IL REDDITO DI CITTADINANZA SECONDO L’OCSE

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L’ultimo Rapporto Ocse dà alcune indicazioni su come riformare il reddito di cittadinanza. L’obiettivo è costruire una misura in grado di coprire un numero più alto di persone in povertà, incentivare la ricerca di lavoro e migliorare l’inclusione.

Il Rapporto Ocse. Nelle ultime settimane si è riacceso in Italia il dibattito sulla riforma del reddito di cittadinanza. Vi hanno contribuito i nuovi dati sui percettori diffusi dall’Inps, il rapporto di monitoraggio pubblicato dalla Caritas, nonché l’ultimo rapporto Ocse sull’Italia.

Molti giornali hanno riassunto la posizione dell’Ocse sul reddito di cittadinanza con la frase “ridurre il sussidio per incentivare il lavoro regolare”. La posizione dell’Organizzazione sul tema è però più articolata, in quanto include non solo modifiche al Rdc ma anche all’Irpef, al bonus dipendenti e al sistema di trasferimenti alle famiglie. Le modifiche del reddito di cittadinanza non possono quindi essere estrapolate dal resto (perché tutte le componenti di reddito sopracitate interagiscono le une con le altre).

L’Italia ha fatto una serie di passi avanti rispetto alle riforme suggerite nel rapporto Ocse (2019). Ad esempio, si è proceduto al riordino delle misure di sostegno alle famiglie con figli mediante l’istituzione di un assegno unico. Inoltre, è stato istituito il programma nazionale Garanzia occupabilità dei lavoratori (Gol), stanziando fondi per complessivi 5 miliardi nel Piano nazionale di ripresa e resilienza al fine di potenziare le politiche attive del lavoro e di inclusione sociale rivolte, tra gli altri, ai percettori di Naspi, cassa integrazione e reddito di cittadinanza. Un piccolo passo avanti è stato fatto anche con le modifiche al bonus dipendenti in termini di maggiore importo e décalage meno rapido rispetto al reddito.

Rimane invece in cantiere la revisione del reddito di cittadinanza sul quale l’Ocse si è dunque nuovamente soffermata. La proposta di riforma del Rdc suggerita dall’Ocse include una serie di interventi organici.

Migliorare il “targeting”. La copertura del Rdc rispetto alle persone classificate come “povere” è bassa. In un recente contributo su lavoce.info, Di Nicola ha calcolato che solamente il 20 per cento dei poveri “relativi” è raggiunto dalla misura, mentre Baldini e Gallo nell’ultimo rapporto Caritas hanno mostrano che solamente il 44 per cento dei poveri “assoluti” beneficia del sussidio.

Su questo punto, l’Ocse suggerisce di ridurre l’importo del trasferimento per una persona sola (dove il rischio di povertà è inferiore e il trasferimento è tra i cinque più generosi dei paesi Ocse – si veda il marker quadrato della figura 1) aumentando i trasferimenti per le famiglie numerose (dove il rischio di povertà è maggiore).

Nello specifico, gli interventi suggeriti dall’Ocse sono i seguenti:

  1. la revisione della scala di equivalenza del Rdc, ovvero dei coefficienti che definiscono l’ammontare del sussidio al variare della numerosità familiare, attualmente particolarmente bassi e penalizzanti per le famiglie con più di tre componenti;
  2. l’istituzione di un assegno unico per le famiglie con figli caratterizzato da importi più alti rispetto ai programmi esistenti;
  3. l’introduzione di un “in-work benefit” con importi crescenti al crescere del numero di figli così da arginare il fenomeno dei “lavoratori poveri” (per i quali la numerosità familiare è una delle principali cause di povertà.

Si suggerisce inoltre di migliorare il targeting del Rdc mediante due ulteriori interventi:

  1. abbassare da 10 a 5 anni il requisito sulla residenza in Italia (quello attuale di 10 anni è il più restrittivo tra tutti paesi Ue, insieme a quello della Danimarca). Ciò consentirebbe a molti immigrati residenti regolarmente in Italia (ovvero una categoria con un tasso di povertà superiore alla media) di ricevere aiuto e poter partecipare ai programmi di riqualificazione professionale e di inserimento lavorativo rivolti ai beneficiari di Rdc;
  2. abolire la soglia di eleggibilità Isee di 9.360 euro che, insieme agli altri requisiti patrimoniali particolarmente alti rispetto agli altri paesi, finisce per escludere dal Rdc molti poveri di reddito ma che possiedono un piccolo patrimonio.

Incentivare la ricerca attiva di lavoro. Il reddito di cittadinanza non fornisce i giusti incentivi a cercare attivamente lavoro.

Il valore dell’Rdc si riduce proporzionalmente al crescere del reddito da lavoro, producendo aliquote marginali effettive pari al 100 per cento per livelli di reddito da lavoro fino a circa 12 mila euro annui (per questa tipologia familiare). In altri termini, tutto il reddito da lavoro guadagnato in questo intervallo è compensato da una riduzione di pari ammontare dei trasferimenti ricevuti, lasciando dunque il reddito disponibile della famiglia invariato rispetto al caso di completa assenza di lavoro. È quindi chiaro che in questo intervallo di reddito gli incentivi al lavoro siano modesti se non totalmente assenti.

Migliorare i programmi di attivazione e inclusione sociale rivolti ai percettori di Rdc. Un ultimo punto su cui si è dibattuto in seguito alla pubblicazione del rapporto Ocse è che “il numero di beneficiari che di fatto hanno poi trovato impiego è scarso”.

È un punto ben noto per chi si occupa di politiche attive, ovvero che molti percettori di assistenza sociale hanno caratteristiche occupazionali e problematiche personali (e familiari) tali da rendere molto difficile la possibilità di trovare lavoro.

La scarsa occupabilità dei percettori di prestazioni di assistenza sociale non è tra l’altro una particolarità italiana. La quota di occupati tra i percettori di prestazioni di assistenza sociale in Europa è appena del 23 per cento, una percentuale inferiore a quella dell’Italia (29 per cento) e superiore a quella di paesi come Germania (20 per cento), Svezia (11 per cento) e Finlandia (9 per cento).

Alla luce di ciò, è comprensibile che solamente una minima parte dei percettori di Rdc abbia finora trovato lavoro. Tuttavia, ciò non deve sminuire le inefficienze dei programmi di attivazione e inclusione sociale che hanno caratterizzato i primi due anni di avviamento Rdc. (la voce – Daniele Pacifico e Stefano Scarpetta)