UN BIMBO LA’ NELLO SCALONE

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San Marco celebral’80° anniversario dalla nascita dell’artista e poeta Filippo Pirro.

Il 28 ottobre, in occasione dell’80° anniversario dalla nascita dell’artista e poeta Filippo Pirro, la famiglia Pirro e l’Associazione culturale “Il Sentiero dell’Anima”, congiuntamente con l’Amministrazione comunale, L’Arci Pablo Neruda, i Lions Club di San Marco in Lamis, l’UniTre e Lefabrilù, hanno celebrato con tutta la cittadinanza la figura artistica del Maestro.

Due i momenti a lui dedicati: alle h 17,30, ne Lo Scalone, via Michele De Bellis, una caratteristica via a scalinate del centro storico di San Marco, animatasi a festa e gremita di gente, è stata inaugurata una splendida epigrafe presso la casa natale dell’artista.

Il Sindaco di San Marco in Lamis, Michele Merla, ha sottolineato l’importanza della memoria per le nuove e future generazioni, insistendo sul dovere etico e civico di onorare e celebrare le grandi personalità come Filippo Pirro.

Commosso e partecipe il ricordo dell’Assessore alla Cultura di S. Marco in Lamis, Meriligia Nardella, che conosceva l’artista fin dalle scuole elementari, tanto da custodire ancora gelosamente un monile, realizzato da Pirro quando era solo una bambina.

E “come fossero monete rare, come un biglietto tenuto in segreto”, così il figlio di Filippo, Antonio Pirro, ha narrato di ritagli della memoria che balenano da tasche insospettabili, scampoli di racconti ascoltati e narrati da suo padre, legati a quel luogo, lo Scalone, in cui Filippo Pirro è nato e cresciuto.

Sarebbero stati 80 gli anni compiuti dall’artista, e sembrava quasi di vederlo aggirarsi tra le scale di quella strada a lui tanto cara, disegnare ancora le pareti con la carbonella, salire e scendere lungo la parabola di una salita che si ripiega, come il suo concetto di poesia che – citiamo ancora le bellissime parole del figlio Antonio- significava “chiudere un arco, congiungersi e divenire un luogo riparato ma sempre aperto, un luogo in cui chi ci sarebbe capitato avrebbe trovato all’occorrenza una carezza”. Così quella strada, quella scala che amplifica il suo essere facendosi “Scalone”, sembra oggi rimettere tutti i ricordi in ordine, riportarli a galla, ravvivarli e renderli vivi, tra i ritratti dei “titani litici e composti che sono vecchi nostalgici, vedove bianche e ragazzi con un futuro avaro e i contadini traditi dalle fabbriche, le ciminiere piantate nel petto degli uomini del sud e le case dei boschi del Gargano incastonate nelle bolle di sapone”.

Una folta platea commossa popolava quelle scale lo scorso 28 settembre, tra gli occhi vividi di anziani sull’uscio e rimembranze di un luogo che si fa topos, come lo stesso Antonio Pirro ha definito ogni concio, reale e metaforico, di quel luogo.

Al nipote omonimo dell’artista il compito di scoprire l’epigrafe, realizzata da Marmi Leone, su cui campeggiano la riproduzione fedele di una xilografia dallo stesso Pirro ed alcuni versi della poesia “Lo Scalone” che lo descrivono ancora infante e innocente: “un bimbo, là nello Scalone affiora/che vive la sua favola più bella/Pennelli lui non ha ma a carbonella/dipingo sopra muri lattescenti/per occhi ancora puri e innocenti.

In un secondo momento, in una traboccante sala del Circolo Arci Neruda – Artefacendo Lab, si è avuta una ricca e attenta analisi che ha presentato la figura dell’artista e poeta Filippo Pirro.

Validissimi e sfaccettati gli interventi dei preziosi relatori, con le riflessioni sull’opera di un artista, Filippo Pirro, definito vulcanico e magnifico da Raffaele Cera, passando per l’indagine critica del pittore e scultore compiuta da Gianfranco Piemontese, l’analisi della poesia in lingua madre da parte di Luigi Ianzano, la poesia in lingua italiana tra nostalgia e ricordo di Gian Pasquale La Riccia, la ricerca del νόστος della parola in prosa ad opera di Carla Bonfitto e lo studio delle composizioni musicali da parte di Claudio Bonfitto.

