Nel cuore del Parco Nazionale del Gargano, per oltre 12.000 ha si estende la Foresta Umbra e, grazie proprio alla sua ricca vegetazione, è legata un’antica leggenda che vede protagonista una giovane e bellissima ninfa chiamata Gargara, la ninfa della Foresta.
“Uomini e bruti a lei si inchinavano felici di servirla pur di ottenere un sorriso, una carezza lieve e fuggevole. Fra i bruti vi era un satiro il quale, al solo scorgerla da lontano, veniva assalito da un tremito di desiderio, molte volte convulso, incontinente. Solo di questo satiro la fanciulla aveva paura e cercava di fuggirlo mentre il bruto sempre più insistentemente la cercava. Avvenne che in una notte d’estate, mentre Gargara dormiva distesa su un mucchio di foglie secche in una concetta di rocce, cullata dal murmure di una fonte vicina che giuliva cantava per la vallata profumata di muschio, il satiro, avvicinandosi all’acqua per dissetarsi, la vide e, in un desiderio pazzo, cercò di soddisfare le sue brame. La Foresta Umbra fu svegliata dalle urla della ragazza e fu un accorrere di essere umani e di fiere in difese di Gargara. Il satiro potette dirsi fortunato riuscendo a sfuggire alla loro ira, dileguandosi nell’ombra della notte e nell’intrigo dei tronchi. Ma giurò vendetta. Il padre Giove aveva un vecchio rancore con la madre di Gargara perchè, invaghitasi di un mortale, lo aveva preferito a lui nell’amore. Il satiro ne era a conoscenza e si rivolse al sommo Giove per essere vendicato. La supplica e la provocazione fu così insinuante nel ricordare al padrone dell’Olimpo lo smacco subito per essere stato posposto ad un misero mortale, che alla fine Giove cedette alla richiesta di vendetta del satiro. Fu allora che il capo degli dei, nella sua onnipotenza, trasformò Gargara in un giovane e rigoglioso acero che dal quel momento divennè l’albero del satiro che sui suoi rami si accovacciava, lo difendeva da chiunque volesse danneggiarlo, ne accarezzava le foglie e dalla sua fistula cercava lunghe nenie lacrimevoli. E l’albero visse così per migliaia di anni, diventando enorme nel tronco e nella chioma, nella valletta profumata di muschio, laddove Gargara fu sorpresa nel sonno. Nessuno ardiva toccarlo perchè si diceva che il solo tagliarne un ramoscello portava sfortuna. E fu allora conosciuto come il Millacero, considerato da tutti il re della Foresta. (D’Addetta G. (1955) “La montagna del sole”)