In una calda giornata di maggio Loreta era stata trasportata d’urgenza in Casa Sollievo della Sofferenza per sospetto ictus. Pochi giorni dopo avrebbe spento 52 candeline. Nel giorno del suo compleanno, però, il regalo più grande lo ha fatto proprio lei: ha donato il suo cuore, i reni, il fegato, i polmoni e le cornee che hanno dato vita nuova ad altre otto persone.
Originaria di San Giovanni Rotondo, da alcuni mesi si era trasferita per lavoro a Pieve di Cento, piccolo comune in provincia di Bologna, con la speranza di tornare quanto prima dalla sua famiglia: da suo marito Luigi, dai suoi quattro figli e dal suo nipotino di otto mesi.
A causa di un forte dolore alla schiena, Loreta aveva chiesto alcuni giorni di permesso per poter riposare e tornare a casa dai suoi cari. «Mamma ci disse – racconta sua figlia Isa – che ebbe una sensazione stranissima quando chiuse il suo armadietto l’ultimo giorno di lavoro. Disse che sentiva che lì non ci sarebbe mai più tornata e noi tutti interpretammo quella sensazione come un segno del suo imminente ritorno a San Giovanni Rotondo».
Generosa, altruista, riservata, molto discreta e saggia: così viene descritta dalla sua famiglia, che reagisce alla sua morte grazie ad una profonda fede e alla consapevolezza che anche nella morte Loreta ha continuato ad aiutare il prossimo proprio come faceva con la sua famiglia. «Per essere una brava mamma bisogna avere determinate caratteristiche – ha scritto su un foglietto suo figlio Antonio – e la mia mamma le possedeva tutte. Amava, rispettava e curava tutti noi e di fronte alle difficoltà non perdeva mai il sorriso e la gioia di vivere».
Una trombosi cerebrale con consequenziale ictus ischemico l’ha strappata all’affetto dei suoi cari. Era suo il desiderio di donare gli organi e credeva fortemente in questa azione profondamente altruista.
Il prelievo multiorgano si è svolto in Casa Sollievo della Sofferenza, dove anestesisti e rianimatori dell’Ospedale di San Pio, affiancati a chirurghi pugliesi, campani e veneti, hanno pregato per lei nei delicati e silenziosi momenti che accompagnano le operazioni di prelievo.
«Siamo consapevoli come credenti – conclude Isa – che la morte fa parte della vita e che noi dobbiamo solo percorrere il cammino che Dio ha tracciato per noi. Il gesto di mia madre sia di esempio per coloro che ancora oggi sono un po’ restii nella scelta volontaria della donazione di organi. Lei non c’è più, ma il suo dono ha ridato speranza ad altre persone e con questo gesto accettare la sua assenza sarà un po’ più semplice».