DIDATTICA A DISTANZA, L’INNOVAZIONE NON S’IMPROVVISA

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Le scuole che sono riuscite ad affrontare nel migliore dei modi la Dad “forzata” sono quelle in cui la transizione verso una didattica digitale integrata era già in atto. Servono progettazione, coordinamento e capacità manageriali.

L’emergenza dovuta al Covid-19 ha implicato, per il settore scolastico, un’accelerazione improvvisa verso un utilizzo intensivo della tecnologia all’interno dei processi didattici. Il trend di un ricorso agli strumenti digitali per la didattica era già in atto nel periodo antecedente alla pandemia, sebbene a un tasso di adozione degli stessi piuttosto lento. Secondo il rapporto AgCom del febbraio 2019 dal titolo Educare digitale, sebbene il 97 per cento delle scuole disponesse di una qualche modalità di connessione internet nel momento della rilevazione dei dati, solamente l’11 per cento era in realtà in possesso di una rete a connessione superiore a 30Mbps, con importanti differenze per area geografica e grado scolastico (per esempio, meno del 10 per cento delle scuole primarie contro il quasi 25 delle scuole secondarie di secondo grado). Inoltre, il 75 per cento delle scuole dichiarava di spendere meno di 3mila euro all’anno per canoni di connettività ad internet. D’altra parte, la proporzione di docenti che dichiarava di utilizzare quotidianamente strumenti digitali nella didattica era pari al 47 per cento, contro meno dell’1 che dichiarava di non usarli mai, ma con una distribuzione importante nelle categorie intermedie, caratterizzate da un utilizzo sporadico della tecnologia nella didattica.

L’esperienza di questi anni influenzati dal Covid-19, in particolare con i periodi di chiusura delle scuole che hanno obbligato alla cosiddetta “didattica a distanza” (Dad), ha rappresentato una rottura decisa con il passato, aprendo nei prossimi anni a un sostanziale ripensamento dei modelli pedagogici e organizzativi delle scuole, più influenzati da una maggiore rilevanza del ruolo dell’innovazione digitale nella didattica e nella gestione.

Differenze tra innovazione didattica e didattica di emergenza. Per tentare un’analisi di quanto accaduto in termini di innovazioni digitali della didattica ed eventualmente tracciare delle indicazioni propositive didattiche e gestionali per il prossimo futuro, appare in via preliminare necessario chiarire una differenza operativa tra didattica digitale “di emergenza” e didattica digitale “integrata”. Per “didattica digitale di emergenza” s’intende la situazione in cui un’attività formativa, originariamente prevista in presenza, viene riadattata per essere svolta a distanza – spesso, senza avere il tempo o le competenze per riprogettarla in chiave di didattica digitale. La grande maggioranza delle esperienze di Dad realizzate nelle scuole italiane durante i periodi di chiusura delle stesse può essere classificata in questa categoria. Per “didattica digitale integrata” s’intende invece un processo intenzionale di ripensamento delle modalità attraverso cui avviene l’attività didattica ed educativa, dalla progettazione dei contenuti alla scelta degli strumenti digitali più adeguati per migliorare il coinvolgimento degli studenti e la qualità della loro esperienza formativa. Tale innovazione didattica, peraltro, non implica necessariamente la realizzazione delle attività “a distanza”, ma anzi in molte circostanze prevede l’uso di strumenti e opportunità tecnologiche all’interno della didattica in presenza.

Nella maggior parte dei casi, le scuole che sono riuscite ad affrontare la condizione di Dad “forzata” attraverso un processo di didattica digitale integrata più adeguatamente sono istituzioni che avevano iniziato un ripensamento critico delle proprie attività da tempo, ben prima della pandemia. Spesso tali scuole avevano già messo in atto azioni di ricerca e di formazione interna per sperimentare le azioni necessarie per perseguire l’innovazione didattica così intesa. La prima lezione da trarre, osservando i due anni scolastici appena trascorsi, è dunque la seguente: la didattica a distanza “di emergenza” è molto diversa da una vera didattica innovativa (integrata) supportata dalla tecnologia e confondere i due piani complica inutilmente un dibattito necessario su come rendere la didattica nelle nostre scuole sempre più coinvolgente ed efficace, anche attraverso le opportunità offerte dal digitale.

Il ruolo chiave dei docenti. Un fattore decisivo per organizzare e gestire un cambiamento positivo della didattica nelle scuole italiane è certamente rappresentato dalla preparazione e dalla capacità dei docenti. In questa prospettiva, una serie di utili indicazioni per progettare la didattica innovativa a regime deve venire dall’analisi critica della preparazione dei docenti rilevata durante l’emergenza di questi anni. Non ci sono molti studi approfonditi al riguardo, con l’eccezione dell’interessante analisi realizzata da Fondazione Agnelli e Università di Cagliari, la cui sintesi è stata riportata da lavoce il 21 luglio scorso.

