La numismatica è stata una delle mie diverse passioni collezionistiche sin dalla mia giovane età che hanno avuto termine con l’entrata in vigore dell’euro, ma devo precisare che in questa mia passione i miei interessi non mi hanno mai fatto inoltrare fino ad arrivare al periodo della circolazione di monete preistoriche, tranne, marginalmente, a quelle relative al periodo della zona in cui mi trovo.
Però dopo aver visionato la soprastante foto nella quale è raffigurata una moneta rinvenuta all’inizio del 1900 sul Monte Devio mi sono messo alla ricerca per rintracciare qualcosa riguardante l’esemplare raffigurato. Quindi sfogliando i pochi cataloghi e manuali di numismatica ancora in mio possesso, dopo il tanto scartabellare, non sono riuscito a trovare la moneta che a me interessava, ma sono riuscito a rintracciarla in una rivista specializzata in materia. E l’esemplare trovato era uguale, identico a quello rinvenuto a Devia ed inoltre combaciavano perfettamente anche le caratteristiche come il peso e la misura. Però nonostante la mia convinzione-certezza che la moneta fosse proprio la stessa, per avere la conferma mi sono rivolto a vecchi amici esperti numismatici, a carattere nazionale, e tutti mi hanno confermato che la moneta era la stessa. Pertanto l’esemplare di Devia corrispondeva perfettamente alla descrizione a quello riportato nella rivista nella quale era specificato anche, elemento molto importante, che si trattava di una delle così dette “monete di fantasia”, si trattava proprio di un’autentica patacca quella rinvenuta a Devia, faceva parte del tipo di patacche che circolavano nel periodo normanno. E se la moneta di Devia si trova in un pessimo stato di conservazione questo è dovuto non già all’usura del tempo bensì al fatto che queste monete venivano massacrate appositamente per farle sembrare autentiche, vere.
(Descrizione della moneta trovata nella rivista: al diritto/Testa coronata di Priamo a sinistra intorno a leggenda in caratteri greci o latini arcaici e al rovescio/Scrofa stante a destra mentre allatta sette porcellini, dietro, un albero e, sulla destra, Enea stante di fronte con la testa volta a sinistra ed uno scettro nella mano sinistra)
Inoltre sempre nella rivista “Panorama Numismatico nr. 270 del febbraio 2012, c’era inserito quanto segue: “Quando questa moneta fu presentata a certo Nicola Beccia, direttore del R. Archivio di Stato della dogana e del Tavoliere di Puglia a Foggia nel 1931, proprio come patacca egli, sulla base di una serie di considerazioni storiche, la riteneva autentica e l’attribuiva non già alla Troia di Omero bensì alla città di Troia, ubicata nella Provincia di Foggia, che un tempo aveva come stemma una scrofa che allatta sette porcellini ed inoltre datava la moneta all’età normanna. Quindi ci fu una infuocata diatriba da parte degli esperti numismatici che hanno sostenuto che il Beccia non diceva altro che corbellerie”.
Emanuele Petrucci