DEVASTANTI GLI EFFETTI DEL “DECRETO SICUREZZA”

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La rubrica settimanale di Marcello Colopi, sociologo, responsabile del Centro Stefano Fumarulo di Cerignola e presidente della Consulta per l’immigrazione della cittadina del Basso Tavoliere, ospita una lettera aperta alla consigliera regionale del M5S, Rosa Barone. Lettere Meridiane è ovviamente disponibile ad ospitare la risposta della destinataria e di quanti fossero interessati ad offrire contributi al dibattito sui temi, importanti sollevati da Colopi.

Cara Rosa, mi permetto di usare lo spazio della mia rubrica su Lettere Meridiane per scriverti questa lettera aperta. Mi rivolgo a te perché, oltre ad essere un’autorevole rappresentate del movimento politico Cinque Stelle, ho avuto modo di conoscere ed apprezzare le tue qualità umane e politiche, quindi mi viene “facile” usare in questa lettera un livello empatico.

Veniamo al dunque: ti scrivo perché non mi è più possibile tacere di fronte alla sofferenza e all’ ingiustizia che ogni giorno, per il mio lavoro, sono costretto a vivere. Prima di entrare nel merito è giusto che racconti a te e a quanti leggeranno la lettera un po’ di me e del lavoro che faccio.

Come sai, sono il responsabile dello sportello immigrazione di Cerignola, dedicato al nostro caro “Stefano Fumarulo”. Il primo anno di lavoro si rivolgevano a noi cittadini stranieri, in grossa maggioranza giovani, ed il nostro luogo, che tu hai avuto modo di conoscere, era diventato un piccolo crocevia di speranza e di processi di integrazione.

Avevamo norme e leggi che in parte ci aiutavano, avevamo un sistema di accoglienza diffuso dove molti di questi ragazzi erano ospitati e soprattutto avevamo delle condizioni di base che ci permettevano di costruire (anche se con molta fatica) risposte ai loro bisogni. Non ci siamo limitati solo a fornire servizi. Abbiamo osato fare di più: abbiamo dato vita a una consulta per le politiche migratorie votata all’unanimità dal consiglio comunale (unica in provincia e forse una delle poche che lavora nella Puglia).

La Consulta, che ho l’onore di presiedere, vede insieme tutte le organizzazioni del terzo settore della città, la Chiesa Cattolica, la Chiesa Valdese, la Comunità Musulmana e la Chiesa ortodossa e due associazioni di migranti. In sostanza un piccolo mondo che si auto organizza per costruire benessere sociale. Credo che nel corso di questo primo anno, con il nostro impegno, abbiamo dato onore al nome di Stefano Fumarulo. Pensa che Stefano, tramite noi, è cosi conosciuto a Cerignola che basta pronunciare il suo nome in luogo pubblico che parte un ‘applauso (cito a testimonianza Giovanna Greco).

Da qualche giorno, dopo l’entrata in vigore del Decreto Sicurezza, il nostro sportello da luogo di speranza è diventato un approdo di disperazione perché l’effetto pratico di questa legge, in modo particolare con l’abolizione della protezione umanitaria, sta impedendo, di fatto, a centinaia di persone il prosieguo dei percorsi di integrazione sociale e culturale che avevano intrapreso.

Con molta franchezza ti chiedo: conosci gli effetti che sta generando la legge che anche il tuo movimento (tranne alcune eccezioni) ha approvato? Sai cosa sta accadendo, in questi giorni, nella nostra provincia dove decine e decine di ragazzi vengono esclusi dai progetti di accoglienza nei Centri Spar? Sei consapevole che il futuro per questi ragazzi sarà la strada? Molto probabilmente i parlamentati pentastellati che hanno votato a favore della legge non si sono resi conto che il provvedimento ha smantellato il più grande processo di accoglienza diffusa, gestito dal sistema municipale degli Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) che vedeva coinvolta tutta la comunità.

