SOCIETA’ E FAMIGLIA SANNICANDRESE NELLE FONTI DI STORIA LOCALE. SECC. XVI – XX

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Con questa mostra si vuole ripercorrere un passato  poco noto di vita paesana dalla fine del secolo XVI fino agli anni Venti del secolo XX. I documenti scelti sono conservati a San Nicandro Garganico e provengono dall’archivio parrocchiale di Santa Maria del Borgo e dall’Archivio Comunale. Sono, per l’archivio parrocchiale, atti di battesimo, di morte, di matrimonio, registri dello Stato delle Anime1 e documenti relativi alla famiglia sannicandrese durante la feudalità. I documenti dell’archivio comunale sono, invece, delibere di Decurionato, di Giunta e di Consiglio e coprono un arco di tempo che va dal 1827 al 1925.

Nella prima sezione si sono esposte le memorie storiche manoscritte su San Nicandro, che trattano anche dell’origine delle famiglie sannicandresi. I documenti esposti sono del 5 dicembre 1844 e del 18 maggio 1872.

Dalla loro lettura San Nicandro risulta di origine greca perché sarebbe stata fondata dagli abitanti greci della città di Mileto, la quale sorgeva nei pressi della famosa torre omonima. L’altro documento, trattando della genesi del borgo antico della Terravecchia e della costruzione della nuova Chiesa Madre, dice: “[…] Dopo che le abitazioni limitate, e circoscritte fra le antiche muraglie, che formano la terra di Sannicandro, sotto il Castello baronale, che le ne improntava il nome, divennero insufficienti alle famiglie che la popolavano, e gli abitanti ebbero la necessità di uscire da quelle mura, e di aumentare gli edifici per ricoverare la popolazione crescente, anche per ragion de’ forastieri, che d’alieni paesi venivano a domiciliarvi, surse pure il bisogno di edificare novella Chiesa, più conforme al gusto del tempo, e larga in corrispondenza de’ fedeli […]”.

I documenti feudali riguardano una controversia del 1712 tra il Comune e alcuni cittadini sacerdoti per questioni di evasione fiscale; alcuni affitti di case fatte dalla Chiesa Madre ad alcune famiglie locali nel ‘700; la decima di orzo dell’anno 1731 a favore della Chiesa Madre da parte degli agricoltori; una istanza del 1754 prodotta dal Capitolo della Chiesa Madre contro il feudatario di San Nicandro. Si è ritenuto opportuno esporre anche il documento più antico -del 28 ottobre 1595 – che si conserva a San Nicandro, attestante le proprietà della Chiesa Madre. In esso compaiono i primi cognomi di San Nicandro: la famiglia Pascale, la famiglia Vocale, la famiglia Leone, la famiglia Curatolo, la famiglia di Minno (oggi estinta), la famiglia Galasso, la famiglia Agricola (oggi estinta), la famiglia Peticchio, la famiglia Ricciotti e la famiglia Latella (oggi La Tella).

Sempre proveniente dall’archivio parrocchiale è un documento concernente una dote di matrimonio chiamato dai nostri antichi notai Capitoli matrimoniali, nonché un legato pio fatto da Michele Malizia il 9 luglio 1699.

I capitoli matrimoniali rappresentano di per sé uno spaccato di vita sannicandrese degno di nota. Grande importanza assume l’elenco della dote che la donna riceve prima di passare a nozze con il futuro marito.

L’elenco del documento si apre con “braccia dieci otto di tela nuova per uno saccone; uno piomaccio di telaterlice; quattro camise di donna nuovi detti di assegnare cositi, et lavorati alli petti, e maniche videlicet, una di sfilatello cerchiate le maniche, un’altra di ponto cautato bianco, un’altra di sfilato ripiena di refo negro, et l’altra di ponto romano con filo rosso; […] quattro avantesini di donna di tela di casa nuovi cositi, e lavorati da piedi, videlicet: uno di ponto cautato bianco, un altro di rezza ripieno di seta marancina, un altro di sfilatello, et l’altro di sfilato ripieno di filo negro; […]uno paro di maniche di velluto ferraro pavonazzo et giallo guarnite con passamanidi seta; una gonnella di saia d’Ascoli rosso usata, guarnita di vellutello alli petti e talli giri da piede del medesimo panno; una fressola seu sertagine di rama di prezzo di carlini sette; una cocchiara di maccaroni di prezzo di carlini due; uno scomarello di prezzo di grana dieci; una scomarola di prezzo di grana dieci; una caldaia di rama di prezzo di carlini quindeci; una cascia d’abete usata”. Tra le varie clausole che l’atto presenta c’è anche il “patto, che lo detto Nuntio futuro sposo di detta Gratia durante il tempo, che si haverà da contrahere detto matrimonio per verba de’ presenti vis et volo, ante faciem Ecclesiae non habbia d’andare in casa di detta Gratia sua futura sposa, et andandosi senza lo consenso di detto Giovanni padre di detta Gratia, esso Nunzio habbia dà perdere la metà di dette doti ut supra promesse, et esso Giovanni padre di detta Gratia non sia tenuto, né sia astretto alla consignatione della metà di dette doti ut supra promesse, non obstante la detta promissione, ut supra facta perché così trà esse parte in nostri presentia sono convenuti […]”. Lo studio dei capitoli matrimoniali è importante per capire come sono evolute le tradizioni locali durante il corso dei secoli.