Gianfranco Piemontese è partito dalla sua conoscenza diretta dell’artista, quando, nel 2003, incontrava e conosceva Pirro, scoprendolo nuovo “Apollo che aveva coniugato le sue sculture e pitture con l’Arte della Natura dei luoghi, le sue opere interagivano con quel luogo caratterizzato da rocce emergenti dal terreno, cespugli e alberi. Un articolato complesso di espressioni artistiche: umane e della natura stessa”, oggi ancora vivo e presente nel parco artistico-ambientale “Il Sentiero dell’Anima”, ideato e realizzato da Pirro in quegli anni. La descrizione è poi passata alle porte bronzee realizzate dall’artista per la Cattedrale di Ariano Irpino, soffermandosi su una rilettura contemporanea della mandorla in cui l’autore inscrive l’Assunta, fino ai bassorilievi che sovrastano l’elevazione della Vergine, in cui ravvede un richiamo alle Notti stellate di Van Gogh. Intorno alla parte grafico-pittorica, la panoramica si fa caleidoscopica, dalle opere filosofico-trascendentali a quelle del ricordo e del distacco.

Permane, sempre secondo la lettura critica di Gianfranco Piemontese, “il topos di origine. Il luogo dove gli uomini, gli affetti e le relazioni si sono stratificate nel corso dei secoli”. Lalettura di Filippo pittore e scultore è proseguita a largo spettro, portando Piemontese a  dichiarare che le sue opere “stupiscono ed incantano e ci fanno sentire come bambini davanti ad esercizi di magia o con gli occhi che puntano in un caleidoscopio e scoprono molteplici combinazioni cromatiche. C’è nelle sue opere una forte dose onirica e fiabesca che fanno pensare ai tanti artisti sognatori e tra questi uno per tutti Marc Chagall. Confermando come dai piccoli mondi come quello della Vitbesk russa o la San Marco in Lamis italiana, emergono grandi artisti.”

L’analisi della poesia in lingua dialettale di Filippo Pirro è stata invece condotta da un attentissimo Luigi Ianzano, che ne ha riportato datazioni, indagini cronologiche e formali, revisioni e stile di un Pirro che scrive nel “primo canto materno”, pervaso di un “senso malinconico di ingiustizia con quelle parole dell’anima che egli sa così magistralmente intarsiare”. Il lessico in versi di Pirro dialettale è costituito da parole che Ianzano definisce di latte, guidate da stelle sicure e forti della letteratura vernacolare sammarchese: Francesco Borazio e Joseph Tusiani. E se è assodato, come scriveva Cosma Siani, che «il Gargano sollecita nostalgie non solo in chi ne è lontano, ma in chi ci vive. E se non è nostalgia geografica […] è pur sempre una forma di nostos: ritorno all’infanzia, al passato, alla memoria, […] all’utero materno», è vero che Pirro sente il rimpianto di una madre-culturacontadina e porta a collocare Filippo «sul versante della tradizione digiacomiana (il dialogo in versi, la canzone, il patetico) che si intride di inquietudini associate a strutture colte, che la sospingono verso la soglia espressiva oggi intesa come neodialettalità». E difatti Ianzano ne “coglie un certo progressivo consapevole distacco dai moduli tradizionali, da toni popolareggianti e quadretti bozzettistici, a favore di espressioni esistenziali, retrospettive.”

