Chi lavora alla “Itel” di Ruvo di Puglia, lo dice con orgoglio: “Non siamo solo i primi in Italia ma siamo i soli al mondo”. A fare cosa? A lavorare su un prototipo industriale di uno speciale acceleratore lineare di protoni che – in fasci – si dirigono sui tessuti colpiti da tumore da trattare in radioterapia. In altre parole: è come se l’acceleratore fosse una sorta di cannone che mira le cellule affette da patologie tumorali e le attacca senza però danneggiare le parti sane dei tessuti. Il suo impiego potrebbe aiutare a sconfiggere alcune neoplasie come quelle che affliggono i bambini o che colpiscono la testa o il nervo ottico o il collo.
L’acceleratore è una macchina intelligente capace di agevolare non la diagnosi ma la cura delle malattie oncologiche. Quando si entra nello stabilimento di Ruvo si ha la sensazione di entrare nel futuro: specchi e vetrate rendono tutto luminoso, anche i tanti dipendenti in camice bianco che circolano con taccuini e diagrammi per i corridoi dell’azienda. Il progetto legato all’acceleratore di protoni – su cui sono a lavoro da sei anni – si chiama Erha ovvero Enhanced Radiotherapy with Hadrons. A chiarire di cosa si tratta è Raffaele Prisco, responsabile Ricerca e sviluppo della società che si occupa anche della produzione di radiofarmaci e della risoluzione di problematiche legate alla progettazione e installazione delle apparecchiature di risonanza magnetica e diagnostica per immagini. “Il nostro prototipo industriale rivoluziona l’approccio finora usato per l’impiego della proton- terapia”, sottolinea Prisco. L’azienda fondata da Leonardo Diaferia agli inizi degli anni Ottanta, intende far compiere non al metodo ma al trattamento proton – terapico un salto di qualità: dalla diagnosi alla cura dei tumori. “Innanzitutto per accelerare i protoni non si utilizzano ciclotroni e sincrotroni estremamente costosi e difficilmente modificabili”, spiega Prisco e puntualizza: “Abbiamo optato per un acceleratore lineare modulare perché compatto e poco costoso, integralmente progettato e costruito in Italia”. L’obiettivo è chiaro e unico nel suo genere: “Rendere disponibile una macchina che integra – in un’unica soluzione – tutte le fasi necessarie per un trattamento proton-terapico: dalla diagnostica alla terapia, passando attraverso la pianificazione del trattamento e il posizionamento del paziente. Quelle già esistenti, fanno solo da cura”, rivela Prisco che azzarda anche una data. “Entro il 2016 il prototipo dell’acceleratore che è il risultato di un progetto di ricerca di quasi 15 milioni di euro finanziato per sei dal ministero per l’Istruzione e la ricerca, sarà validato per poi passare alla sua utilizzazione clinica. La validazione però richiederà il trasferimento in un ospedale che dovrà avere strutture e soprattutto personale qualificato in grado di utilizzarlo”, dice il Responsabile aziendale del settore Ricerca. (www.barisette.it)
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