Il legato pio fu scritto il 9 luglio 1699 dal sacerdote don Pietro d’Herrico, il quale, richiesto da Michele Malizia, si è recato presso la sua abitazione, e trovandolo “sano di mente… ed infermo di corpo”, ne ha ricevuto le ultime volontà. Tra le varie disposizioni “vuole, che il suo corpo se seppellisca nel Convento di Santa Maria delle Grazie di questa Terra; dice detto Michele legante, che il debito di fundico, che hà con il quondam Gramatio del Pesaro, e debito di spetiaria, si paghi commune con detto Matteo suo fratello; […] vuole detto Michele legante, che Semiddea d’Ambrosio sua moglie sia signora e padrona guardando il letto viduale, ed in caso si maritasse, che si possa pigliare la sua dote, e che dette sue figliole restino sotto la tutela, e governo di Francesco della Torella suo zio, e di detto Matteo suo fratello, e che siano esecutori del presente legato e di detta pia disposizione, et di quanto in essa si contiene, essendo così la sua ultima volontà, e non altrimente”. Sono presenti come testimoni Luca Malizia, Domenico e Nicola Pallante, Antonia e Grazia d’Ambrosio, nonché don Pietro d’Herrico, che per volontà di Michele Malizia ha sottoscritto il legato pio.

Nella seconda sezione si sono esposti per lo più documenti provenienti dall’archivio comunale. Da esso, come si accennava all’inizio, provengono delibere preunitarie del Decurionato e delibere del Consiglio Comunale dall’Unità d’Italia fino agli anni Venti del Novecento.

Il più antico è del 12 febbraio 1827 e riguarda la nomi- na di alcuni eremiti alle cappelle rurali di San Giuseppe, Santa Maria del Monte e Santa Maria dei Mari sul Monte Devio. Altri riguardano la vendita delle carni, il cui prezzo doveva essere fissato dal Decurionato (l’attuale Consiglio Comunale), e il prezzo di vendita del vino. Importante è il documento concernente la tassa di famiglia o di focatico deliberata dal Consiglio Comunale il 9 aprile 1870. Del 10 ottobre 1871 è la delibera del Consiglio Comunale attestante l’apertura di un asilo infantile guidato dalle Suore della Carità, ordine di suore che andò via da San Nicandro nei primi del ‘900. Del 6 maggio 1851 è una delibera del Decurionato concernente la fida civica degli animali. In questo documento troviamo i cognomi di tantissime famiglie che erano dedite alla pastorizia.

Il 15 settembre 1878 si istituisce una levatrice munita di diploma per l’assistenza gratuita alle partorienti povere. Il giorno 11 giugno 1892 il Consiglio Comunale delibera sul “Concentramento, raggruppamento e trasformazione delle Istituzioni pubbliche di beneficenza”.

Tra le varie opere pie viene ricordata quella detta di “S. Michele Arcangelo”, il cui rappresentante locale è il signor Vincenzo La Piscopia. Questo legato dotale “venne fondato anticamente (nel secolo scorso) dal Principe di Sannicandro, Don Augusto Cattaneo, a favore di sei fanciulle nubende povere, alle quali in ciascuno anno e nel 29 settembre, giorno di S. Michele, per testamento del defunto filantropo, si doveva concedere per sorteggio, una dotazione di dieci ducati per ciascuna onde si fosse provveduta, secondo l’intenzione del fondatore, del letto maritale. La tradizione, infatti, chiama questo legato col nome di “letti di S. Michele”. Erano presenti all’estrazione di questi sei letti dotali: il Sindaco, l’Arciprete e l’Amministratore delegato.