Gian Pasquale La Riccia, analizzando invece la produzione poetica in italiano di Pirro, ha parlato di una sorta di “strabismo cronologico”, “nel senso che il poeta spalanca gli occhi sul presente, ma ben presto li ritrae rifugiandosi in un passato mitico e mitizzato dalla sua ispirazione poetica.” La poesia di Filippo, allora, diventa per La Riccia “punto fermo per stabilizzare il momento e non volatilizzare le emozioni che quell’esperienza ha prodotto, [tanto che] il passato sembra edulcorare il presente funestato dalla perdita di un vissuto che dolce si ripresenta alla memoria e diventa canto che scioglie gli spasimi e i turbamenti di un tempo che passa e trascina con sé gli elementi che contraddistinguevano quell’esistenza povera ma lieta”. È un Pirro poeta che ama lo sperimentalismo linguistico e di stile, pur tenendo sempre lo sguardo sulla grande poesia classica, amando contaminarne i registri stilistici, ma che avverte costante un malessere per l’incapacità di trattenere la propria essenza di fronte allo scorrere del tempo e del suo mutare.

Il pensiero critico di Carla Bonfitto verso Pirro narratore ha guidato verso un trittico di imperativi: “immagina, sogna, crea”, che la Bonfitto immagina leggendo e analizzando la prosa di Filippo. “Immaginare nuovi spazi, sognare che il possibile possa concretizzarsi, creare abilmente con il cuore e con la mente”, così ha esordito Carla Bonfitto nel suo sentito e acuto intervento in cui individua “il νόστος, il viaggio che si realizza attraverso la parola quella incisa nel bosco, in mezzo alla natura o su un’opera d’arte o ancora su una pagina bianca ma, in qualsiasi forma essa sia, resta profondamente parola. Per sempre.” È così

che la “sua prosa così vivida – ha continuato ancora Carla Bonfitto – è un omaggio alla sua terra e diventa riflessione per le generazioni future che sempre più si allontanano dal “nido” per cercare fortuna altrove. […] e come Ulisse, il polìtropo di cui ci parla Omero, abile, arguto dal multiforme ingegno, anche il nostro Filippo Pirro ha contribuito a caricare la parola di profondi significati in un viaggio all’insegna della conoscenza e della curiosità, ma sempre radicato nel territorio, il suo Gargano, una terra che lui descrive con straordinaria sensibilità e che diventa simbolo di appartenenza, di partenza verso altri luoghi e di ritorno alle proprie origini”. E per Carla Bonfitto il viaggio di Filippo ancora continua “in molteplici forme e sembra ancora dire “Sognate!”. Perché la gente ormai non sogna più.”

La composizione musicale di Filippo Pirro resta una vera sorpresa per tanti, dato che pochi conoscevano la passione per la musica e per la scrittura della stessa coltivata dall’artista. “Un comporre variegato” ha analizzato così Claudio Bonfitto “multiforme e orientato su più registri, dal sacro ai canti carnascialeschi, dall’ironico al satirico, dal sentimentale alle ballate, fino al costrutto gregoriano ed ai salmi in italiano o in vernacolo”, in una volontà di provare l’arte in ogni sua forma possibile, come ha affermato anche Raffaele Cera, secondo quello spirito poliedrico proprio di artisti rinascimentali della portata di Michelangelo Buonarroti, pur in contesti e in esiti personali e propri.

La traduzione dell’analisi musicale di Filippo Pirro musicista autodidatta si è avuta con la magnifica interpretazione canora del baritono Fernando Napolitano e di Angelo Gualano al pianoforte, permettendo ai tantissimi presenti di godere dell’ascolto di tre canzoni: Pianefforte ‘e notte (musica di Filippo Pirro, testo Salvatore di Giacomo), Spusalìzie de verne e Comme ‘na vota (testi e musiche di Filippo Pirro).

È vero: sognare è ancora doveroso, come anche tradurre in realtà i sogni. Filippo Pirro amava tessere la trama e l’ordito della sua sconfinata fantasia e altalenava tra nostalgia del ricordo e nuovi progetti, smarrimento dell’essere e stelle vive della spiritualità e del trascendente, in un poliedro dalle facce sempre nuove che tanto ha dato e che ancora lascerà scoprire nelle tante sue opere ancora chiuse nel cassetto, custodite dalla sua famiglia ed oggetto di studio.

Oggi quel bimbo, là nello Scalone, sorride e intona con la sua armonica a bocca, chissàdove, una nuova melodia fatta di tutta questa ricchezza di emozioni e parole e volti.

Il Sentiero dell’Anima