Descrizione sintetica del prodotto
Pasta fresca simile agli spaghetti: rispetto a questi, sono più spessi e ruvidi con una forma, in sezione, che è una via di mezzo tra il tondo e il quadrato. Tale forma è dovuta all’utilizzo del “troccolaturo” (ndrocc’la), una sorta di mattarello munito di lame circolari. L’aspetto della pasta è giallo brillante per la presenza delle uova nell’impasto
Processo produttivo
Impasto a base di semola di grano duro, acqua e uova. Miscelare e lavorare gli ingredienti fino ad ottenere un impasto morbido, ma non appiccicoso, e far riposare per un’ora. Dividere l’impasto in piccoli pezzi e stenderli in una sfoglia spessa circa 3 mm. Passare il “troccolaturo” sulle sfoglie stese facendo un po’ di pressione per tagliare la pasta, quindi dividere delicatamente con le mani i ‘troccoli’ ottenuti. L’impasto può essere realizzato anche senza le uova.
Storia e tradizione
I nomi “troccolo” e “troccolaturo” derivano dal latino “torculum” (“torchio” o, in passato, “torcolo”), il quale a sua volta proviene dal verbo torquere (“torcere”). Il legame etimologico è più evidente a Cerignola, dove nella cucina locale i troccoli e il troccolaturo sono anche detti, rispettivamente, “torchi” e “torchio”.
Il troccolaturo è un utensile da cucina di antico uso in Italia. Nella sua “Opera dell’arte del cucinare”, pubblicata nel 1570, Bartolomeo Scappi già menzionava questo strumento sotto il nome di “ferro da maccheroni”, riportando un’incisione illustrante il modo in cui l’utensile appariva in quel tempo; era sostanzialmente un mattarello di metallo, materiale che venne gradualmente sostituito dal legno duro. Fonte: Pasta. The Story of a Universal Food (Serventi e Sabban, 2002).
A Foggia, capitale dei troccoli, essi vengono consumati principalmente con il ragù della domenica ma non è raro trovarli anche accompagnati ai funghi tipici del luogo o, sul Gargano, ai frutti di mare.