Praticamente è stato fatto tutto il contrario di quello che si doveva fare. Mentre ti scrivo, si sono rivolti al nostro sportello otto ragazzi che hanno la protezione umanitaria e non possono rinnovarla. Tre di loro sono stati, su ordine della prefettura dimessi dai progetti SPAR. Non hanno casa, non sanno come rinnovare il loro permesso, non possono svolgere un lavoro e la cosa più grave è che non possono neanche tornare nei loro paesi d’origine perché non ci sono i soldi per i rimpatri.

Ti chiedo: dove andranno? Perché la stessa domanda la fanno a me: “Marcello, e adesso dove andiamo?”

Cara Rosa, se tu li vedessi: il più “anziano” di loro ha 25 anni, il più giovane 21. Vengono da paesi lontani: Ghana, Nigeria, Togo, Costa d’Avorio. Hanno vissuto storie personali tremende e adesso vivono la peggiore frustrazione che un essere umano possa vivere: passare dalla speranza di un paese che li ha accolti prospettandogli un progetto di vita, alla disperazione di un paese che li caccia via. Molti di loro finiranno in strada e forse finiranno in una di quelle drammatiche baraccopoli che con Stefano Fumarulo sognavamo di abbattere e che oggi sono l’unico approdo dove questi ragazzi possono andare.

Ecco il primo paradosso: “i Ghetti” saranno la loro casa, grazie alla legge approvata anche dai parlamentari pentastellati. Il secondo paradosso è che tutto ciò non è scritto nel contratto di governo che il M5S ha redatto con la Lega. Mi sono preso la briga di leggere il contratto di governo e non ho trovato nulla circa l’abolizione della protezione umanitaria e il superamento dell’accoglienza diffusa gestita direttamente dai comuni: in sostanza, non è scritto nel vostro contratto di governo ciò che è stato scritto nella legge. Anzi la legge approvata va proprio nella direzione contraria in quanto tutti gli studiosi prevedono un aumento dei migranti irregolari, una loro presenza irregolare nelle nostre città e quindi un maggior affollamento nei ghetti.

Nel contratto di Governo si dice testualmente: “Ad oggi sarebbero circa 500 mila i migranti irregolari presenti sul nostro territorio e, pertanto, una seria ed efficace politica dei rimpatri risulta indifferibile e prioritaria.” Questo è il terzo grande paradosso: da me sono venuti 5 migranti che vogliono tornare a casa; ho chiamato gli uffici preposti (se vuoi approfondire fornisco i numeri di telefono) e gli uffici del ministero. Mi hanno risposto (ovviamente in modo confidenziale) che non hanno un solo euro per i rimpatri e che forse tra marzo o aprile riescono a fare un piano per un migliaio di persone. Ovviamente solo per i più vulnerabili (tutto questo – ripeto – in modo confidenziale perché nessuno scrive niente). Allora, scusami la domanda impertinente: ma quando è stato scritto il paragrafo del programma di governo sui rimpatri, come si pensava di rimandare a casa i migranti? con i barconi di ritorno? Con “scafisti italiani” che partivano nottetempo dalla Sicilia direzione Libia? Oppure si pensa di costruire dei grossi campi dove rinchiudere tutti “gli irregolari” e quando ci saranno i soldi (tanti soldi, c’è chi ha stimato una spesa di oltre un miliardo di euro) rispedirli a casa loro? Questi presunti campi li abbiamo conosciuti e il nome giusto è lager. In buona sostanza ti chiedo: come si pensa di rimpatriare questi ragazzi, queste donne, questi uomini?

Ma perché scrivo a te? Semplicemente perché spero che tu parli con i deputati del M5S eletti in provincia di Foggia e chieda loro cosa intendono fare. Non è stupida ironia, anzi, è drammatica verità. Perché io non so cosa rispondere quando questi ragazzi me lo chiedono. Dopo 30 anni di lavoro sociale ho “perso le parole”. Li guardo, cerco di sorridergli e alzo le spalle. (A dire il vero, impreco contro questa maledetta legge e contro tutti coloro che l’hanno votata, ma queste mie imprecazioni non risolvono i problemi di quei ragazzi).

