Spesso ci capita di dimenticare il passato, forse per distrazione, per l’avvento di un presente più interessante o forse solo per non rischiare di rimanere “indietro”; ma molto più spesso ci proponiamo di dimenticare il passato, ci lavoriamo su per cancellarlo, cioè lo facciamo di proposito, perché il passato è rischioso. È scomodo frugare tra i resti di un tempo che ormai è andato, rivelare le responsabilità, rischiare di scoprirsi carnefici piuttosto che vittime in vicende che sembrano non appartenerci più. Ma quanto più vivamente desideriamo cacciare via dalla memoria qualcosa, ecco: ciò che abbiamo cancellato con tutte le nostre forze ritorna, prepotentemente si impone; i ricordi sono lì, tutti interi, si ripresentano, ma quando vogliono loro e, senza chiedere permesso, vengono per restare con forza nelle nostre anime, per tormentarle e cercare con insistenza risposte e, in mancanza di queste -che spesso non esistono- almeno attenzioni. Allora dobbiamo sforzarci di educare la memoria, perché essa, aiutata dall’istinto di ciascuno di non soccombere, si abitui non solo ad accettare e fare i conti con i ricordi, ma anche a ricomporre i frammenti, a sistemarli nel posto giusto della mente e del cuore.
Allora non solo la vita, che deve farlo per non rimanere schiacciata, ma anche la scuola deve insegnare ad educare la memoria, per esorcizzare la paura di non sopravvivere alla potenza devastante di un passato assurdo e orrendo, come lo è stato il tempo dell’olocausto. La scuola del I Ciclo della nostra città, l’Istituto comprensivo D’Alessandro-Vocino, guidato dal Dirigente scolastico, dott.ssa Angela Pia Vaira, sempre sensibile e attenta alla crescita culturale e affettiva degli alunni della sua scuola e pertanto disponibile ad ogni nuova proposta educativa, ha realizzato dei laboratori di storia nelle giornate del 26 e 27 gennaio. È stato interessante notare quanto i ragazzi della scuola, se stimolati con metodi educativi più vicini alla loro “modernità”, siano capaci di comprendere, più degli adulti, la necessità di affrontare il ricordo di fatti orrendi della storia per diventare, dopo aver avuto il coraggio e aver acquisito l’abitudine ad ascoltare il pianto delle ceneri, costruttori di rispetto, di convivenza in pace, di umanità, quella primitiva e perciò pura.
Alla Scuola secondaria di I grado è stato organizzato, per le sole classi Terze, il primo laboratorio che ha visto la partecipazione di rappresentanti di realtà tanto diverse, ma lì convenute per testimoniare, ciascuno nel rispetto del proprio ruolo, la veridicità dell’espressione “L’uomo: una sola razza”. Dopo i saluti della Prof.ssa Anna Maria Conte, collaboratrice della DS, che ha spronato i ragazzi ad affrontare con spirito critico gli argomenti previsti nel laboratorio, i lavori sono iniziati con l’intervento del sindaco della città, dott. Matteo Vocale, che ha ricordato la crudeltà degli eventi del tempo della dittatura, scuotendo gli animi dei giovani, troppo spesso assopiti per la “comodità” della democrazia; l’assessore all’Istruzione Sig.ra Arcangela Tardio, che ha raccomandato di essere sensibili, di accorgerci di chi ci abita accanto, perché gli altri sono la misura di noi stessi. Forte e deciso l’intervento del Dirigente scolastico dell’IISS De Rogatis-Fioritto, prof. Francesco Donataccio, il quale ha raccomandato di curare l’educazione, più ancora dell’istruzione nei giovani, per prepararli, attraverso la conoscenza del passato, a progettare in modo più giusto il futuro; le due professoresse, Lucia Grana e Filomena Ciavarella, docenti delle Scuole Superiori della città, hanno reso visibili, per mezzo della musica, della pittura e della poesia, gli effetti devastanti della shoah, sia presentando i fatti storici accaduti, sia dando voce al grido più interiore dell’umanità sacrificata al tempo dell’olocausto. Presente al laboratorio una forte rappresentanza della Comunità ebraica locale che, nella persona di Grazia Casavecchia, ha presentato le sue radici storiche, notevolmente conosciute anche nella terra di Gerusalemme, come è stato raccontato dal prof. Giuseppe De Cato, in un suo piacevolissimo intervento. Poi il monito del vescovo uscente di San Severo, Mons. Gianni Checchinato di non sottrarci al nobile dovere di “custodire” pensieri, persone, sentimenti, umanità, perché è in questa capacità la riscoperta del nostro essere creature di Dio e della nostra conseguente salvezza. E poi canti ebraici interpretati e gestualizzati dagli alunni, preparati con una dedizione e passione straordinarie dai professori di musica Ernesto Maiorano, Attilio Rispoli e Carmela Battista, qualche giorno prima nei laboratori interni alla scuola: una vera fucina di emozioni e un notevole lavoro per “educare la memoria”.
Il giorno dopo un nuovo laboratorio, “Le pietre d’inciampo”, è stato allestito al Plesso Zuppa della Scuola: dopo un notevole lavoro di coordinamento da parte dell’insegnante Roberta Zilletti, seconda collaboratrice della DS, per favorire l’incontro di tutte le classi Quinte, destinatarie del laboratorio, sono iniziati i lavori per ascoltare la storia della Shoah, attraverso il commento di parole-chiave apposte su grossi massi, che hanno permesso di toccare le fasi storiche fondamentali della tragedia consumatasi per mano dei prepotenti della Terra. Più ancora dei fatti raccontati, in quella giornata ha fatto scuola la calda accoglienza da parte dei docenti De Cata Leonardo, Rosanna Acquaviva e di tutti gli insegnanti del plesso e l’incontro con i colleghi degli altri plessi, tutti validissimi educatori dell’unica scuola del I ciclo della città. I ragazzi sono stati meravigliosi, attenti ad ogni particolare raccontato, emozionati di fronte ad ogni scena del passato resa loro quasi visibile, entusiasti nel ricevere personalmente un piccolo sasso e nel proposito di impegnarsi a trasformare quelle pietre d’inciampo in gradini verso la PACE. Dolce e materna la parola della più saggia delle maestre presenti, la Signora Natina Mascolo Vaira, scrittrice sannicandrese, che spesso mi accompagna nella mia crescita professionale: lei ha raccontato storie di salvezza, di vite faticosamente strappate al massacro, spostando così l’attenzione dei ragazzi e degli insegnanti presenti, sulla necessità di credere ancora nella bontà del cuore dell’uomo, nonostante l’evidente sfacelo dei fatti narrati. Nella stessa mattina del 27, gli alunni del Consiglio Comunale dei ragazzi sono stati invitati dal sindaco a deporre, insieme a tutta l’amministrazione comunale, una corona presso la sinagoga della città, per dare ancora voce alle ceneri mute del passato.
Dopo tutto questo lavoro mi chiedo cosa resterà nel cuore dei ragazzi presenti agli eventi: forse nell’arco di pochi giorni avranno dimenticato le parole, i concetti, forse resisterà un pochino più a lungo il ricordo della melodia dei canti ebraici imparati per l’occasione; ma- ne sono certa ricorderanno di aver provato a confrontarsi con il passato e ricorderanno di aver imparato, anche per un solo giorno, a non temere le sfide della memoria, a non restare a guardare senza schierarsi, a non rimanere dietro quel filo spinato, ma a librarsi coraggiosamente in volo, come la farfalla gialla raccontata nel laboratorio.
Mirella Montemitro