Sempre in questa sezione trovano spazio due delibere comunali degli anni Venti. La prima è una delibera di Consiglio Comunale del 30 novembre 1921 e riguarda la commemorazione del Consigliere di Cassazione, avv. Francesco Paolo Antonio Mastrovalerio, illustre cittadino sannicandrese nato a San Nicandro Garganico il 24febbraio 1865 e morto a Napoli. La seconda è una delibera di Giunta Comunale del 23 ottobre 1925 e ha per titolo “Calmiere sui generi di 1a necessità e disposizioni analoghe”. In questo documento, considerato il crescente rialzo dei generi alimentari di prima necessità, “dovuto all’ingordigia dei rivenditori e rigattieri; Considerato che è necessario mettere un freno per evitare che tali prezzi assumano proporzioni grandi, tanto più che nella popolazione si nota un vivo malcontento; Considerato che i vicini Sanmarchesi scendono tutte le mattine in questa città per vendere patate, castagne ed altri generi alimentari, che questi rivenditori acquistano a prezzo mite per poi rivendere a prezzi proibitivi” si delibera il prezzo con cui dovevano vendersi le cicorie, i sedani, le scarole, i pomodori, i peperoni, le melanzane, le catalogne, le fave, i latticini ecc. Nella deliberazione viene fatto divieto di vendere all’ingrosso “tutti i generi alimentari di qualsiasi specie fino alle ore 11 di tutti i giorni della settimana”.

Dall’archivio parrocchiale provengono anche due documenti che ricordano, il primo, il vaiolo dell’anno 1835 (i numerosissimi morti per ordine del Comitato di Vac- cinazione furono seppelliti nel Convento di Santa Maria delle Grazie), il secondo il colera, che, non meno esiziale, scoppiò a San Nicandro il 5 agosto 1865.

Dai volumi degli obblighi annuali delle messe per l’anno 1808 è tratta la pagina di Obbligo del canonico Mastrovalerio, il quale doveva celebrare le messe per i quondam don Stefano Acquaviva, Martino Torella, Giuseppe Pertosa, Leonardo Peticchio, Domenico Fioritto, Caterina Parisi, Anfione Altea e Antonio Centonza (per quest’ultimo, il cui anniversario di morte ricorreva il 18 marzo, una messa parata). Nei secoli passati, e fino al primo ventennio del ‘900 era molto in voga il far dire le messe dopo la morte di un congiunto. Anche nei testamenti il testatore dichiarava di lasciare una somma di soldi ad una determinata chiesa affinché nelle date da lui stabilite fossero celebrate delle messe. In Chiesa Madre ci sono stati degli obblighi di messe istituite verso la fine del ‘600 e terminate nell’Ottocento.

La terza sezione ospita dei documenti concernenti al- cuni cognomi che hanno subito variazioni nel corso dei secoli, come ad esempio l’attuale cognome Giagnorio (da Giovanni Iorio), D’Anello (da di Nello) e Lo Staino (da Restaino). I documenti di questi tre cognomi sono tratti dai registri parrocchiali della Chiesa Madre.

Nella quarta sezione si sono esposti alcuni documenti che riportano alcuni cognomi di famiglie ora estinte: la famiglia Moja, proveniente nell’antichità da Cava dei Tirreni; la famiglia Perrone, proveniente da Apricena;la famiglia Petrillo, proveniente da San Paolo di Civitate; l’antica e importante famiglia Fronda (riportata anche Fronna in molti documenti  del Seicento), presente a San Nicandro già dalla metà del XVI secolo ed estintasi intorno alla metà del ‘700; la famiglia Giacchesio, proveniente nel ‘600 da Campo di Giove (L’Aquila) ed estintasi verso la fine dell’Ottocento; la famiglia Venezia arrivata a San Nicandro nel 1900 e proveniente da Montescaglioso (Matera); la famiglia Pescione arrivata a San Nicandro da Avella (Avellino) intorno alla metà dell’Ottocento; la famiglia Meraviglia arrivata a San Nicandro da Casalbore (Avellino) poco dopo l’Unità d‘Italia; la famiglia Pisani proveniente da Termoli (Campobasso) verso la fine del ‘700 ed estintasi intorno alla metà dell’Ottocento e la famiglia Milena, già presente a San Nicandro dalla fine del ‘500 ed estintasi prima della metà del ‘900.

Vincenzo Civitavecchia