Descrizione sintetica del prodotto
In Puglia, tra le erbe spontanee eduli, la cicoria selvatica (Cichorium intybus L.) è, insieme ai grespini, la più conosciuta e ricercata. Sempre presente nell’alimentazione dei nostri avi, è rimasta nella memoria degli uomini di tutti i tempi e viene menzionata in proverbi, modi di dire, detti antichi, usanze, credenze popolari e poesie. La cicoria può essere considerata come l’”orologio floreale” in quanto i fiori si aprono a ore fisse e si chiudono circa cinque ore dopo; l’ora di apertura varia con la latitudine, mentre le foglie si allineano sempre verso nord. A questo proposito, Linneo usò la cicoria come uno dei fiori per il suo orologio floreale ad Upsala (Svezia), grazie alla regolarità in quella latitudine dell’apertura dei fiori, alle ore 5, e della chiusura, alle ore 10.Si rinviene comunemente in tutte le regioni italiane da ottobre ad aprile. Sono commestibili radici, foglie e fiori. È ricca di potassio e vitamina B2
Processo produttivo
La raccolta delle piante spontanee viene eseguita a mano con un coltello. Vengono selezionate le piante commestibili note che poi vengono mondate e lavate ripetutamente per eliminare i residui terrosi. I contadini, quando lavorano i campi, la mangiano cruda come “spincituru”, cioè companatico. Per le numerose proprietà attribuitele, veniva chiamata “chreston” (dalgreco “krestòs”, utile), nome rimasto ancora in uso nel Salento, dove viene chiamata ‘cicoriella cresta’. Si contano circa 100 ricette pugliesi a base di ‘Cicorielle’, tra cui la più famosa è senza dubbio ‘fave bianche e cicorie’, inserita tra i PAT pugliesi.
Storia e tradizione
Fin dalla prima metà del 1800 il professore di Agricoltura nella Regia Università degli Studi, Achille Bruni, ha riportato notizie sul consumo di una misticanza di erbe spontanee: «I campagnuoli e la gente povera raccolgone quest’erba (Beta cicla), la Sinapis hispida, la Sinapis pubescens, la Brassica fruticulosa, la Diplotaxis tenuifolia, il Sonchus tenerrimus, il Sonchus oleraceus, il Cichorium intybus, qualche altra pianta, e ne fanno il loro prediletto camangiare denominato volgarmente fogghie mischiate» (Bruni, 1857).
Nel libro “Puglia dalla terra alla tavola” (AA.VV., 1979), Domenico Pinto, nel saggio “I prodotti tipici della terra pugliese. Dalla produzione alla distribuzione” riporta questo: «[In Puglia alla semplicità della] tradizionale cucina a base di erbe spontanee (ruca, senape, cicoria, ecc.) [si è aggiunto il culto per la buona cucina]».
Nei registri di amministrazione del secolo XVIII delle monache cappuccine di Brindisi risulta tra le verdure consumate dalla comunità, almeno in due giorni alla settimana.
Sada nel libro “La cucina della terra di Bari” (1991) riporta questo: «In tutta la Puglia, lungo le vie di campagna e i luoghi incolti, si trovano le piccole piante del Chicorium intybus silvestre, varietà apulum. Sono di un bel verde cupo, dal sapore amarognolo, gradevole, stuzzicante, gustosissimo».
Il mensile locale Realtà Nuove di Mola di Bari ha pubblicato nel 1995 una guida al riconoscimento e ricette delle piante spontanee della flora molese: “I fogghie de fore” (la “e” in dialetto molese è muta). Lo stesso opuscolo riporta una serie di ricette con le ‘cicorielle’.