DAL VOTO REGIONALE POCHE SORPRESE MA TANTE INCOGNITE

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Il centrosinistra vince in Emilia-Romagna e il centrodestra in Calabria. Si confermano però anche tutti i motivi di incertezza che caratterizzano la politica italiana. E c’è da sperare che la campagna elettorale continua non influenzi l’azione del governo.

I risultati. La tornata elettorale regionale di domenica 26 gennaio non ha riservato grandi sorprese, ma si è caratterizzata per il quasi totale disinteresse rispetto ai temi locali. Delle elezioni in Calabria sembra non essersi curato quasi nessuno, mentre quelle in Emilia-Romagna hanno ruotato più sul ruolo di personaggi esterni alla competizione elettorale (Matteo Salvini da un lato e le Sardine dall’altro) che su quello dei veri candidati. Per la cronaca, netta vittoria del centrosinistra in Emilia-Romagna e ancor più netta vittoria del centrodestra in Calabria. Buon risultato generale per Partito democratico, Lega e Fratelli d’Italia. Apparentemente scomparsi, o forse solo strategici, gli elettori del Movimento 5 stelle.

Stefano Bonaccini si conferma presidente della regione Emilia-Romagna, mentre la deputata forzista Jole Santelli conquista la presidenza della regione Calabria.

Bonaccini, col 51,4 per cento dei voti, mantiene – anzi, migliora leggermente – il consenso ottenuto cinque anni fa; mentre la candidata sconfitta, la senatrice leghista Lucia Borgonzoni, si ferma al 43,6 per cento. Da un lato, l’ampio distacco sembra attestare che non c’è mai stata davvero battaglia tra i due candidati; tuttavia, se pensiamo che cinque anni fa il centrodestra si era fermato al 30 per cento, il balzo in avanti è stato notevole. Sempre rispetto a cinque anni fa, l’affluenza nella regione raddoppia, segno che il voto è stato molto sentito da tutti gli elettori. Gli sfidanti nutrivano la grande speranza di realizzare un colpaccio che sarebbe stato clamoroso (e probabilmente letale per il governo) o almeno di dare maggiore filo da torcere ai vincitori; questi ultimi, da parte loro, hanno probabilmente sentito la necessità di evitare qualunque rischio. Di solito, infatti, quando la vittoria o la sconfitta sono certe, gli stessi elettori si sentono poco motivati ad andare alle urne.

Costante invece la percentuale di votanti in Calabria, un dato decisamente interessante di fronte al ribaltamento netto dei consensi: sarà importante capire se si sono recate alle urne persone diverse o se sono cambiate le preferenze degli elettori. Nulla, se non addirittura controproducente, è risultata quindi la mossa del centrosinistra di non ricandidare il presidente uscente Mario Oliverio. Dati più dettagliati per i maggiori partiti sono riportati nelle tabelle 1 e 2, insieme alle percentuali di voto ottenute nelle ultime quattro tornate elettorali (Regionali 2014; Politiche 2018 – Camera, candidati uninominali e liste; Europee 2019).

Buon momento per il partito democratico in Emilia-Romagna, ancora lontano dai fasti del 2014, ma in miglioramento anche rispetto alle elezioni europee. Lo stesso Pd perde invece consensi in Calabria, perlomeno rispetto a maggio 2019. In calo la Lega, leggero in Emilia-Romagna e più marcato in Calabria, dove comunque non si può ignorare il fatto che la candidata Santelli abbia portato più consensi ai compagni di coalizione di Forza Italia. E soprattutto che stiamo pur sempre parlando della Lega, un partito nato e forte soprattutto nel Nord Italia e che cinque anni fa in Calabria nemmeno esisteva. Avanza o tiene ovunque il partito di Giorgia Meloni mentre, a parte il caso calabro, continua il processo di assottigliamento di Forza Italia. Drammatico il risultato per il Movimento 5 stelle che però, almeno in Emilia-Romagna, sembra essere dovuto anche al voto strategico: circa ventimila elettori infatti hanno votato M5s, ma non il proprio candidato presidente.

Davvero non è successo nulla? Affermare che la vittoria in Emilia-Romagna abbia fermato l’ondata di populismo è forse fin troppo generoso per la portata di queste elezioni regionali. Soprattutto perché i “non populisti” giocavano decisamente in casa. E si conferma che, sia da un lato sia dall’altro, si è voluto porre l’accento su temi e suggestioni che poco hanno a che vedere con le realtà locali. Come interpretare altrimenti il ringraziamento di Nicola Zingaretti, leader di quello che potrebbe essere il primo o secondo partito italiano, nonché azionista fondamentale del governo in carica, al movimento delle sardine per la vittoria in Emilia-Romagna? Non sembra un bel segnale per la salute del suo partito o del governo stesso. Così come non sembra un buon viatico lo scarso risultato elettorale del Movimento 5 stelle, che conferma il precedente delle elezioni regionali umbre.

I due poli principali hanno raccolto circa il 95 per cento dei consensi in Emilia-Romagna e circa l’86 per cento in Calabria: che si stia andando, o forse tornando, o forse ancora solo passando temporaneamente per il bipolarismo? Quali effetti produrrà questa evoluzione sulle proposte di modifica della legge elettorale? Guardando al centrodestra, in Emilia-Romagna hanno forse da recriminare Lega e alleati, che, con un candidato meno oscurato da Salvini, forse avrebbero davvero potuto farcela (come successo in Calabria). Cambieranno gli equilibri anche all’interno del centrodestra? Qualche risposta a tutte queste domande la si avrà già nei prossimi mesi, che saranno decisamente molto intensi. Nel corso del 2020, infatti, si terranno altre sei elezioni regionali (Campania, Liguria, Marche, Puglia, Toscana e Veneto), elezioni amministrative in un migliaio di comuni (tra cui 19 capoluoghi di provincia), nonché il referendum per confermare o meno la riforma costituzionale che diminuisce il numero dei parlamentari. C’è da augurarsi che ciascuna non si trasformi in un test per il governo. E, soprattutto, c’è da augurarsi che l’azione del governo abbia un orizzonte temporale un po’ più orientato al futuro di quanto non sia stato finora. (lavoce)

Paolo Balduzzi