Ho deciso di raccontarti la storia di uno di loro perché dietro i numeri le statistiche e gli slogan ci sono vite vissute. Ometto il suo nome ma se vieni a trovarmi puoi conoscerlo e stare un po’ con lui. Viene dalla Costa d’Avorio, ha 21 anni ed è arrivato in Italia 2 anni fa. È entrato in un progetto Sprar. Si è distinto per capacità, intelligenza e soprattutto per altruismo e generosità. Il suo paese non è in guerra, ma la sua vita è un dramma incredibile che preferisco non raccontare. Si è così distinto ed integrato nella nostra città tanto da essere ammesso come volontario al progetto di Servizio Civile presso il comune di Cerignola.

Tra le cose che ha fatto, ha svolto un servizio bellissimo che si chiama “piedibus”. Questo servizio consiste nell’accompagnare alle otto della mattina, a piedi, i bambini delle elementari a scuola. Ogni mattina da gennaio a giugno lui e un’altra ragazza del servizio civile aspettavano a questa “fermata” i genitori che lasciavano i bambini e lui mano nella mano si incamminava accompagnandoli a scuola. Vederli era una gioia per gli occhi e il cuore. Adesso si occupa di alcuni servizi e tra un po’ terrà un piccolo corso di francese in una scuola elementare della città. Parla italiano meglio di molti miei concittadini cerignolani ed è di una dolcezza infinita. Finirà il suo servizio civile a Febbraio 2019. Questa potrebbe essere una di quelle storie di integrazione da raccontare nei convegni. Bella, intensa, una di quelle storie di cui il nostro paese dovrebbe essere fiero ed orgoglioso. Invece cosa è accaduto? Su ordine del servizio centrale o qualche altra entità) due settimane fa, lui ed altri tre ragazzi sono usciti dal progetto SPRAR. Non hanno più i requisiti per essere accolti. Il suo permesso di soggiorno per motivi umanitari scade il prossimo gennaio. Lui non potrebbe rinnovare il permesso in quanto è per motivi umanitari e come sai non esiste più, se richiedesse il rinnovo tornerebbe nuovamente dinanzi alla commissione che molto probabilmente negherà (anzi sicuramente negherà) “l’umanitaria” perché non rientra nei casi gravi, e soprattutto non si tiene più conto di tutto il suo bel percorso di integrazione.

Certo, ci sarebbe una soluzione: convertire il suo permesso di soggiorno in permesso di lavoro il che significa trovare una azienda che l’assuma con un contratto a tempo indeterminato e con regolare busta paga. A Cerignola? al Sud? Sappiamo bene che questa è una chimera. È più semplice fare un biglietto di andata e ritorno per la Luna che avere un regolare contratto di assunzione a tempo indeterminato, soprattutto se si ha la pelle nera. Nel frattempo non ha più un posto per dormire, né un luogo dove andare. Fortunatamente, la città di Cerignola ha gente generosa, che almeno per ora ha garantito a lui e ai sui due amici un tetto e un piatto caldo.

Lo ripeto: ha 21 anni, l’età di mia figlia. Ogni pomeriggio viene da me. A volte resta così, silenzioso in ufficio, altre volte mi chiede consigli su cosa fare.

Vorrei tanto che tu lo conoscessi: mi vieni a trovare? Così stai un pò con lui e vedi con i tuoi occhi e vivi con il tuo cuore le conseguenze drammatiche di questa legge che voi (ti piaccia o no, ma è cosi) avete concorso in modo massiccio ad approvare.

Io sono convinto che alle porte del 2019, il cittadino italiano e il migrante, l’operaio e l’imprenditore, il mendicante e la casalinga hanno in fondo lo stesso desiderio, uno solo e terribilmente concreto: stare meglio. Questo è il compito alto e nobile della politica. Solo insieme, riscoprendo il valore della solidarietà e il senso della comunità, potremo sconfiggere la diseguaglianza sociale, il vero cancro del nostro tempo. Che come ogni grave malattia si ha il timore di nominare. Perché il benessere è come i diritti: o è per tutti o per nessuno.

Cara Rosa, la storia chiederà conto di ciò al M5S. Io spero invece di averti disturbato con questa mia lettera, di averti un po’ “intossicato” il Natale, scuotendo (affettuosamente) la tua coscienza. Ti aspetto.

Marcello Colopi

(letteremeridiane)