LA SCHIETTEZZA FA DIVENTARE PIU’ BELLI

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La schiettezza fa diventare più belli: basterebbe questo effetto somatico, per coltivare questa semplice virtù. Ci sono modi di essere, di stare al mondo, di avere relazioni con gli altri, che hanno un forte impatto nei nostri connotati. Ne somatizziamo l’essenza.

Tra questi spicca la schiettezza, sinonimo anche di genuinità, come se questa virtù fosse una specie di prodotto da negozio alimentare di alta qualità. In effetti la schiettezza ha un sapore tutto particolare (schietto è un aggettivo che si usa spesso a tavola, a proposito per esempio del vino buono e caldo), che la rende inscindibile dal carattere di una persona. Chi è schietto, sinceramente schietto, lo vedi subito, per i suoi connotati, per una questione estetica.

SCHIETTEZZA

Fateci caso: una persona schietta è bella. Emana luce, fascino, e come tale assume i connotati di una bellezza che va perfino oltre i tradizionali canoni dell’estetica. Come si spiega questo fenomeno al confine tra l’antropologia e l’etica? Con il fatto che la schiettezza ha il valore di una cosa genuina, spontanea, con una sua carica di purezza: e quindi è destinata, proprio per la sua natura, a espandere la luce del bello, quindi ad avere una dimensione estetica. Una dimensione da gustare, come quando diciamo che il vino bevuto è «schietto».

L’IMPORTANZA DELLA SCHIETTEZZA

Viviamo nell’era delle fake news, le false informazioni che diventano verità, di un’ipocrisia dilagante, utilizzata spesso anche come mezzo di sopravvivenza, di un rancore soffuso e diffuso, che allontana dalla verità e spinge, quasi istintivamente, a una dissimulazione continua. Dunque, non è il tempo della schiettezza. E chi la pratica, rema sicuramente controcorrente.

Però la schiettezza è una virtù che produce importanti benefici. Il primo: rende liberi. Non siamo più schiavi di un compromesso, di un prezzo da pagare, del dovere nascondere qualcosa a qualcuno. E la libertà è la premessa per l’esercizio del senso critico, dell’autonomia di un giudizio, che non deve mai essere dall’alto e censorio. Inoltre, in quanto virtù della franchezza, la schiettezza crea legami che poi, alla lunga, diventano indissolubili.

Di chi vi fidate veramente? Di chi ha saputo dirvi fino in fondo la verità, anche quando era scomoda e amara. Di chi invece diffidate? Di chi ha uno sguardo obliquo, indice di una scarsa genuinità e di pensieri poco limpidi, opachi. Così la schiettezza induce alla protezione, al difendere e al sentirsi difesi. È uno scudo contro la viltà della calunnia, dell’insulto gratuito, della maldicenza alimentata con tutti i sistemi possibili, a partire dal volano del web.

IL VALORE DI ESSERE SCHIETTI

Spesso sentiamo dire: dovremmo essere schietti e sinceri come i bambini. È vero, i bambini ci danno ogni giorno questa lezione di genuinità e spontaneità. Ma proprio da loro arriva il segnale di come la schiettezza vada usata con discernimento e perfino con cautela, altrimenti c’è il rischio che possa diventare una forma di generosa violenza. Il bambino che accusa il coetaneo, evidenziandone i difetti, in modo esplicito, fa un gesto crudele. Sotto il segno della schiettezza. Così come noi dovremmo avere maggiore delicatezza nello sbattere in faccia a qualcuno, anche la persona alla quale vogliamo bene, la verità sulle sue colpe e i suoi difetti. Ricordiamoci sempre che nei comportamenti umani esiste una legge della fisica: a ogni azione corrisponde una reazione. Accusare in modo così diretto, e violento, nel nome della schiettezza, una persona, significa spingerla ad allontanarsi da noi, e magari scatena una reazione controproducente, di chiusura, solo per autodifesa. Meglio, invece, procedere con gradualità, con la necessaria delicatezza, senza andare a scavare troppo nelle ferite che abbiamo dentro. Quindi: sì alla schiettezza, ma con giudizio.

ESSERE SCHIETTO

D’altra parte essere schietto ha un prezzo. Talvolta anche piuttosto alto. Nella vita molte persone si abituano, quasi lasciandosi andare al piacere della compagnia dell’ambiguità, alla scelta della penombra. Un dire e non dire. Un parlare per perifrasi. Un tortuoso percorso per non correre mai il rischio di essere diretti, franchi, nudi anche con se stessi. In questo gioco di chiaroscuri anche la nostra fisionomia ne risente, lo sguardo è obliquo, il sorriso stenta, la fronte si restringe. Meglio allora rischiare. Sapendo, come diceva Goethe, che la parola «schietta» può essere «terribile», come se i due aggettivi fossero sinonimi. Devastante, per gli effetti che produce. E ancora, Dostoevskij faceva una relazione, inversamente proporzionale, tra la schiettezza e l’adulazione. Riconoscendo la prima come «la cosa più difficile da fare al mondo», e la seconda «la più facile». Qualche volta bisogna scegliere la strada più impervia, almeno per guardarsi allo specchio, ogni mattina, con la giusta serenità. (nonsprecare)