Fa male al cuore. Alza la pressione. Altera gli equilibri ormonali. E brucia i rapporti umani, seminando solitudine.
DANNI DELLA RABBIA
Avete mai provato a riflettere, anche solo per qualche minuto sugli effetti collaterali, i danni a catena, della rabbia? Non c’è solo il malumore, lo sfogo, la pressione che si alza, la testa che scoppia, e una rissa dietro l’angolo. No, c’è molto altro. E di peggio. I primi danni della rabbia riguardano la nostra salute fisica. La rabbia non fa bene al cuore, in quanto fa salire la pressione e la frequenza cardiaca. Inoltre altera la frequenza cardiaca, e provoca l’aumento del cortisolo. Le persone fragili, in quanto a sistema cardiovascolare, con la rabbia corrono rischi enormi, fino all’infarto.
RABBIA EFFETTI COLLATERALI
Ai danni principali causati dalla rabbia si sommano alcuni effetti collaterali, una catena di sprechi della nostra salute. Danni epatici, dovuti a un’eccessiva produzione di bile che l’organismo non riesce ad espellere. Ma anche gastrite, reflusso, acidità, sensazione di bruciore alla bocca e infiammazione della mucosa. Danni muscolari: l’aumento dell’adrenalina determina dolori o crampi ai muscoli e alle articolazioni. Lo stress scatenato dalla rabbia può provocare anche un’irritazione del colon e alcune forme di dermatiti. Con prurito e irritazioni. Poi ci sono i danni psicologici della rabbia.
DANNI PSICOLOGICI
Quanto ci prendiamo troppo sul serio. Quanto non riusciamo a contenere la rabbia, un attimo o una vita. Quanto sprechiamo, in termini di tempo e di salute, per non contenere pulsione umane, certo, ma quasi sempre controproducenti e sicuramente dannose. L’orologio della vita di un uomo e di una donna di 70 anni dice che 106 giorni sono volati per lavarsi i denti. Pochi? Molti? Ma almeno sono serviti all’igiene della bocca, a non avere un alito cattivo, a migliorare l’estetica di un sorriso. Il tempo assorbito dalle arrabbiature, invece, in media, ma ognuno può fare la propria statistica, va ben oltre i 106 giorni in una vita di 70 anni: ed è quasi sempre sprecato. Per non parlare degli effetti collaterali, non proprio marginali: a forza di arrabbiarci con frequenza diventiamo intolleranti, smarriamo il senso e il valore della gentilezza, fatichiamo a costruire relazioni, da un amore a un’amicizia, da un team di lavoro a un gruppo di persone impegnate nel volontariato. Colpiamo il fisico, dal cuore, pensate a chi muore per un infarto arrivato durante una sfuriata, all’apparato gastrointestinale, per il quale la rabbia equivale a una sequenza di cazzotti a freddo, e tutti in grado di centrare il bersaglio.
PERCHÉ LA RABBIA È UNO SPRECO
Al contrario, la risata, il primo e più efficace antidoto alla rabbia, abbinata a una sana leggerezza, produce salute, benessere e buona compagnia. Una vasta letteratura di ricerche scientifiche, le più importanti sono delle università di Oxford e del Maryland, dimostra in modo inequivocabile i benefici del ridere. Sdrammatizzare, con il tocco limpido e morbido dell’ironia, riduce stress e nevrosi. Con una sola risata migliora la pressione sanguigna, grazie a una dilatazione delle arterie del 50 per cento. Ridere significa assumere un antidolorifico naturale: la nostra resistenza al dolore aumenta di dieci volte. Per non parlare di una spinta, che filtra attraverso la risata, alla creatività e all’uscita dall’angolo della depressione, dove tutti possiamo infilarci. Il motore di questa spinta sono le endorfine, che appunto per loro natura migliorano il nostro umore. L’opposto della rabbia, che invece le riduce.
Tornando al tempo, questa risorsa, nella società della fretta e delle compulsioni, delle vite schiacciate sul presente, è un bene sempre più prezioso. Talvolta raro, visto che lo abbiamo smarrito. E quando parliamo di stili di vita sostenibili, non possiamo prescindere dall’uso che facciamo del nostro tempo.
La rabbia brucia tempo, e appena si condensa da una collera individuale a un’ira collettiva, trascina un’intera società sul precipizio del rancore, dell’invidia sociale (il contrario della sana competizione), del linguaggio quotidiano trasformato in turpiloquio. Una società con questi connotati non può crescere, se non in senso anagrafico, e l’Italia sta attraversando un mare in tempesta, dalla paura per la perdita di benessere economico alla domanda crescente di sicurezza, con la zavorra della rabbia diffusa come un virus, per il quale nessuno sembra avere voglia di individuare qualche efficace vaccino.
Se volete un esempio molto visibile, direi a vista d’occhio, dei danni che la rabbia può fare rispetto ai nostri comportamenti come comunità di cittadini, fate mente locale su ciò che accade ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, nelle strade di alcune città: mi viene in mente Roma, la città dove vivo, ma ne potrei citare diverse. A fronte di 4 giorni all’anno, è sempre una media, che sprechiamo imbottigliati nel traffico, la rabbia contagiosa, dall’automobilista al motociclista, dal ciclista al pedone, ha fatto in modo che suonare il clacson o urlare qualche insulto, anche mentre dal rosso il semaforo sta diventando verde, siano diventate abitudini quotidiane. Un impulso irrefrenabile, un moto di collera, di fronte magari alla semplice incertezza di chi condivide con noi lo spazio urbano, a partire proprio dalla strada. Forse, se riuscissimo, con gesti semplici, a ridurre lo spreco del tempo assorbito dalla rabbia, avremmo una Buona notizia da mettere in circolazione: la leggerezza, nulla a che spartire con la superficialità, rende tutti più liberi e più forti. E Italo Calvino lo spiegava con questa definizione della leggerezza: «Il planare sulle cose dall’alto, senza avere macigni sul cuore». Quanto basta per vivere meglio.
COME GESTIRE LA RABBIA
La rabbia si può gestire, anche se abbiamo frequenti attacchi di un’emozione che, per sua natura, tende a essere eccessiva e incontrollata. Per allenarsi a gestire la rabbia possono essere utili alcune contromisure:
Cercate di approfondire i motivi degli attacchi di rabbia
Individuate le sensazioni, anche fisiche, dei momenti di attacchi di rabbia: tensione muscolare, tremore, mascella serrata, costrizione al petto
Partendo dai primi segnali, riconoscete il punto di non ritorno, al quale non dovete mai avvicinarvi troppo
Prendete una pausa e rilassatevi, meditando su quanto è accaduto
Provate a comunicare in modo pacato, con un respiro profondo e, anche nel dissenso più aspro, non dimenticate di rispettare il vostro interlocutore. (nonsprecare)