Il sogno di molte persone è avere una casa in campagna, anche piccola, con un orto da curare nel tempo libero, magari quando si va in pensione. Anche i giovani ne sono attratti sempre più. In fondo le campagne del nostro stivale seducono da anni anche gli stranieri che rimangono affascinati da paesaggi bellissimi, casolari, masserie, unici al mondo.
La stessa Puglia negli ultimi anni ha visto personaggi famosi italiani e stranieri investire in un immobile immerso tra gli ulivi dove rifugiarsi durante l’anno.
E il Gargano? Il Gargano purtroppo è fuori da questo circuito, non perché non meriti altrettanta attenzione, anzi. I paesaggi, le architetture rupestri, le masserie, l’eccezionale concentrazione di habitat diversi ricchi di specie rare di piante, di alberi plurisecolari, fanno dell’entroterra del promontorio uno dei posti più belli al mondo.
Chi abita nell’entroterra del Gargano e sta leggendo queste righe, intuirà subito il perché risulti un’eccezione, almeno per gran parte dell’Italia, vivere in campagna garganica. Sul Gargano, anche avere a disposizione un semplice “pagliaio”, quella costruzione di pietra di origini antichissime che caratterizza il paesaggio locale, è un’impresa non da poco. Vuol dire assumersi il rischio di non poterne mai fare uso, anche quando si tratta di una vecchia proprietà di famiglia a cui si è legati per motivi affettivi.
La mia professione di avvocato mi ha portato ad occuparmi di una vicenda emblematica che riguarda una controversia per il possesso di un immobile rustico e dell’annesso terreno agricolo (il classico “bosco” nell’accezione sammarchese), di proprietà di un signore di di San Marco in Lamis. Anche lui avrebbe tanto voluto godersi gli anni di pensione curando la proprietà appartenuta alla sua famiglia dall’800, immersa nel bel paesaggio della campagna tra San Marco in Lamis e Sannicandro.
Le porte del suddetto immobile vengono sottoposte a continui scassinamenti da parte di “ignoti”, con conseguenti danni ai locali. Quando, settimane fa, per motivi professionali, mi sono recato presso il “bosco” non solo ho potuto riscontrare nuovamente le porte scassate, l’ennesima occupazione abusiva dei locali ma anche la più brutta delle sorprese: ai lati dell’ameno rustico e dell’aia antistante c’era un vero ecomostro: un enorme container posto sopra il rimorchio di un camion, posizionato su materiale stabilizzante con rete elettrosaldata pronta ad essere cementificata.
Un’area di circa trenta metri quadri pronta a diventare la base per il controllo del territorio da parte dei soliti “noti”. Non solo. Cataste di legna, derivante da alberi tagliati abusivamente, grossi pneumatici e vasche di eternit in grave stato di degrado abbandonati nei prati, muretti a secco secolari abbattuti e massi demoliti per fare spazio al passaggio dell’ecomostro. Il tutto, ovviamente, in spregio di ogni norma a tutela dell’ambiente ed in pieno Parco Nazionale del Gargano e senza il consenso del proprietario mio assistito.
Si, perché l’ecomostro è solo il cavallo di Troia che serve ai signori del bosco per intimidire i piccoli proprietari delle case di campagna per fargli capire che è meglio sloggiare, che “qui i padroni siamo noi”. Si tratta di soggetti che posseggono ettari di terreni nelle vicinanze, imprese agricole e pastorali, che non avrebbero alcun bisogno di quel piccolo immobile o quel fazzoletto di terra. Loro hanno bisogno solo di affermare il loro potere.
Tutti sappiamo che questi episodi sono frequenti nelle nostre campagne. Chiunque sia proprietario di un “bosco” ha subito varie volte questo tipo di angherie, fino a cedere “bonariamente” l’uso dei suoi terreni ad uso pascolativo con la vana speranza di avere in cambio il godimento della casa di campagna, fino al successivo furto o danneggiamento (questi si, certi). O, alla peggio, di abbandonare ogni proposito bucolico e ritornare mestamente alla vita cittadina.
Questa è la situazione da tempo immemore nel nostro territorio e non ci sono Cacciatori di Puglia che, al momento, la possano far mutare.
E’ doveroso aggiungere che gli autori dei misfatti sono stati denunciati penalmente. Così come verrà intrapresa un’azione civile per chiedere i danni ai responsabili. Abbiamo scelto ancora una volta la strada della giustizia contro la sopraffazione. Ma sappiamo pure che è solo l’inizio di una serie di ritorsioni, minacce e danneggiamenti (già in corso).
Gli autori saranno perseguiti? Riuscirà il mio assistito e suoi figli e nipoti a godersi un giorno la proprietà di famiglia? I nostri bei “boschi” saranno un giorno liberi da queste ingiustizie? Qualcun altro avrà la forza di ribellarsi a questi soprusi?
avv. Michelangelo Lombardi