per gli avannotti che alla fine di un lunghissimo viaggio dal Mar dei Sargassi, giungono nel mare Adriatico. Qui, imboccato il canale Acquarotta e la Foce Schiapparo, trovano quello che in gergo viene chiamato “habitat naturale”, ideale per crescere, anche grazie alla mistura di acque dolci e salate.

In tempi lontani la pesca dava risultati abbondanti, tanto che costituiva una fonte di primaria ricchezza per i pescatori del luogo. Oggi, a causa delle mutate condizioni del clima, le pescate non sono più miracolose come una volta, con il risultato di rendere tale pesce un cibo assai pregiato. Un tempo i capitoni, le grandi anguille femmine, costituivano un prodotto di lusso da esportare nei ricchi mercati delle più importanti città. Proprio per questo motivo, l’usanza di una volta voleva i capitoni esclusi dalla cucina povera di allora, la quale poteva contare solo sul pesce cosiddetto “di scarto”, ossia le anguille piccole, cioè i maschi. Ma grazie alla sagacia dell’uomo proprio da tale “scarto” è poi stato compiuto un piccolo miracolo gastronomico, con la creazione di un eccellente piatto tipico della zona, la minestra d’anguilla, che nella zona di Lesina può essere gustata in quasi tutti i periodi dell’anno. Grazie al Parco Nazionale del Gargano il 22 e il 23 dicembre in occasione di una manifestazione proprio sulle anguille, numerosi avventori, provenienti da tutta Italia, hanno così potuto scoprire le anguille di Federico II.

Nessun poeta, tranne Montale, ha mai dedicato una poesia all’anguilla, esaltandone le sue qualità, la sua vita avventurosa, il suo andare tortuoso e flessuoso, la sua capacità di vivere e ricercare, nel corso della sua lunga esistenza, ambienti e condizioni tra loro opposti.

L’anguilla, la sirena dei mari freddi che lascia il Baltico

Per giungere ai nostri mari, ai nostri estuari, ai fiumi che risale in profondo, sotto le piene avverse
di ramo in ramo e poi di capello in capello, assottigliati, sempre più addentro,…..

Questo misterioso animale che non attrae e non ispira sicuramente benevolenza a causa del suo corpo più simile ad un serpente che ad un pesce, presente in tutto il mediterraneo, può vivere in mare ma anche in acque salmastre, in acque dolci, come in caverne o pozzi. Anzi meglio, perché non ama la luce del sole. Se di giorno rimane nascosta tra i sassi ed il fango, col buio parte spietata alla ricerca di cibo. E così larve, insetti, vermi e piccoli organismi animali diventano la sua preda preferita. Insomma due anguille in fondo al pozzo lo tengono pulito da incomodi e sgraditi ospiti. Così almeno usavano fare le nostre genti quando gli acquedotti non raggiungevano tutte le contrade.

Una vita, quella dell’anguilla, avvolta dal mistero tanto che Plinio credeva si riproducesse nelle viscere della terra, dal fango. E invece sembra, e ci fa piacere credere, che questo animale, cresciuto negli stagni e nei laghi che comunicano col mare, che per anni ha conosciuto le acque tranquille dei laghi di Lesina o degli Alimini, decide di andarsi a riprodurre sapete dove? Nel mar dei Sargassi.

Si, in pieno oceano Atlantico. E dopo una traversata estenuante, ad una profondità di oltre mille metri, le femmine depongono le loro uova. Ed in quel posto, in quella zona di oceano, in quelle acque calde, pare migrino tutte le anguille per riprodursi depositando milioni di invisibili uova. Lentamente risalgono in superficie e poi, per chi sa quale mistero, le larve del ceppo americano si separano da quelle del ceppo europeo e ognuna raggiunge, portata dalla rispettiva corrente, il luogo degli antenati. No, non è una leggenda: non è mai stato trovato in Europa, dicono gli scienziati, un esemplare appartenente al ceppo americano né viceversa.

MINESTRA DI ANGUILLE

Ingredienti per 4 persone:

1 kg di anguille da circa 2 etti ciascuna

1 kg di cicorie di campagna

Un mazzetto di sedano selvatico

1 cipolla

4 pomodori

1 melanzana

1 zucchina

4 patate medie

4 pezzi di peperone

Un piccolo mazzetto di cime di rapa (se stagione)

8 cubetti di zucca rossa (se stagione)

Sale e peperoncino.

Eviscerare e tagliare le anguille in pezzi di circa 3 cm, adagiarle in una casseruola con circa 1 litro di acqua; salare e portare a ebollizione. Schiumare e aggiungere a strati tutti gli altri ingredienti (per i meno esperti è consigliabile togliere l’anguilla per poi metterla come penultimo strato, in modo da controllare la cottura), lasciando le patate per ultime (è un riferimento per la giusta cottura di tutta la minestra). Chiudere con un coperchio e lasciare cuocere per circa 30-35 minuti. Si serve bollente accompagnata da pane raffermo o tostato. (darapri.it)