L’ANORESSIA E LA BULIMIA COLPISCONO TRE MILIONI DI ADOLESCENTI

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Anche l’esordio della malattia è sempre più precoce, e si colloca tra i 12 e i 17 anni. I tempi di recupero, quando la terapia funziona, sono molto lunghi

ANORESSIA E BULIMIA IN ITALIA

Anoressia e bulimia in Italia assumono sempre più i connotati di un’epidemia giovanile. Siamo arrivati a 3 milioni di adolescenti che hanno problemi seri di disturbi alimentari, e anche l’inizio della patologia si è accorciato, e riguarda in prevalenza giovanissimi dai 12 ai 17 anni Il recupero è lento e incerto, e per provarci bisogna coinvolgere, oltre ai familiari, una squadra di terapeuti che comprenda il nutrizionista, il medico e lo psicologo. Secondo i calcoli dell’American Psychiatric Association (PSA), i tempi di recupero, quando la terapia funziona, non sono inferiori a 57-79 mesi.

COME CURARE ANORESSIA E BULIMIA

Anoressia e bulimia sono patologie non facili da curare. I risultati sono incerti, i tempi molto lunghi. E purtroppo questo tipo di malattie possono portare alla morte (l’Organizzazione Mondiale della Sanità considera i disturbi alimentari la seconda causa di morte degli adolescenti dopo gli incidenti stradali), anche per arresto cardiaco, o al suicidio, e in ogni caso avvelenano la vita sociale di un adolescente. Tra l’altro, c’è anche un effetto collaterale, ovvero l’osteoporosi che blocca la crescita delle ossa. Spiega Laura Della Ragione, direttore di Palazzo Francisci a Todi, una delle migliori strutture per la cura degli anoressici: «Un bambino di dieci anni con anoressia nervosa e blocco dell’accrescimento osseo non raggiungerà mai la stessa altezza che avrebbe avuto se non si fosse ammalato».

DOVE SI CURA L’ANORESSIA

Ci sono due livelli di luoghi dove si curano anoressia e bulimia in Italia. I casi più lievi sono gestiti negli ambulatori, quelli più complessi nei centri diurni e residenziali, come appunto Palazzo Francisci a Todi. Complessivamente i centri diurni, pubblici e privati, in Italia sono 146. Ma con una forte disparità territoriale. In Puglia, per esempio, mancano completamente centri predisposti per i ricoveri e per la riabilitazione residenziale. In Calabria c’è un solo ambulatorio. In Sardegna, un’unica struttura residenziale, Lo Specchio, che però funziona molto bene. Nelle Asl di tutte le regioni del Sud Italia manca il personale competente e specializzato per la cura dei disturbi alimentari.

Nelle regioni meridionali l’unica Struttura residenziale pubblica, per persone che soffrono di disturbi alimentari, si trova a Chiaromonte, in provincia di Potenza, e accoglie pazienti che arrivano dalla Campania, dalla Calabria e dalle isole. I ricoveri sono aumentati, nel 2021, del 30 per cento.

CENTRI SPECIALIZZATI PER LA CURA DEI DISTURBI ALIMENTARI

Neanche il tempo di arrivare a una mappatura completa dei Centri dove è possibile curare i disturbi alimentari, e il Ministero della Sanità ha dovuto prendere atto del crollo dei posti letto destinati a questi trattamenti. I Centri specializzati, secondo l’ultimo censimento dell’Istituto superiore di sanità, sono scesi da 164 a 115.  Il taglio ha riguardato anche strutture molto importanti, come il San Raffaele a Milano,  dove i posti letto per anoressia e bulimia sono stati ridotti da 20 a 5. Intanto le persone a carico del Servizio sanitario nazionale per disturbi alimentari sono passate da 2,3 a 3,6 milioni. Con un aumento, appunto, del 56 per cento.

A QUALE PESO SI È ANORESSICI?

Non esiste una soglia di peso precisa, sotto la quale viene diagnostica l’anoressia, che per oltre il 90 per cento dei casi colpisce le donne. I primi segnali appaiono attorno ai 12 anni, e in generale gli specialisti adottano un parametro indicativo per lanciare l’allarme: un peso corporeo inferiore di oltre il 15 per cento rispetto a quello standard per età e sesso. Oppure un Indice di Massa Corporea (IMC) uguale o inferiore a 17: il valore viene calcolato come rapporto tra il peso in chilogrammi e il quadrato dell’altezza in metri.

MI NUTRO DI VITA ONLUS

Di fronte ai buchi della rete assistenziale per i pazienti che soffrono di disturbi legati all’alimentazione, le varie associazioni di volontari si stanno battendo con un preciso obiettivo: aumentare le risorse per combattere l’epidemia. In prima fila c’è la onlus Mi nutro di vita, fondata e presieduta da Stefano Tavilla dopo la scomparsa a soli 17 anni di sua figlia Giulia, morta poco prima di essere ricoverata in un centro specializzato. Tra le richieste presentate dalle associazioni al ministero della Salute c’è quella di classificare i disturbi alimentari all’interno dei Servizi minimi ai quali hanno diritto i cittadini all’interno del Servizio sanitario nazionale. E sganciare i Dca dalla categoria delle fragilità psichiatriche: in questo modo ci sarebbero più risorse e più personale da destinare alla rete di assistenza per anoressia e bulimia.

CHE FARE PER FERMARE L’ANORESSIA?

Che cosa possiamo per frenare l’onda lunga dell’anoressia? I farmaci non aiutano, specie nel caso dei bambini. Bisogna agire su tre livelli: familiare, nutrizionale e psicologico. Innanzitutto i ragazzi che soffrono di disturbi alimentari hanno bisogno del calore e della serenità della famiglia, e devono essere curati. Anche in strutture specializzate, se necessario. Quanto all’aspetto psicologico, convinciamoci che si tratta di una forma di dipendenza, come la droga e l’alcol, e come tale va affrontata. Infine, l’alimentazione: prima riusciamo a insegnare ai nostri figli il valore e il senso del cibo, e minori saranno le possibilità di vederli scivolare verso la zona grigia dell’anoressia. Diamoci da fare, tutti. (nonsprecare)