Vengono da lontano comportamenti che allontanano sempre più i cittadini dalla politica e l’evidenza la si trova nel continuo lento astensionismo nelle varie tornate elettorali. Oggi due milioni di cittadini torneranno al voto nelle elezioni comunali e non sgomiteranno certamente per una partecipazione convinta.
La politica ha allontanato i cittadini che sono diventati orfani della politica e tutto questo non riguarda semplicemente il qualunquismo o la protesta contro una classe inadeguata ma riguarda la sfiducia nella politica o nella stessa democrazia.
Questo distacco è fin troppo evidente perché non ci sono più spazi di discussione e, quindi, è il leader che dirige la rotta nella convinzione, o meglio nella speranza, che altri seguano le sue scelte nella stanchezza generale di un cambiamento che non arriva mai.
Queste considerazioni investono quasi tutti i partiti che, di fatto, escludono i cittadini alla partecipazione. Nel nostro parlamento c’è il record di coloro che hanno cambiato “casacca”, di quelli che si posizionano al “centro” aspettando l’occasione migliore per prendere il tram che fa tante fermate e, quindi, la scelta di scendere quando si vuole per poi anche di ricominciare a riprenderlo di nuovo. Insomma una fuga dalla politica che sta diventando sempre più continua.
La cosa strana e comune a tutti è che il loro comportamento ha una giustificazione logica, cioè che lo fanno “per l’interesse dei cittadini”.
Ma quando mai c’è stato un dialogo tra cittadini e costoro? Sono due mondi diversi, da una parte la libertà di fare quello che si vuole con una gara continua alla ricerca di consensi e adesioni e dall’altra l’apparente libertà di scelta che poi si trasforma in una crescente astensione.
I cittadini di cui la politica dice di “curare gli interessi” si trovano di fronte ad una stanchezza democratica e cominciano ad essere consapevoli dell’abuso della politica da parte dei rappresentanti eletti.
Sia ben chiaro che tutto questo riguarda trasversalmente tutti i partiti politici, chi più e chi meno e, onde evitare che il cittadino si senta straniero in casa propria, occorre una seria riflessione sul tema della rappresentanza. Diventa inaccettabile la libertà di fare quello che si vuole anche se, spesso non si sa bene quello che si vuole, e quindi ci si rifugia in un mondo che è quello di “centro” che è abitato da anime “perse” come direbbe Dante. Per costoro è la posizione ideale perché in quella assurda confusione di idee gestiscono il loro futuro e, cosa strana, sempre “nell’interesse dei cittadini”.
Che dire ancora? Solo confermare che la politica vive il suo mondo lontana dai cittadini e i cittadini cercano di sopravvivere in questo mondo per colpa della politica.
Il Direttore