EDITORIALE DELLA DOMENICA. LA POLITICA DEL CITTADINO E QUELLA DEL PALAZZO

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Dal libro dei “Perché?” della storia di San Nicandro. Della propria cittadina si deve parlare sempre bene, si devono tessere le sue lodi, si deve esaltare la sua storia e si deve credere nel suo futuro. È normale che sia così perché è il luogo dove vivi la tua vita, dove hai le persone più care, dove il tuo passato si confonde con il presente proiettato nel futuro.

Però, da diversi anni, il cittadino si scontra con una realtà che quasi non gli appartiene come se quei valori morali verso la propria città si siano affievoliti o, addirittura, siano completamente scomparsi. Si vuole ricercare il perché e la colpa di tutto questo si dà innanzitutto alla politica come causa di tutti i mali.

Ma la politica siamo tutti noi, siamo noi che facciamo politica ogni giorno con i nostri discorsi sui problemi, sulle cose che non funzionano e su quelle che funzionano. Siamo noi che facciamo politica quando rivendichiamo servizi sanitari che non abbiamo, quando vogliamo che la nostra cittadina goda di una economia fiorente, quando contribuiamo al degrado cittadino, quando non rispettiamo le regole, ecc.

La politica dei cittadini deve andare di pari passo con la politica formale dell’amministrazione di quel momento storico intrecciando scelte personali e scelte collettive, istanze legittime e capacità di realizzazione. Tra la politica del cittadino e quella di palazzo di città dovrebbe esserci una simbiosi di intenti, una voglia di capirsi e un modo per operare. Si sa che il cittadino vorrebbe anche la luna, ma poi si accontenta anche di qualche piccola stella. Tutti vorremmo il paese di Bengodi ma si sa anche che non puoi avere tutto. È il legame tra la politica del cittadino e quella degli eletti.

Ma la storia insegna che i due cammini non si incrociano e ognuno vive il proprio mondo. Quando una cittadina non cresce non è sempre colpa di una sola parte. È allora subentra l’assuefazione, l’inutilità della proposta, la rinuncia al desiderio. Ma questo non dovrebbe mai accadere in quanto la politica del palazzo deve essere coadiuvata e condivisa da chi ha dato loro l’opportunità del governo cittadino. Se viene meno questo legame quella che noi chiamiamo politica non è altro che la falsa immagine di una realtà che ha lasciato il posto al qualunquismo collettivo e alla routine inutile di un programma abbandonato nel cassetto dei ricordi di cui si è perduta la chiave.

Il Direttore