La violenza sulle donne va contrastata non solo sul versante della repressione, ma anche e soprattutto su quello culturale, educativo, morale. Quante volte stiamo ascoltando in questi giorni questa frase? Sembra diventata un mantra, una di quelle cose che si dicono quando ci si scopre inermi davanti a un problema.
Invece le cose stanno proprio così. Anzi, perfino peggio di così. Nel senso che è proprio nella sottocultura, nel linguaggio quotidiano, nello scadimento dei valori di rispetto e di tolleranza che alligna il virus della violenza.
Una conferma impressionante viene fuori da uno studio e da un documento importanti, cui la grande stampa e i network televisivi non hanno dato il rilievo che meritava: la Mappa dell’Intolleranza, che fotografa il fenomeno dell’odio on line estraendo e geolocalizzando i tweet negativi che riguardano le categorie più bersagliate (donne, musulmani, disabili, ebrei, omosessuali e migranti). Con i risultati così ottenuti, vengono disegnate delle cartine termografiche del bel (sempre meno bel…) Paese. Quanto più “caldo”, cioè vicino al rosso, è il colore della mappa termografica rilevata, tanto più alto è il livello di intolleranza rispetto a una particolare categoria.
Attenzione: se è vero che la piazza virtuale è lo specchio fedele della società reale, e l’intolleranza è il primo passo verso i comportamenti violenti, anche estremi, non si può che concludere che il germe della violenza di genere, della discriminazione, della misoginia non sta soltanto dentro al recinto della famiglia, ma è profondamente radicato e trasversale nella società.
Le donne sono infatti di gran lunga la categoria, o dimensione, per utilizzare la terminologia dell’indagine, più colpita dal fenomeno dell’odio on line con il 43,21% di tweet negativi, seguite da persone con disabilità (33,95%), persone omosessuali (8,78%), migranti (7,33%), ebrei (6,58%) e islamici (0,15%).
Ma il dato più utile per capire «l’aria che tira» – ed anche il più drammatico – è il rapporto tra tweet negativi e tweet positivi: l’89,9% di quelli che si riferiscono alle donne sono negativi, contro soltanto il 10,1% di positivi.
Ideata da Vox – Osservatorio Italiano sui Diritti, in collaborazione con l’Università Statale di Milano, l’Università di Bari Aldo Moro, Sapienza – Università di Roma e IT’STIME dell’Università Cattolica di Milan, la Mappa dell’Intolleranza (che potete scaricare qui) è giunta alla settima edizione.
In tutti gli anni presi in considerazione, in cima alla classifica delle categorie più odiate, ci sono sempre state le donne.
Per i curatori della indagine, il rapporto tra odio on line e violenza è diretto e incontrovertibile: «Per il settimo anno consecutivo – si legge nello studio che accompagna la mappa – le donne svettano quale categoria più odiata via Twitter. È un triste primato, che si accompagna all’innalzamento dei picchi di odio in concomitanza con i femminicidi, segno tragico del rapporto sempre più stretto tra lo sciame d’odio online e la violenza agita.»
Fa rabbrividire la concomitanza segnalata dalla Mappa tra i picchi d’odio verso le donne e i femminicidi: il fenomeno deriva probabilmente dalla maggiore attenzione che i mass media dedicano all’argomento quando una donna viene uccisa. Ma la conseguenza è che, anziché attenuarsi, l’odio cresce. Sembra esserci una diretta connessione tra la conquista di spazi, di autonomia, di consapevolezza delle donne è l’odio di genere. Il picco più alto di misoginia si è registrato in occasione dell’elezione di Giorgia Meloni a presidente del Consiglio, e della sua scelta di usare il maschile per il suo titolo.
La battaglia del rispetto va dunque combattuta anche sui social: «Emerge sempre di più la necessità di educare all’uso dei social network e di ripensare le relazioni fra mass media, piattaforme social e utenti – si legge ancora nello studio -, al fine di prevenire forme sempre più radicali di odio, che possono superare i confini della dimensione online e tradursi in atti concreti come i femminicidi o i sempre più frequenti attacchi di bullismo.»
Per quanto riguarda la distribuzione geografica dell’odio on line, il maggior numero si concentra tra Centro Nord, Centro e Centro Sud, e in particolare, Bologna, Terni, Roma, Caserta.
La Puglia può tirare un sospiro di sollievo tenuto conto che nella edizione 2020 dalla Mappa era tra le regioni in cui il fenomeno era più diffuso (cartina sotto), concentrandosi in modo particolare tra Bari e Brindisi.
Ma la regione non può dirsi immune dal fenomeno dell’intolleranza: è infatti tra le aree in cui si concentra il maggior numero di tweet negativi verso gli immigrati.
Geppe Inserra