Quando il celebre cartografo ed incisore tedesco Matthaus Greuter disegnò le conseguenze del violento terremoto con annesso tsunami che colpì la Capitanata, il 30 luglio 1627, non poteva immaginare che stava inventando l’infografica, modernissima tecnica con cui dati e concetti vengono rappresentati attraverso l’utilizzo combinato di testi, simboli ed immagini. Sta di fatto che gli esperti sono concordi nel ritenere che quella disegnata da Greuter sia la prima mappa sismica mai realizzata in Italia.
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La particolarità dell’opera sta nel fatto che quasi certamente Greuter fu testimone oculare dei danni provocati dal terribile sisma, forse perché era impegnato nei rilievi della grande Carta d’Italia che avrebbe disegnato tre anni dopo.
Il cartografo elaborò una vera e propria legenda dei danni, con quattro simboli per indicarli in ordine graduale: tutta rovinata distrutta; la magior parte rovinata; la metà rovinata; parte rovinata o danegiata. Particolarmente significativa e drammatica l’immagine del lago di Lesina che il cartografo indica come diseccato (disseccato), mostrando i pesci che balzano fuori dall’acqua.
Nel suo Historico Discorso Del Gran Terremoto successo nel Regno di Napoli, Nella Provincia Di Capitanata di Puglia, nel corrente Anno 1627, à dì 30 di Luglio à hore sedici, il filosofo e medico napoletano Giovanni Antonio Foglia descrisse quello che gli esperti hanno ritenuto un vero e proprio tsunami: «il mare della Riviera di Fortore, e di S. Nicandro se’ ritirò indietro due miglia, e poi uscì fuira li suoi confini altre due miglia».
Non meno terribile la descrizione del sisma di don Giulio Lucchini, in un manoscritto rinvenuto e trascritto da Mario Baratta nel suo Il terremoto garganico del 1627, in «Bollettino della Società Geografica Italiana», 1894.
«A 30 di luglio dell’anno 1627 – scrive Lucchini – s’udì muggire la terra non a guisa di un toro, ma di grandissimo tuono, chè non si saprebbe dar altra comparazione, ed appresso si vide ondeggiare la terra a guisa che sogliono l’onde nel maggiore agitamento del mare, in maniera che io ed i miei compagni fummo battuti da quell’impeto di faccia a terra, e, nell’alzarci si sollevò ondeggiando di nuovo la terra, e di nuovo caddimo: ma assai più la terza volta che ondeggiò con maggior rabbia […] Diede poi una scossa si grande e terribile verso Ostro, che rovino in un subito tutta la Città […] seguito poi lentamente il tremare e si vide ingombrata e coperta da una densissima caligine di polvere la Città e cosi si vide sopra Torremaggiore, San Paolo, Serra Capriola, Apricena e Lesina, con che diedero segno di loro rovina… La mattina seguente i terremoti erano veementi e continui. A San Severo non restò casa o palagio o tempio che non fosse guasto in tutto od in parte da si crudele rovina. Fatto con diligenza il numero dei morti, tra uomini, donne e fanciulli si trovò essere stato 800 in circa quello dei cittadini, senza il numero grande dei forastieri, e questo numero si poco dei morti fu perché, essendo il tempo dell’aja, la maggior parte degli abitanti si trovavano per la campagna continuavano e giorno e notte le scosse con spavento indicibile».
I sismologi hanno valutato l’entità della scossa attestandola all’11° dei 12 gradi della scala Mercalli (scossa catastrofica con distruzione di agglomerati urbani; moltissime vittime; crepacci e frane nel suolo; maremoto) collocando l’epicentro del movimento tellurico sulla terraferma tra San Severo e Lesina. Le vittime non furono 17.000, così come si legge sulla carta, ma 5.000, comunque un numero elevatissimo.
La gravità dell’onda anomala e dello tsunami generati dal conseguente maremoto è stata certificata dall’Euro-Mediterranean Tsunami Catalogue v2.0 (EMTC2.0) che lo definisce «molto forte» e così lo descrive: «Lungo la costa tra S. Nicandro e la foce del fiume Fortore, nei pressi del Lago di Lesina, il mare si ritirò di 2-3 miglia per poi inondare la costa e forse l’abitato di Lesina. Successivamente, alcuni pesci sono stati ritrovati lontano dal bordo del lago di Lesina che rimase prosciugato per molte ore a causa del ritiro del mare. I terreni bassi furono inondati. A Manfredonia le onde arrivarono fino al centro delle mura cittadine, a circa 2,5 m dal suolo. Alla foce del fiume Fortore si osservò un ritiro del mare di circa 90 metri».
Qui sotto potete guardare il filmato che racconta la preziosa mappa di Matthaus Greuter, custodita nella Biblioteca Apostolica Vaticana.
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Geppe Inserra