Forse non tutti sanno che a maggio di quest’anno la Farnesina ha presentato un’iniziativa di taglio innovativo per la promozione del c.d. “turismo di ritorno”: viaggi verso il nostro Paese di italiani ed italo-discendenti residenti all’estero, per riscoprire origini e storie familiari, territori di provenienza, tradizioni culturali, prodotti artigianali ed eno-gastronomia. Attraverso il “turismo delle radici” ci si propone di rafforzare i legami con l’Italia, contribuire alla crescita sostenibile delle realtà regionali, mobilitare risorse per la preservazione del patrimonio immobiliare, storico e culturale del nostro Paese in linea con l’azione promozionale svolta dalla Farnesina “vivere all’italiana”. Tale modello turistico può interessare un bacino potenziale stimato tra i 60 e gli 80 milioni italo-discendenti, che intendono ristabilire un contatto con il luogo di provenienza familiare e ritrovare un sentimento di appartenenza con i luoghi di origine.
Quindi il turismo delle radici rappresenta una straordinaria opportunità per aprire l’Italia a nuovi flussi di visitatori e per valorizzare luoghi e borghi italiani non ancora coinvolti dal turismo di massa.
Si tratta di turismo detto anche “genealogico” che è il è il turismo dei migranti e dei loro discendenti che tornano in vacanza nella terra d’origine. Per i migranti di prima generazione, ma anche per quelli di seconda e specialmente per chi vive fuori dall’Europa come a esempio in Argentina, tale viaggio assume un’importanza particolare che segna profondamente la loro esistenza. Non tanto i migranti di prima generazione, ma soprattutto i migranti delle seconde generazioni avvertono il bisogno di conoscere la terra d’origine della quale hanno sentito parlare a lungo attraverso i racconti dei padri e dei nonni. Il viaggio di ritorno è fondamentale per scoprire le proprie radici, per completare il loro percorso di vita e per sentirsi parte di una storia individuale e collettiva.
Il turismo delle radici rappresenta, pertanto, una straordinaria opportunità per aprire i tanti paesi dell’Italia a nuovi flussi di visitatori e per valorizzare luoghi e borghi italiani non ancora coinvolti dal turismo di massa. Connazionali e italo-discendenti sono del resto i primi consumatori dei prodotti locali, realizzati da artigiani e i cui ricavi vengono interamente riassorbiti dallo sviluppo dell’economia locale
Molte regioni si sono già attivate e molti città e paesi lo stanno già sperimentando anche perché la platea interessata è vastissima. Basta pensare che solamente negli Stati Uniti vi sono 50 – 60 milioni di discendenti di italoamericani, per non parlare poi dell’Argentina, dove 1/3 della popolazione è di origine italiana. Questo tipo di turismo, oltre a riscoprire l’appartenenza con i luoghi di appartenenza familiare, non è nemmeno soggetto alla stagionalità.
Si dirà che è sono iniziative difficile da percorrere. Giustissima osservazione solo per chi non ha voglia di progettare il futuro di una comunità. Ma per l’ente pubblico che vuole portarsi avanti in un futuro possibile, questo tipo di turismo rappresenta un tassello da inserire in una progettualità più ampia e completa che coinvolga tutto il suo territorio sia a breve che a medio e lungo termine.
San Nicandro ha bisogno di uscire dall’isolamento culturale e turistico in cui è stato imprigionato da tempo e se non si mettono in campo iniziative di strategia di marketing per rilanciare il territorio si fa un grosso danno all’economia locale con relativo spopolamento di una cittadina senza più giovani e senza più speranze.