Mediante una survey condotta tra maggio e luglio del 2020 (appena dopo il primo, più duro, lockdown) io e alcune colleghe del Politecnico di Milano abbiamo raccolto le esperienze di didattica a distanza (di emergenza) di circa 1.400 docenti a livello nazionale, delle scuole primarie e secondarie di primo grado. La nostra ricerca differisce da quella dei colleghi in quanto si concentra sulla relazione tra pratiche adottate, preparazione precedente e soddisfazione nell’esperienza di Dad vissuta durante il primo lockdown derivando tutta l’informazione dai docenti in modo piuttosto dettagliato. Il questionario da noi sottoposto ai docenti era articolato in dieci sezioni: informazioni demografiche, carriera, background nell’uso della tecnologia, reazione all’emergenza, ambiente di lavoro durante il lockdown, rapporti con gli altri colleghi, percezione del coinvolgimento di studenti e docenti, e tre sezioni di dettaglio sull’utilizzo di alcuni strumenti specifici a supporto della didattica.

Senza volere in questo articolo riassumere tutte le analisi condotte dal nostro gruppo di ricerca, può essere interessante sintetizzare il principale risultato emerso: i docenti che si sono dichiarati più soddisfatti da come hanno condotto il proprio lavoro didattico durante l’emergenza Covid hanno alcune caratteristiche comuni, statisticamente differenti rispetto ai docenti insoddisfatti. Tali docenti, in particolare:

  • hanno una maggiore preparazione pre-Covid sui temi di innovazione digitale della didattica (costruita, ad esempio, con attività formative ad hoc);
  • si sono ingaggiati in una maggiore attività di confronto e collaborazione con i propri colleghi per discutere assieme le pratiche didattiche e tecnologiche da adottare;
  • hanno ricevuto indicazioni più chiare e dirette dai propri dirigenti scolastici.

In altri termini, i docenti che hanno affrontato meglio l’emergenza sono professionisti che hanno sviluppato le proprie competenze prima della pandemia, che hanno costruito relazioni positive con i colleghi (e le hanno utilizzate positivamente per un supporto reciproco durante il lockdown) e che si trovano in scuole in cui i dirigenti scolastici hanno assunto la responsabilità di indicare le linee di azione, conducendo e coordinando la comunità scolastica nella direzione indicata.

Indicazioni per un’innovazione didattica e digitale di qualità. Le evidenze descritte nella sezione precedenti, che emergono in modo robusto dai dati analizzati, sono utili per identificare alcune piste di lavoro per progettare una didattica innovativa integrata, supportata dalla tecnologia:

  1. l’innovazione non si improvvisa: occorre progettare il cambiamento, realizzare uno sforzo internazionale per implementarlo, individuare strumenti ed azioni che consentano di ottenere i migliori risultati. La Dad di emergenza non possiede nessuno di questi requisiti. Proprio perché l’innovazione didattica si può (si deve!) progettare, occorre anche accompagnare tale cambiamento con processi di formazione dei docenti  strutturati in modo rigoroso e continuativo, non solo nelle fasi di emergenza, ma anche e soprattutto in tempi ordinari;
  2. l’innovazione non è un’azione solitaria. Il lavoro del docente è intrinsecamente comunitario, ed il confronto tra colleghi è indispensabile per riflettere sul proprio operato, capire i propri errori, condividere i propri successi, imparare collettivamente gli uni dagli altri. Il modello del docente “esperto solitario” – magari molto capace – non è adeguato alle sfide imposte dalla complessità del contesto formativo attuale, tanto più nei frangenti che richiedono una risposta comune e coordinata a problemi di magnitudine significativa (qual è stata la didattica a distanza durante l’emergenza Covid, e quale tanto più è il ripensamento di una didattica innovativa “a regime”);
  3. l’innovazione va sostenuta e guidata con responsabilità dai decisori. Mai come durante l’emergenza Covid è apparsa decisiva la capacità manageriale ed organizzativa dei dirigenti scolastici. In una comunità scolastica, la risposta comune ai problemi da affrontare non può essere esclusivamente il risultato del lavoro collettivo dei docenti, bensì deve essere coordinata da chi ha la responsabilità di guidare la comunità stessa. Tale compito di progettazione e coordinamento, certamente cruciale durante l’emergenza, rappresenta altresì il contributo specifico dei dirigenti scolastici all’innovazione e al miglioramento scolastico in tempi più ordinari.

L’auspicio è che quest’anno scolastico possa essere vissuto con più serenità da tutti: studenti, docenti, famiglie, dirigenti scolastici. Soprattutto, è speranza comune che la ripresa delle attività della scuola possa accompagnarsi non solo ad un ritorno alla normalità, ma anche a un miglioramento significativo dell’esperienza educativa e formativa rispetto alla situazione pre-Covid. Affinché tale speranza possa trovare soddisfazione, è necessario trarre lezioni dai due anni di emergenza che abbiamo alle spalle. Analizzare le esperienze vissute e i dati a disposizione rappresenta un primo, importante passo in questa direzione. (lavoce – Tommaso Agasisti)