Falò, mangiafuoco, giocolieri e la street music della Unza Unza Band: è tutto pronto, a Casalvecchio, per un’edizione più scoppiettante che mai dei tradizionali “Fuochi di San Giuseppe”, che in lingua arbëreshë (Casalvecchio è una delle più antiche e fiere comunità italiane fondate dagli albanesi) si traduce con “Ziarret e Shën Xhësepit”. Anche questa ricorrenza, infatti, è legata a doppio filo con la storica matrice culturale albanese di Casalvecchio di Puglia.
IL PROGRAMMA. La festa avrà inizio alle ore 19, in Largo Santa Maria delle Grazie, dove saranno distribuiti gratuitamente i ticket per le degustazioni del percorso enogastronomico.
Attorno ad ogni falò, infatti, ci sarà una postazione per le degustazioni gratuite delle pietanze tipiche di questa antichissima usanza. Ci sarà un Infopoint in cui i visitatori potranno ritirare – gratuitamente – un kit che comprende: un blocchetto di ticket gratuiti da esibire ai banchetti per fruire delle degustazioni; una brochure informativa su Casalvecchio; la mappa che indica la dislocazione dei falò.
L’ORA X DI FUOCHI E FIAMME. Alle ore 19.30, ci sarà l’accensione simultanea di tutti i fuochi preparati nei diversi quartieri del paese. Strade, piazze, larghi e vicoli saranno illuminati dal bagliore delle fiamme. Don Ciro Miele, parroco di Casalvecchio di Puglia, benedirà uno ad uno ogni falò. Da quel momento, giocolieri e sputafuoco dell’associazione culturale LIU.BO cominceranno il loro spettacolo itinerante nelle vie del borgo. I fuochi di San Giuseppe a Casalvecchio di Puglia sono una tradizione molto sentita, forse collegata alla stessa venuta degli Albanesi sui monti della Daunia. Un’ipotesi è che tale ricorrenza popolare derivi direttamente dal “Dita e Verës” Festa di Primavera, di origine Illirica e strettamente collegata alla diaspora Arbëreshë, ancora oggi molto sentita e celebrata in Albania il 14 Marzo. Molte sono di fatto le similitudini rituali tra le celebrazioni del “Dita e Verës” e i “Fuochi di S. Giuseppe”. Lo spostamento al 19 Marzo è facilmente riconducibile all’assorbimento di questa festività balcanica da parte della locale ricorrenza cattolica di San Giuseppe.
I FALO’ E I CORI. Il fuoco è composto in sezioni: ciocchi alla base e frasche di ulivo intorno e al di sopra, spesso con un palo centrale su cui si issa un drappo, un fantoccio o un cartello con una frase augurale. Dopo il tramonto c’è l’accensione dei fuochi, oggi preceduta dalla benedizione. Al divampare delle prime fiamme incominciano i cori dei paesani che intonano la canzone tradizionale dei fuochi, di solito in dialetto casalvecchiese, ma da qualche anno anche in lingua Arbëreshë. Comitive di improvvisati coristi fanno il giro delle gjitonie, le strade e i vicoli dei quartieri, per onorare tutti i fuochi e ad ogni falò vengono ringraziati e rifocillati con i cibi tipici e rituali di questa festa.
IL FUOCO VIVE. Altra usanza è quella di dar da mangiare e bere al fuoco, usanza spuria, in quanto mutuata dai rituali della notte della Vigilia di Natale. Questo è compito del capofuoco, persona che sovente dava il nome al fuoco. La sua funzione principale è di sovrintendere alla costruzione del falò, al suo controllo durante la festa e al suo smantellamento la mattina successiva. All’alba del giorno dopo, quando ancora c’erano caminetti e bracieri, le donne andavano al fuoco del loro quartiere a prelevare le braci che sarebbero servite per riaccendere i focolari delle case. Braci benedette e benaugurali, consacrate dalla pietas popolare e dalla forza della tradizione.
IL CIBO RITUALE. La pietanza rituale “regina” di questa festa è il Lalezot: i suoi ingredienti hanno tutti un valore simbolico arcaico: il grano simbolo di rinascita e fertilità, il mosto cotto e il melograno, che è auspicio di ricchezza e unione. Una specialità esclusiva casalvecchiese è il Çëlliti, un soffritto di maiale con aglio, olio, pomodoro e peperoncino, molto piccante, che vanta diverse varianti e ingredienti aggiuntivi, dal guanciale alla salsiccia. Di pietanze tipiche che potranno essere degustate ce ne sono molte altre, tutte legate a doppio filo alla tradizione degli albanesi d’Italia: fave e ceci abbrustoliti, gli Shkoppë (popcorn), la pizza coi ciccioli, i cipollotti selvatici, il pancotto, la bruschetta e l’immancabile vino.