L’immagine del fotografo Mohammed Salem ritrae una donna palestinese di trentasei anni, Abu Maamar, che stringe al petto il corpo della nipote uccisa da un missile israeliano
È il fotografo di Reuters Mohadded Salem, di origini palestinesi, ad aver vinto il prestigioso World Press Photo 2024 con uno scatto che ritrae la una donna di trentasei anni, Abu Maamar, mentre stringe al petto il corpo esanime della nipote di 5 anni, Saly, morta a Khan Yunis insieme alla madre e alla sorella a causa di un missile israeliano. Salem era diventato padre da poco quando, il 17 ottobre scorso, ha assistito alla scena ritratta nella foto, e ha descritto lo scatto come un “momento forte e triste che riassume il senso più ampio di ciò che stava accadendo nella Striscia di Gaza”. L’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha comunicato che donne e bambini palestinesi allo stato attuale rappresentano più di due terzi del bilancio delle vittime dell’aggressione: Salem racchiude la tragicità di questo dato in un’immagine che, intitolata A Palestinian Woman Embraces the Body of Her Niece, è stata ribattezzata come “La Pietà di Gaza” in analogia con la Pietà di Michelangelo.
La fotografia di Salem suscita sgomento e dolore grazie al solo potere evocativo di una posa raccolta e composta. Lo strazio non passa attraverso l’ostentazione di truci dettagli – quelli a cui abbiamo ormai allenato occhi e stomaco tanto da restare quasi indifferenti – ma passa attraverso la forma dolente assunta dal corpo della donna che, accucciata e ripiegata sulla nipote, sembra volerla cullare e proteggere ancora una volta. Il capo è chinato, la mano si chiude sul profilo della bambina, coperto da un lenzuolo. Contrariamente alla maggior parte delle foto di reportage, non scorgiamo smorfie, non leggiamo angoscia sul viso, non c’è sangue. Eppure, proviamo una pena infinita: quel dolore è, per un attimo, il nostro. Senza retorica, né sentimentalismi, l’assenza di dettagli consente quella distanza estetica indispensabile per empatizzare e riflettere. (Alice Marchesini – artribune.com)