Come avviene ogni anno, a San Nicandro Garganico, io primo giorno di Carnevale, si è rinnovata la consuetudine del giro per le vie del centro e del borgo antico, compiuto autonomamente da giovani coppie del luogo nei tradizionali costumi del Pastore e della Pacchiana.
Il costume della Pacchiana, vale a dire della contadina, risale al XVIII secolo e veniva indossato nelle occasioni particolari (feste, matrimoni, cerimonie) fino alla fine del XIX secolo, per poi cadere in disuso. Il costume del Pastore, anch’esso originario del XVIII secolo, era invece di uso quotidiano e lo si indossava sino alla Prima Guerra Mondiale. Dal secondo dopoguerra i due costumi tradizionali sannicandresi vengono ripresi solo nel periodo del Carnevale oppure in occasione della cerimonia di fidanzamento. Al giorno d’oggi essi possono essere benissimo considerati le maschere tipiche del tradizionale Carnevale di San Nicandro Garganico.
Il costume della Pacchiana è costituito dalla «gunnèdda» (traduz. «gonnella»), pieghettata e dotata di nodi dorati o fascioni colorati a seconda del ceto sociale di appartenenza. I bordi, da uno a tre, sono di color oro per le famiglie più agiate oppure celesti o viola per quelle più umili. Sulla «gunnedda» si colloca «u zenal’», vale a dire il tipico grembiule bianco dal raffinato ricamo con fili d’oro. Dello stesso colore di quest’ultimo sono le maniche con due bordi orizzontali di color oro. Uno scialle bianco di seta con frange ricopre le spalle. Durante particolari cerimonie esso poteva essere sostituito da un «cutredd’», una sorta di mantello di color rosso o verde. Le calzature della Pacchiana sono dette «chianell’» e presentano elaborati ricami floreali. La particolare acconciatura della Pacchiana è costituita dalle parti laterali dei capelli che sono angolati «a sedda», mentre in corrispondenza della nuca i capelli sono intrecciati e vanno a formare il cosiddetto «tupp’», che è a sua volta adornato da tremolenti, pettini, spilloni, forcine d’osso adorne di perle e così via. Il volto della Pacchiana è abbellito da orecchini di varie forme, tra cui spicca quello «a palummedda» che dà maggiore vistosità ed è così chiamato in quanto la sua parte centrale si muove come il volo delle farfalle, durante il camminare. Al collo della Pacchiana pendono collane e preziosi in oro donati in dote dalla relativa famiglia. Alle dita porta, di solito, un anello per ognuno di essi. Sul finire degli anni Sessanta del secolo appena trascorso, la borsetta d’argento è stata aggiunta al costume originario ed attualmente, in occasione del Carnevale, viene riempita di confetti colorati da offrire a parenti ed amici.
A far coppia con la Pacchiana è il Pastore che in origine indossava il più bel vestito in suo possesso mentre attualmente il suo costume si compone di giacca, gilet e pantaloni di velluto marrone. Sotto la giacca il Pastore indossa una camicia di seta, mentre sulle sue spalle è adagiato un fazzoletto bianco e frangiato, detto «mucquatur’», il quale è fermato all’estremità da un grosso anello d’oro. A ciò si è aggiunta in seguito la «sciascina», un copricapo cilindrico di origine napoletana, finemente ornato e munito di un cingolo, che veniva usato solo in casa per ripararsi dal freddo e che è attualmente ripreso per il Carnevale, al posto del normale cappello che il Pastore indossava quando era in coppia con la Pacchiana. Come la borsetta della pacchiana anche la borsa del Pastore detta «pan’ttera» è stata aggiunta di recente per il Carnevale con lo scopo di contenere i confetti, le caramelle ed i cioccolatini da offrire a parenti ed amici. Le scarpe, dette «zambitt’», sono fissate ai piedi con delle stringhe, dette «lasc’», che si ottenevano tessendo pelo di capra. Le calze bianche sono ricamate con vari disegni. Alla copertura delle scarpe e delle calze del Pastore provvedono i gambali, chiamati «iammal’», della stessa stoffa del vestito, che arrivano, nella loro parte più alta, fino al ginocchio, sono chiusi lateralmente da una serie di bottoni dorati e si dotano in alto e posteriormente di un laccio di colore giallo che termina con le nappe, dette «gioff’la». Infine il bastone del Pastore, oggi usato a Carnevale, in passato non veniva da loro adoperato nelle feste e le cerimonie, ma nelle loro attività pascolive.
Secondo la tradizione locale il Pastore e la Pacchiana, sua fidanzata, devono eseguire la Tarantella Sannicandrese, per coronare la loro promessa d’amore. (notizie.comuni-italiani)