L’invasione russa dell’Ucraina è iniziata nella notte fra il 23 e il 24 febbraio, quando il presidente russo Vladimir Putin ha dato l’ordine di attacco, spiegando di aver autorizzato “un’operazione speciale” in Ucraina per “smilitarizzare il Paese” e “proteggere il Donbass”. Poi ha avvertito che ci saranno “conseguenze mai viste se qualcuno interferisce”. I passaggi e i motivi che hanno portato a questa decisione sono molteplici e affondano le radici molto indietro nel tempo.
Tutto il mondo, ad eccezione della Cina, ha condannato l’iniziativa bellica di Putin e tutto questo in un periodo particolarissimo della storia mondiale caratterizzata dalla pandemia da Covid-19.
Era inimmaginabile un conflitto in Europa ma la follia umana non ha limiti, ovvero, ha il limite che è quello incarnata da alcuni potenti che, con la guerra hanno da sempre segnato la storia dell’umanità. Sin dell’antichità il desiderio di conquista, motivato da ragioni economiche e sociali, ha spinto i popoli ad uscire dai confini dei propri Stati per dirigersi altrove, verso altri confini, in altre società, portando con loro la violenza, la morte e l’idea della sopraffazione.
Quella che stiamo assistendo non ha nessun contributo valido nè di natura giuridica e né socio-politica. Invece per alcuni la guerra non è altro che la continuazione della politica con altri mezzi.
Il mondo non sa ancora come evitare che scoppino le guerre ma dobbiamo essere sufficientemente prudenti per difenderci da questa realtà nel momento in cui si presenta.
I temi affrontati sono molto attuali: qual è il ruolo del diritto internazionale oggi? In che modo esso si intreccia a questioni quali la responsabilità di proteggere degli Stati, i diritti e la sicurezza umana? Dove si colloca il limite tra intervento umanitario ed ingerenza nella politica interna altrui? Gli esperti intervenuti hanno tentato di rispondere a queste ed altre domande, proponendo soluzioni e prospettive.
Insomma, il quadro è critico: riformare la società per riformare i rapporti nella comunità internazionale, riformare le istituzioni interne degli Stati per costruire rapporti migliori con l’estero. Forse che la guerra sia fonte di ricchezza e l’economia come motore dei conflitti? Chi guadagna dalla guerra?
Evidentemente, secondo Putin, la guerra è un business necessario o per il sostentamento economico di alcuni Paesi o per affermare la propria egemonia. Ma Putin sa che la guerra è redditizia per pochi ma devastante per molti. La guerra mina profondamente l’economia interna di un Paese: distruzione delle infrastrutture, crollo degli investimenti esteri, danni al sistema agricolo e industriale, distruzione di capitale umano e sociale, militarizzazione della società. Mi vengono in mente le parole del compianto Gino Strada che ha trascorso la sua vita a favore delle vittime della guerra e della povertà aiutando migliaia di persone, ferite da proiettili, bombe o missili perché curare i feriti non è né generoso né misericordioso, è semplicemente giusto. Lo si deve fare.
Secondo Gino Strada, molti potrebbero eccepire che le guerre sono sempre esistite. Questo è vero, ma ciò non dimostra che il ricorso alla guerra sia inevitabile, né si può presumere che un mondo senza guerra sia un traguardo impossibile da raggiungere. Il fatto che la guerra abbia segnato il nostro passato non significa che debba essere parte anche del nostro futuro.
La maggiore sfida dei prossimi decenni consisterà nel progettare le condizioni che permettano di ridurre il ricorso alla forza e alla violenza di massa e l’abolizione della guerra è il primo e indispensabile passo in questa direzione.
Il Direttore