BILANCIO IN ROSSO PER LA CASA

0
925

Nel campo delle politiche per la casa, il governo Renzi, nei suoi primi due anni di vita, si è proposto di contenere l’aggravarsi dell’emergenza abitativa e di contribuire alla ripresa delle costruzioni. I due obiettivi sono stati perseguiti in maniera parallela, senza una stretta connessione, con il rischio di compromettere i risultati di entrambi. Le linee di intervento sono state definite con il Dl 28 marzo 2014, n. 47, convertito con legge 80/2014 (misure urgenti per l’emergenza abitativa e per il mercato delle costruzioni: il cosiddetto Piano casa Renzi) e con alcuni articoli del Dl 12 settembre 2014, n. 133 (convertito legge 164/2014), il cosiddetto “Sblocca Italia”, e della L 28 dicembre 2015, n. 208, la legge di stabilità per il 2016. L’impronta sociale delle politiche per la casa del governo Renzi è impressa nel Piano. È rintracciabile nell’aumento dei finanziamenti a favore degli inquilini delle abitazioni di proprietà privata e in una contraddittoria attenzione al patrimonio delle case popolari. La dotazione del fondo sociale per l’affitto (legge 431/1998), per la concessione di contributi agli inquilini a basso reddito, è stata portata a 100 milioni di euro per il 2014 (50 erano già stati stanziati in precedenza) e altrettanti per il 2015. La legge finanziaria 2016, però, non ha previsto nessun altro stanziamento. Quando il fondo iniziò a operare, nel 1999, fu dotato di circa 330 milioni di euro, una cifra già allora insufficiente per renderne efficace l’azione. È stata aumentata anche la dotazione del fondo (Dl 102/2013) per aiutare gli inquilini che non riescono più a pagare l’affitto a causa della crisi economica e che, perciò, rischiano lo sfratto; il finanziamento è stato portato a circa 250 milioni di euro, ma distribuiti tra il 2014 e il 2020. Il Piano finanzia, con 470 milioni di euro, un programma di recupero di alloggi di proprietà pubblica sfitti, della durata di ben dieci anni: gli ultimi 25 milioni di euro saranno stanziati con il bilancio dello stato del 2024, al governo che verrà piacendo. Sulla lunga dilazione del finanziamento può aver influito la difficoltà di far tornare i conti del bilancio statale, ma non deve essere stata l’unica ragione, se si considera che nelle sue pieghe sono stati trovati 290 milioni di euro per il 2016, per mandare al cinema i ragazzi che quest’anno compiranno 18 anni. Tuttavia, se anche l’intero finanziamento previsto fosse stato concentrato in uno o due anni, sarebbe stato comunque insufficiente a sistemare tutte le case popolari vuote. L’obiettivo di accrescere la disponibilità di alloggi pubblici da concedere in affitto contrasta, poi, con l’intenzione di favorire l’acquisto, da parte di chi li abita, di quelli già affittati, con conseguente riduzione della consistenza del patrimonio.

Il governo Renzi ha assunto anche alcune misure per rilanciare il mercato immobiliare, principalmente attraverso misure che dovrebbero contribuire a smaltire l’eccesso di offerta di case nuove invendute, il cui rilevante stock costituisce un collo di bottiglia che strozza la ripresa del settore. L’obiettivo è perseguito principalmente con: a) la possibilità di dedurre dal reddito il 20 per cento del prezzo pagato (massimo 300mila euro) e gli interessi passivi in caso di mutuo per le persone che acquistano da un’impresa di costruzione un’abitazione da affittare a canone concordato per otto anni; il tutto ripartito in otto anni (articolo 21 Sblocca Italia); b) una disciplina generale delle case a riscatto, cioè della possibilità per l’inquilino che prende in affitto un’abitazione di diventarne proprietario dopo un certo numero di anni (articolo 23 Sblocca Italia); c) una disciplina specifica per l’acquisizione in proprietà degli alloggi sociali dopo un periodo di locazione di almeno sette anni (articolo 8 Piano); d) la possibilità per le persone fisiche di detrarre dal reddito, in dieci anni, il 50 per cento dell’Iva pagata sull’acquisto, nel 2016, di abitazioni di classe energetica A o B da imprese di costruzioni (articolo 56 legge stabilità 2016); e) l’introduzione del contratto di locazione finanziaria di immobili da adibire a prima casa (articoli 76-84 legge stabilità 2016). Ognuna di queste proposte ha proprie peculiarità. Le accumuna, però, una caratteristica che le rende poco efficaci: non intervengono, o non lo fanno in misura sufficiente, per avvicinare la domanda alle condizioni economiche di mercato dell’offerta delle case. Anche per centrare l’obiettivo principale per il quale sono state pensate – rilanciare il mercato delle costruzioni – sarebbe necessario fornire un aiuto finanziario per rendere più sostenibile l’onere di cui deve caricarsi una famiglia per acquistare un’abitazione. Davvero quell’onere si riduce significativamente per chi acquisti una prima casa da 200mila euro se può portare in detrazione per dieci anni 400 euro all’anno dalle imposte che deve pagare (Iva ridotta dal 4 al 2 per cento, cioè da 8mila a 4mila euro)? Si potrebbe obiettare che incentivi più consistenti hanno costi che il bilancio dello Stato non può sostenere. È vero solo in parte: non c’era, per esempio, nessun vincolo che obbligasse a destinare 3,5 miliardi di euro a finanziare l’abolizione della Tasi. Tutto dipende dalle priorità che il governo si dà.

Raffaele Lungarella

Invia una risposta